Formigoni indagato per corruzione

Pubblicato il 26 Luglio 2012 in da redazione grey-panthers

La Stampa: “Francia e Spagna: l’Ue agisca”. I due Paesi hanno firmato un documento comune in cui chiedono alla Ue di accelerare sulle misure contro la crisi, a cominciare dlalo scudo anti spread”. Secondo il quotidiano la Bce sta valutando l’ipotesi di affidare al fondo salva stati una “licenza bancaria”.

Il Sole 24 Ore: “Mini piano europeo anti spread. Asse Parigi-Madrid: la Ue deve attuare rapidamente le decisioni di fine giugno. Azione in due tempi contro la speculazione: subito acquisti dell’Efsf sul mercato primario, a settembre l’Esm con licenza bancaria”. Di spalla i dati dell’economia europea: “Peggiora in Germania la fiducia nelle imprese. Londra in recessione”.

Il Corriere della Sera: “I partiti a Monti: basta sacrifici. Il premier vede Bersani e Alfano, apertura sui tagli. Tensioni sulla legge elettorale. E i comuni avvertono: ad agosto stipendi a rischio”.

La Repubblica: “Corruzione, indagato Formigoni. ‘Al Governatore 8,5 milioni di euro’. Lui replica: vincerò io 12 a 0″. A centro pagina: “Le casse vuote dei Comuni. ‘Niente stipendi ad agosto’”.

Il Fatto quotidiano: “Chi l’avrebbe mai detto. Formigoni indagato. Ora è ufficiale: il governatore della Lombardia iscritto dalla Procura di Milano dal 14 giugno per corruzione aggravata transnazionale e convocato per sabato. Ma non si dimette: ‘Non c’è nessuna novità’”.

Il Giornale apre con una lettera di Marina Berlusconi: “Marina accusa. Il presidente Fininvest interviene dopo il faccia a faccia con i Pm di Palermo. ‘La mia foto accanto a quella dei boss. Questa è una macchinazione mostruosa’”:

Europa

Il “bollettino della crisi” de Il Foglio elenca le notizie di ieri. “La Bce rema in direzione di Berluno o è l’ultima spiaggia per la moneta unica? Ieri il dibbio poteva venire, leggendo una indiscrezione riportata dall’economista Sergio Cesaratto sul Manifesto: Francoforte non solo avrebbe cominciato a rifiutare i titoli greci come collaterale per i prestiti alle banche elleniche, ma starebbe facendo lo stesso per tutti i Paesi. Fonti autorevoli della Bce, al Foglio, hanno smentito invece una qualsiasi retribuzione del credito in corso, e hanno spiegato che dietro le attuali turbolenze c’è piuttosto il combinato disposto di effetto-contagio dalla Spagna e dati meno buoni del previsto in arrivo dagli Stati Uniti”.

Guido Gentili, nel suo editoriale su Il Sole 24 Ore,scrive che la Bce di Draghi “dispone di vari e potenti estintori, ha sulla carta una maggioranza per poterli attivare ma gioco forza non può non tener conto della Germania che frena. A loro volta, governo, parlamento e cittadini tedeschi attendono il 12 settembre il verdeto della Corte costituzionale sul nuovo fondo salva-Stati Esm. Mirabile paradosso: la Bce, al contrario della Federal reserve, non è ‘prestatore di ultima istanza’ mentre la Corte di Karlsruhe, baluardo della identità costituzionale tedesca, è di fatto il ‘decisore di ultima istanza’ in Europa”. Gentili ricorda che tra una settimana si riunisce il consiglio direttivo della Bce e le aspettative vanno bel al di là di un classico taglio dei tassi di interesse. Ieri, a conferma che qualcosa si muove anche tra i paesi più vicini a Berlino, il governatore della banca centrale austriaca Nowotny ha aperto la porta alla concessione della licenza bancaria al futuro fondo salva Stati Esm. In pratica, grazie alll’accesso ai prestiti della Bce, aumenterebbe grandemente la capacità di intervento del fondo”. Aggiunge però Gentili che è difficile che la “prudente apertura” del governatore austriaco “ribalti tendenze e aspettative dei mercati”, ed in ogni caso la “politica dei piccoli passi ha fatto il suo tempo”.

