La Repubblica: “Ecco l’Italia degli sprechi”, “Rapporto dei magistrati contabili sulle risorse pubbliche bruciate, regione per regione. Un ‘buco’ grande come l’evasione fiscale”, “Malasanità, appalti, consulenze. La Corte dei Conti denuncia: è emergenza”.
A centro pagina: “Abbiamo i salari più bassi d’Europa”, “Fornero: produrre di più. G20: sostenere l’occupazione”.
In prima una foto dalle manifestazioni in Russia: “La ‘catena umana’ torna in piazza contro i brogli di Putin”.
La Stampa: “Stipendi, Italia maglia nera”, “Indagine Eurostat sui redditi del 2009: i nostri salari sono la metà di quelli tedeschi, ci batte anche la Grecia”. In prima si anticipa un’intervista con il ministro del Lavoro: “Colloquio con Fornero: “Troppe tasse sul lavoro, è una situazione da scardinare”.
Anche qui una foto dalla Russia: “Mosca, la catena umana che sfida Putin”.
Sotto la testata, un’inchiesta: “Pianeta-occupazione. Viaggio in un’emergenza tra fallimenti e ripresa”.
Il Corriere della Sera: “Stipendi più bassi d’Europa. Agli italiani la metà dei tedeschi.Fornero: sistema da scardinare”.”Le cifre Eurostat sui salari. Il ministro: la trattativa? Vorrei l’intesa, ma niente levate di scudi”. Analizza le cifre l’economista Maurizio Ferrera, con un commento richiamato in prima pagina: “I troppi passaggi tra busta paga e costo del lavoro”. I dati Eurostat sono relativi al 2009.
A centro pagina si parla dell’Ici sulle attività commerciali della Chiesa, e in particolare sulle proteste delle scuole cattoliche: “Non pagheranno se aperte a tutti e senza profitti. La linea del governo: esenzione per la stragrande maggioranza degli Istituti”.
Il Giornale: “Le bugie sullo spread”, “Ci è costato solo 5 miliardi. Ma in nome dell’emergenza ci hanno obbligati a manovre per 75”. “Stipendi più bassi di quelli greci. Ora Monti tagli le tasse”.
A centro pagina: “Casini a Di Pietro: ‘Ti voglio bene'”, “I due flirtano su Twitter”.
In taglio basso, dopo la prescrizione del processo Mills: “E adesso il Cavaliere può pensare al Quirinale”: di Paolo Guzzanti.
Salari, lavoro
Che i lavoratori italiani siano tra i meno pagati d’Europa, come scrive il Corriere, emerge dai dati Eurostat, le cui tabelle si riferiscono agli stipendi medi lordi annuali riferiti ad aziende con più di 10 dipendenti del campo dell’industria, delle costruzioni, dei servizi e del commercio. Lo stesso quotidiano sottolinea che però non sono dati univoci, perché alcune statistiche riguardanti l’Italia sembrano fermarsi al 2006, mentre altri Paesi vengono fotografati anche nel 2009 ed oltre, rendendodifficile un confronto omogeneo. Tuttavia, secondo il Corriere, qualche decimale di differenza e un anno in più o in meno non cambiano la resaltà di fondo: in generale l’Italia si colloca con i suoi salari al dodicesimo posto dell’Eurozona. Lo stipendio annuo lordo è in media in Italia di 23.406 euro, mentre in Germania si attesta a 41.100 euro, la Francia (nel 2010) a 34.132 euro. La Grecia, prima della bancarotta, era a 29.160: attualmente, invece, è a 11.064.
Ad analizzare i dati Eurostat per il Corriere è Maurizio Ferrera: “la retribuzione media/ora è un valore statisticamente rilevante, ma conta relativamente poco sia per le imprese sia per le famiglie. Alle prime ciò che interessa è il costo del lavoro, al lordo delle imposte e dei contributi sociali. Le famiglie guardano invece alle ‘buste paga’, al ‘netto’ che entra in casa dopo dopo che l’impresa ha fatto tutti i conteggi: sia quello col segno meno (le trattenute), sia quelle col segno più (ad esempio, gli assegni familiari)”. Ferrera sottolinea che le imprese italiane sono ‘zavorrate da aliquote contributive tra le più alte d’Europa, soprattutto per quel che riguarda la previdenza (che, incluso il Tfr, incide per il 40 per cento circa sulla retribuzione. Un’enormità senza pari nella Ue”). Leggendo anche i dati sul versante delle famiglie, Ferrera evidenzia come il sistema delle detrazioni e dei trasferimenti alle famiglie sia meno generoso che in altri Paesi Ue e tende a disincentivare l’occuopazione femminile.
Il ministro del Lavoro Elsa Fornero, intervistata da La Repubblica, commenta i dati Eurostat sui salari italiani, parla di “imbarbarimento e impoverimento del mercato del lavoro” nel nostro Paese e annuncia che il governo cercherà l’accordo con le parti sociali per modificarlo, ma che si “prenderà le sue responsabilità” nella decisione perché “difende quella componente della società italiana che non è rappresentata dalle parti sociali”. Fornero spiega anche che quello italiano è un “paradosso”, visto che i salari sono bassi e il costo del lavoro è alto. Oltre alla differenza tra salario lordo e salario netto, incide poi la produttività. Ma se l’azienda lesina sugli investimenti, la produttività ne risente, aggiunge. Su Marchionne il ministro dice che “è uno che rompe gli schemi, a volte in maniera troppo decisa”, e “il tema che pone è reale”. Al governo spetta vigilare che “la flessibilità non contenga elementi di discriminazione”, perché “la flessibilità cattiva è quella a cui fanno ricorso le imprese per vivacchiare”, mentre la flessibilità buona è “un valore, un vantaggio per l’impresa”, e “come tale se vuoi usarla devi pagare di più, non di meno”.