La Stampa intervista il ministro degli esteri belga Reynders. Titolo dell’intervista: “Niente panico. Alla fine Draghi riuscirà a salvarci”. Il ministro degli esteri sostiene la necessità di un nuovo ruolo della Bce, dice che sarebbe necessario “un intervento di Francoforte sul mercato secondario, diretto o attraverso i fondi salva Stati. Con una condizione: che l’Europa si metta con determinazione di un maggiore federalismo di bilancio”. “Non servono summit extra, a meno di catastrofi vere. Basta arrivare ben preparati al vertice Ue di ottobre. Non si deve riscrivere i Trattati. La chiave federale è il contraltare per permettere l’intervento della Bce”.

Su La Repubblica Andrea Bonanni scrive un “retroscena” sullo “strano silenzio della Merkel”, che sarebbe dovuto non tanto ad una pausa vacanziera quanto ad una sua malleabilità in vista di un via libera a conferire alla Bce il ruolo di prestatore di ultima istanza, con l’effetto di federalizzare il debito europeo: sulla questione la Merkel ha sempre posto la condizione che ogni condivisione del debito debba esser preceduta dalla rinuncia alla sovranità sui bilanci nazionali. Il quotidiano ricorda che già alla fine del 2011 la cancelliera acconsentiì al maxifinanziamento delle banche mettendosi contro la Bundesbank. E sullo stesso quotidiano il corrispondente da Berlino legge le prese di posizione di sindacati e industriali tedeschi come uno stop alla linea dura della Cancelliera, invitata a salvare l’Euro, vitale per i posti di lavoro nel Paese. Le agenzie di rating hanno “degradato” sei dei sedici Bundeslaender, ovvero Stati tedeschi, e 17 istituti di credito. Sono crollati gli utili di Deutsche Bank su base trimestrale e dimezzate le vendite di Daimler, casa madre della Mercedes.
E lo stesso corrispondente intervista Wolfgang Franz, presidente del “Consiglio dei cinque saggi”, il massimo organo di consulenza economica per il Governo tedesco: “Anche noi rischiamo il contagio, ora la Cancelliera agisca in fretta”, scrive il quotidiano sintetizzandone il pensiero. “Richieste eccessive dei Paesi dell’europa meridionale non aiutano, ma la Cancelliera deve sbrigarsi a prendere la situazione sotto controllo, a rassicurare i mercati. E soprattutto occorre chiarire ai tedeschi e agli europei che un default greco aprirebbe rischi di contagio troppo pericolosi per noi tutti, non solo per Atene”.

Infine, sullo stesso quotidiano, un dossier: “Di troppa austerity si può morire. Così la trojka affossa chi è in crisi. Recessione e debito peggiorati dopo la cura choc”. Con dati che attesterebbero come il deficit sia diminuito con la ricetta di Fmi, Bce ed Ue a Portogallo,Irlanda, Spagna e Grecia, ma che parallalemente siano saliti tanto il debito che la disoccupazione.

Il Corriere della Sera dedica ampio spazio al dibattito provocato dalla pubblicazione di un appello sulla crisi e le vie di uscita possibili, due giorni fa, dal titolo “Furto di informazione”: lo hanno sottoscritto economisti, giuristi e sociologi, come Guido Rossi, Luciano Gallino, e Giorgio Lunghini, Valentino Parlato ed altri. Il quotidiano la descrive nei titoli come una “polemica neokeynesiana” sulle “ricette anticrisi liberiste”: “Pensiero unico sotto accusa. Se sfidarlo fa bene”. Dove si legge che in realtà la galassia liberale presenta al suo interno scuole assai differenti tra loro: c’è una componente con una matrice culturale americana, vi è quella neoliberale che si è formata più in Europa ed oscilla tra l’economia sociale di mercato ed il pensiero di Bruxelles. E nella stessa pagina si intervista uno dei firmatari, l’economista Giorgio Lunghini, già consulente economico del governo D’Alema. Dice che pensiero unico è quello “secondo cui alla radice della crisi c’è, oltre alla finanza, il debito pubblico”. E non è così? “Questa lettura ha portato Monti a seguire solo la strada del rigore”, così “si è ridotto il potere di acquisto degli italiani, è sceso il reddito, è crollata l’occupazione”.” La teoria del laissez faire al mercato ha prodotto recessione”, “Keynes aveva ragione quando sosteneva che il mercato non è capace di autoregolarsi”. Serviva, secondo Lunghini, una imposta progressiva sui patrimoni, un attacco alla speculazione internazionale e l’intervento dello Stato su sanità , istruzione e banche.  E poi: “C’è un uomo che può salvare l’Europa” e quell’uomo, “allievo di Federico Caffè, ha una formazione keynesiana. Il keynesismo di Mario Draghi può evitare il baratro”.

Stato-mafia

Marina Berlusconi scrive una lettera al Giornale per commentare la convocazione ricevuta dalla Procura di Palermo nell’ambito della inchiesta du Marcello Dell’Utri, all’indomani dell’incontro con i magistrati. “Il 9 luglio vengo convocata dalla Procura di Palermo come ‘persona informata sui fatti’. Peccato che i presunti fatti su cui dovrei essere informata li apprendo solo, qualche giorno dopo e con grande abbondanza di dettagli, dai giornali. Ma parlare di ‘fatti’ è totalmente fuori luogo: paginate e paginate di falsità e insinuazioni per qualificare le quali è perfino difficile trovare gli aggettivi giusti. Ma perché la Procura di Palermo è interessata a setiore proprio me su questo comulo di assurdità? Sempre dai giornali apprendo che si parla di un conto cointestato mio e di mio padre, da cui sarebbero partiti due bonifici indirizzati a Dell’Utri e ai suoi familiari. Io però di questo conto non ricordo neppure l’esistenza. Faccio le verifiche e in effetti emerge che è esistito fino a sette anni fa, anche se non ho mai avuto la disponibilità e a mia memoria non l’ho mai utilizzato. Che cosa devo andare a dire allora alla Procura di Palermo?”. In ogni caso, scrive Marina Berlusconi, “vado non appena possibile, addirittura in anticipo”, risponde alle domande per una ventina di minuti, “riparto senza dire nulla, rispettosa del segreto di indagine, alla stampa che qualcuno mi ha fatto trovare schierata in forze all’uscita”.
Nei Tg della sera “la mia foto si mescola con quella di terribili boss e orribili stragi”. E i giornali “mi descrivono come una teste evasiva” o che “aveva l’unica preoccupazione di evitarsi i problemi”. “Naturalmente basta leggere il verbale della mia deposizione (a quando le fotocopie da parte degli ‘ambienti giudiziari’?) per rendersi conto che non è vera né l’una né l’altra cosa”; “non puoi dire di sapere cose che non sai, ma se dici di non saperle ecco che diventi sulla stampa una teste ‘vaga’”.
Intanto ieri l’ex ministro dell’interno Nicola Mancino, come spiega il Corriere della Sera, ha chiesto di esser processato separatamente rispetto agli altri imputati nel giudizio chiesto dalla Procura di Palermo sulla cosiddetta trattativa tra Stato e mafia. E’ accusato di falsa testimonianza, mentre tutti gli altri (a parte Massimo Ciancimino, accusato di concorso in associazione mafiosa e calunnia) di violenza o minaccia a un corpo politico dello Stato. Il quotidiano racconta anche che l’indagine dei Pm punta anche ad accertare l’identità del misterioso “signor Franco” di cui ha parlato Massimo Ciancimino, senza fornire prove della sua reale esistenza, e l’eventuale ruolo di esponenti dei servizi segreti e apparati della sicurezza.
Se ne occupa ampiamente La Repubblica: “Stato-mafia, ora nel mirino i servizi deviati. I pm cercando di dare un volto al ‘signor Franco’”. Ciancimino dice di non conoscere l’identità del misterioso 007 e anche per questa ragione è stato indagato dalla Procura di Caltanissetta per favoreggiamento proprio nei confronti di ‘Franco’. Risponde anche di calunnia, per aver adombrato il sospetto che l’uomo del mistero possa esser stato vicino all’ex capo della Polizia De Gennaro (oggi sottosegretario del governo Monti, con delega ai servizi di sicurezza, ndr).
Per tornare al Corriere, una ricostruzione firmata da Giovanni Bianconi risale al 10 agosto del 1993, ovvero due settimane dopo le bombe esplose a Milano e a Roma: al ministero dell’Interno si riunisce il comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza pubblica, presieduto dal ministro Mancino. Interviene il vicedirettore del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria Francesco di Maggio, e nel verbale si legge: “E’ opportuno che il governo mantenga ferma la sua posizione sull’articolo 41 bis”, posto che vi è una “stretta correlazione tra la proroga del 41 bis e gli attentati del 27 luglio”. Insomma, anche di fronte al nuovo attacco mafioso, Di Maggio sollecitava a mantenere la linea della fermezza. Eppure oggi il suo nome compare nella richiesta di rinvio a giudizio della Procura di Palermo, insieme a quello del capo della Polizia Vincenzo Parisi, come uno dei mediatori che avrebbero favorito la trattativa Stato-mafia. Ma è un imputato virtuale perché, come Parisi, è molto da molti anni. Il verbale di quella riunione è stato ritrovato dal fratello di Di Maggio, Tito, che ha consegnato anche ai magistrati la lettera con la quale Francesco Di Maggio si lamentò con il direttore generale Adalberto Capriotti di esser stato esautorato nelle decisioni prese sul 41 bis.