L’inchiesta sul ‘pianeta-occupazione’ de La Stampa segue oggi in particolare due casi: quello di Crotone (“La provincia calabrese è il caso più emblematico del deserto occupazionale. resta solo il posto pubblico”) e quello di Carbonia-Iglesias (“Le multinazionali in fuga dal Sulcis. La disoccupazione raddoppia nel luogo simbolo della tranisiozne incompiuta dalle miniere alle fabbriche”).
Ici-Imu, Chiesa
Secondo La Repubblica il governo ha rassicurato la Chiesa sul pagamento dell’Ici-Imu: non è sua intenzione penalizzare le attività no-profit. Lo hanno fatto tanto il ministro dello Sviluppo economico Passera che il sottosegretario Polillo. Passera dice: “é importante che l’introduzione dell’Imu non penalizzi il vero no profit che è un pilastro della coesione sociale”. Polillo ha spiegato: “paga l’Imu chi iscrive un utile a bilancio. Chi, insomma, lucra sull’attività che svolge”. E fa un esempio: “se la retta alla scuola parificata serve a sostenere i costi di gestione, non si può considerare un’attività commerciale. Applichi il concetto a un ospedale: è lo stesso. O a un’associazione, religiosa o meno, ai partiti, ai sindacati”. Il Corriere della Sera dedica un approfondimento alla questione, ricordando che le regole possono dedursi anche facendo riferimento alla circolare del ministero delle Finanze del 2009. E spiega che per essere esentate dal pagamento dell’Imu, le scuole paritarie devono rispettare tre criteri. Il primo è che la loro attività “non debba chiudere con un risultato superiore al pareggio economico. O che eventuali avanzi di gestione siano reinvestiti totalmente nell’attività didattica”. Il secondo è che siano riconosciute come paritarie: in Italia sono 14 mila, di cui più di 9mila cattoliche. Cosa vuol dire? Che non sono statali ma si impegnano a rispettare le regole del settore pubblico: dall’accoglienza degli studenti disabili all’applicazione del contratto collettivo del pubblico impiego, fino alla pubblicazione dei loro bilanci. Niente esenzione, quindi, per le scuole private in senso stretto. E l’altro requisito taglierebbe fuori gli istituti d’élite, quelli con retta da salasso, che potrebebro essere esclusi con il cirterio del pareggio di bilancio. La stessa circolare contiene anche criteri per case di cura e ospedali: l’esenzione può valere solo per le strutture accreditate, ovvero private ma riconosciute dal Servizio sanitario nazionale, che le rimborsa con una cifra fissa per singola prestazione. La circolare di tre anni fa, però, non prevedeva il pareggio di bilancio: per esempio, parlando di bed and breakfast e ostelli, diceva che la tassa non doveva essere pagata se “l’attività non viene svolta per l’intero anno” e se “l’accessibilità non è rivolta a un pubblico indifferenziato ma ai soli destinatari propri delle attività istituzionali”.
Il Giornale intervista Don Mario Tonini, presidente del Centro nazionale opere salesiane, responsabile delle attività di scuola, formazione e aggiornamento professionale. E’ ottimista sull’atteggiamento del governo: “vediamo segnali positivi da parte del governo, che vanno nella direzione di distinguere dove c’è veramente lucro e dove c’è una finalità educativa”. Ma sollecita attenzione, per esempio, per i centri di recupero dei tossicodipendenti; e per “i centri di aggregazione giovanile”, che sono fondamentali per prevenire il disagio. Ma anche per gli eremi, che “sono in difficoltà già adesso”, “saremo costretti a fare meno beneficienza, a non sostituire lo Stato sia con i poveri che con i meno poveri”.
E poi
Le pagine 2 e 3 de La Repubblica sono dedicate a “gli sprechi”: “dal terremoto dell’Aquila alla carica dei consulenti, ecco l’Italia dei soldi buttati”. Si tratta dei dati della Corte dei Conti, il cui presidente, Giampaolino, qualche giorno fa ha sottolineato: “La lotta all’evasione deve essere accompagnata da quella allo spreco. Se si aumenta la pressione fiscale bisogna stare molto attenti a come si spendono questi soldi che così abbondantemente sono stati prelevati dai cittadini”.
“Spesa pubblica, una riforma è possibile”: è il titolo di un’analisi a firma di Franco Bruni che compare sulla prima de La Stampa.
Due pagine de La Stampa sono dedicate alle manifestazioni in Russia, dove si vota per le presidenziali il 4 marzo prossimo. La catena umana che ha stretto Mosca in un anello intorno ai centri dei potere era composta da ventimila persone. A Putin è dedicata un’analisi in cui lo si descrive come “un vincitore destinato a perdere”: quasi certamente vincerà, resta il politico più popolare, ma non ha più “la presa sul Paese e ci si chiede se finirà il mandato”.
La Repubblica intervista il regista polacco Andrej Wajda: parla del suo ultimo film, dedicato a Lech Walesa (“Walesa, l’eroe. Polonia libera senza morti”). Dice che non sarà né un’agiografia, né un attacco e che ci saranno sia documentari che fiction.
Fonte: RASSEGNA ITALIANA, di Ada Pagliarulo e Paolo Martini