Formigoni

Nell’ambito della inchiesta sui presunti fondi neri della Fondazione Maugeri, che da Pavia gestisce diverse cliniche in Italia, il governatore Roberto Formigoni è indagato dal 14 giugno. L’accusa è corruzione aggravata in concorso con l’amico e “lobbista della sanità” Pierangelo Daccò, come lo definisce L’Unità. Daccò è già in carcere per il crac San Raffaele. Nell’informazione di garanzia, notificata ieri, non compare al momento il presunto finanziamento illecito. Il coinvolgimento di Formigoni nella inchiesta sui presunti fondi neri stornati dalle casse delle cliniche Maugeri, stimati dai magistrati in circa 69 milioni di euro, ruota attorno ad una serie di delibere regionali, tra il 2001 e il 2011: delibere che riguardano le cosiddette “funzioni non tariffabili”, ovvero quei finanziamenti elargiti dalla Giunta alle cliniche accreditate con maggiore discrezionalità rispetto ai rimborsi corrisposti per le prestazioni effettuate. Secondo l’accusa, le 15 delibere contestate a Formigoni, avrebbero garantito alla Fondazione rimborsi per 200 milioni di euro in dieci anni. In cambio, stando alle ipotesi investigative, Formigoni avrebbe ricevuto “benefit” per un valore di circa 8,5 milioni di euro. E qui si apre, scrive L’Unità, il capitolo delle vacanze di lusso ai caraibi: riguardano i viaggi, dei quali Formigoni non ha mai mostrato ricevute o attestati di pagamento, e che vengono conteggiati in circa 800 mila euro per spese di soggiorno e aeree, tra il 2006 e il 2010.
Altri 3,7 milioni di euro sarebbero serviti a pagare gli yacht e le imbarcazioni di lusso messe a disposizione da Daccò tra il 2007 e il 2011.
Per il governatore c’è un invito a comparire sabato prossimo in Procura. Tanto Il Sole 24 Ore che il Corriere della Sera spiegano che nell’avviso di garanzia non si parla dell’accusa di finanziamento illecito dei partiti per 500 mila euro che sarebbero stati versati da Daccò per finanziare la campagna elettorale di Formigoni nel 2010. Ma il governatore lombardo risulta comunque indagato anche per questo reato.

Internazionale

Lorenzo Cremonesi è inviato del Corriere in Siria (“Tank verso Aleppo. L’opposizione conquista le campagne”). Dove si legge che il regime no ha i mezzi per controllare sia la città che la provincia. La Repubblica ha un reportage con copyright Guardian, firmato da Luke Harding. Uno dei colonnelli che guida i ribelli dice che la vittoria è prossima e che quasi la metà di Aleppo è controllato dall’Esercito Libero Siriano: entità che sostiene di aver ormai il controllo di circa l’80 per cento della Siria: “Probabilmente è una esagerazione, ma l’apparato militare di Damasco, duramente scosso dall’attentato della settimana scorsa, deve fronteggiare rivolte ovunque”. Il quotidiano nei titoli del reportage evidenzia questa dichiarazione di uno dei ribelli: “Noi abbiamo Dio, loro no”. E questo dà loro la certezza di vincere.
Anche Il Foglio ha un inviato in Siria: sulla frontiera che corre tra Siria e Turchia l’esercito del regime è stato costretto da cinque-sei giorni ad allentare la pressione, perché ha bisogno di tutti i soldati a disposizione per combattere le battaglie decisive ad Aleppo, nel Nord e nella capitale Damasco. Per questo le torrette di guardia siriane che costeggiano il confine sono ormai vuote e abbandonate dietro il filo spinato.

Dal Foglio segnaliamo anche un articolo sul viaggio del candidato repubblicano alla Casa Bianca Mitt Romney in Europa e in Israele. “Falco in trasferta”, sintetizza il quotidiano: “Il segmento londinese della missione sarà quello più agevole, anche se le cene di fund raising con i banchieri della crisi coinvolti nello scandalo del Libor non fanno un buon servizio di immagine. Oggi Romney incontrerà Cameron, il suo vice Clegg, il leader laburista Miliband, e l’ex premier Blair. Poi farà una comparsata all’apertura dei Giochi. Ma il difficile viene domenica, quando arriverà in Israele. “C’è la questione dell’elettorato ebraico, naturalmente tendente a sinistra ma ferito dal rapporto freddo instaurato da Obama con Gerusalemme. Tra i faloltosi ebrei che dopo la grande disillusione obamiana premono per una virata a destra c’è Sheldon Adelson, magnate del gioco d’azzardo che nel mezzo delle primarie aveva sostenuto a suon  di milioni Newt Gingrch, e poi ha ripiegato su Romney. Adelson ha promesso di mettere sul piatto 100 milioni di dollari per strappare voti Obama, accusato di non aver sostenuto asufficienza Israele o di averlo “spinto sotto l’autobus”, come ama dire Romney. La Republican Jews coalition, sponsorizzata da Adelson, sta preparando una campagna pubblicitaria imponente per gli elettori di Florida, Ohio, Pennsylvanya, tutta incentrata sulle manchevolezze di Obama nei confronti degli ebrei americani.

Sul Sole 24 Ore: “Obama in vantaggio su Romney”. Secondo l’ultimo sondaggio (Wall Street JOurnal e Nbc) il Presidente sarebbe avanti di sei punti sul rivale (49 contro 43 per cento). Ma la battaglia, scrive Il Sole, è tutta da decidere, perché l’elettorato è sempre più preoccupato per gli affanni della ripresa e della occupazione, che stentano a ripartire. Stessa pagina, una analisi si occupa dell’Egitto del nuovo presidente Morsi: “I Fratelli Musulmani fanno il pieno di poltrone” Il premier incaricato è Hisham Kandli, 50 anni, “barba da musulmano moderato e volto da ingegnere”.  Esperto di acque e irrigazione, Kandli ha un master della Utah State University e un dottorato della North Carolina: ma non lo si può  definire “una figura indipendente”, ovvero quel che Morsi aveva promesso di scegliere. E ancora più politica è l’indicazione del vice di Kandli:è Khairat al-Shater, imprenditore di peso e soprattutto vero leader della Fratellanza musulmana. E’ probabile, scrive Ugo Tramballi sul quotidiano, che sarà lui il vero premier: una specie di primo ministro ombra, soprattutto se dalla nuova costituzione, sempre in fase di definizione, uscirtà un Egitto non più presidenziale come lo è stato negli ultimi sessanta anni.