Le aperture
Il Corriere della Sera: “De Girolamo lascia il governo e accusa”, “’Letta non mi ha difeso’. E sulle riforme si apre il caso Brunetta”.
A centro pagina, fofo delle colombe liberate ieri all’Angelus in piazza San Pietro: “le colombe del Papa e i predatori”, “Aggredite dopo la liberazione da un gabbiano e un corvide”.
La Repubblica: “De Girolamo, l’ora delle dimissioni”, “’Il governo non mi ha difeso, me ne vado’. Inps, Mastrapasqua dovrà lasciare”.
A centro pagina: “L’ira di Israele per l’oltraggio alla Sinagoga: ‘Intollerabile’”.
La Stampa: “De Girolamo lascia e attacca”, ‘Non sto in un governo che non mi ha difeso’. E pensa al ritorno in Forza Italia. Preferenze, Alfano: ‘E’ assurdo il no di Renzi’. Il segretario: volete la palude”.
Sotto la testata: “Mercati, paura per gli emergenti. Un lunedì d’ansia per le Borse, gli operatori aspettano la Fed”.
A centro pagina, con foto : “San Pietro, la triste fine della colomba del Papa”.
Il Giornale: “Si dimette la De Girolamo. E Letta tira a campare”, “Governo nel caos”, “La ministra: non mi hanno difeso. E Berlusconi rilancia: ‘Pronti a un nuovo ’94”.
A centro pagina, foto del ministro dell’Economia: “E’ ufficiale: le tasse non si tagliano”, “Saccomanni smentisce il premier: il miniscudo fiscale non sarà usato per ridurre le imposte”.
De Girolamo
La Stampa scrive che “il risentito addio” del ministro delle Politiche agricole Nunzia De Girolamo, esponente del Nuovo Centrodestra alfaniano, è scattato dopo “due colloqui decisivi”. Il primo con il presidente del Consiglio Letta, “andato malino”. E il secondo con Silvio Berlusconi, “andato bene”. Il premier le avrebbe detto: “Occorre che la vicenda si chiarisca meglio”, in riferimento all’inchiesta sulla Asl di Benevento, aggiungendo che “se ci fossero state azioni inopportune non le potremmo giustificare perché compiute prima dell’incarico ministeriale”. Il Cavaliere le avrebbe invece detto: “Nunzia torna, le porte sono aperte”. Sullo stesso quotidiano si scrive, a proposito dell’inchiesta, che “i magistrati ora accelerano”: sono stati sentiti nuovi testi dalla procura di Benevento, che ha aggiunto anche due nuovi pubblici ministeri a quello che coordinava le indagini. Massimo Frannco, sulla prima pagina del Corriere, scrive che quelle del ministro De Girolamo “hanno tutta l’aria di essere dimissioni preventive. Servono a evitare una spirale umiliante” per lei, “che infatti sbatte la porta evocando la propria dignità personale e la mancata difesa da parte del presidente del Consiglio: a conferma che la sua posizione era in bilico ormai da settimane”. Il ministro delle Politiche agricole, secondo Franco, “rischiava di trasformarsi nell’involontario cavallo di Troia delle manovre di logoramento dell’esecutivo in atto nel Pd; e nell’anello debole sfruttato da Matteo Renzi nella sua offensiva contro il Nuovo Centrodestra di Angelino Alfano”. L’epilogo in parte prevedibile del caso De Girolamo “conferma anche quanto rimangano tesi i rapporti tra vertice del Pd e del governo”, sottolinea Franco, aggiungendo che si ha l’impressione che le sue dimissioni “costituiscano, al di là del merito, una delle prime conseguenze della ‘larga intesa istituzionale’ tra il leader dei Democratici e il Cavaliere”. Il quotidiano alle pagine interne ricostruisce le fasi dell’inchiesta, in cui peraltro la De Girolamo non è indagata, ma aggiunge che oltre a quella di Benevento ce ne sarebbe una a Roma: “punta direttamente al ministero e a come negli ultimi anni (quindi anche prima che lei assumesse l’incarico) sono stati gestiti i fondi -milioni e milioni di euro- stanziati dall’Unione europea in favore della nostra produzione agricola”.
Curzio Maltese su La Repubblica descrive le dimissioni del ministro come un “addio ad orologeria” e parla di “ritorno all’ovile”. Maltese evidenzia come non vi siano dubbi sul fatto che la De Girolamo non sia stata difesa dai colleghi di governo (“la scena della ministra che si difendeva da sol ain Parlamento, davanti a un’aula semi deserta e alle sedie vuote dei colleghi, era un segnale politico chiarissimo”). Certo, sottolinea Maltese, “il governo andrà avanti anche senza la De Girolamo”, ma “è un governo che perde pezzi per strada. Era nato come un governo di larghe intese, grande coalizione alla tedesca, e oggi è ridotto a governo di minoranza, anzi di minoranze. La minoranza del Pd, quella del centrodestra e quella del centro. Le dimissioni di ieri aprono la strada a un ricambio, ma qui, più che un rimpasto, servirebbe il miracolo”.
Alle pagine seguenti de La Repubblica si scrive che “Letta non sapeva delle dimissioni”. E si intervista il leader del Nuovo Centrodestra Alfano che, in riferimento alla collega dimissionaria, dice: “’Ho tentato di farla restare, il governo ora è più debole’”.
Governo
“Brunetta evoca il voto. Tensione sulle riforme” titola il Corriere della Sera. La Repubblica: “Brunetta: fatto l’Italicum si va al voto. I democratici: prima ci sono le riforme”. Il Corriere sottolinea che “alla vigilia della settimana decisiva per la legge elettorale tutti e tre gli azionisti dell’Italicum (Pd, Fi, Ncd) cercano di non rimanere con il cerino in mano. L’affondo più pesante (poi in parte rettificato in serata) è quello del capogruppo di Forza Italia, Renato Brunetta, che va in tv per dire che ‘se si fa la legge elettorale si va a votare…Quando si carica una pistola, la pistola poi spara”. Ma “tutto il Pd”, spiega il quotidiano, che ieri ha raggiunto un compromesso tra la segreteria Renzi e la minoranza bersaniana su un pacchetto di 20 emendamenti al testo sulla riforma elettorale, ha sfruttato il passo troppo lungo di Brunetta per ricordare che i termini dell’accordo sono ben più ampi: “Forse Berlusconi non ha avuto il tempo di informare Brunetta – ha detto Lorenzo Guerini, portavoce di Renzi- che l’accordo prevede legge elettorale, superamento de Senato, riforma del titolo V. Il capogruppo plachi i suoi bollenti spiriti, nessuna corsa al voto, Prima vengono le riforme costituzionali di cui il Paese ha bisogno”. Del resto, il quotidiano riferisce anche di quelle che vengono intese come rassicurazioni al Pd da parte di Denis Verdini, plenipotenziario del Cavaliere che, all’ipotesi di un ritorno al voto dopo il varo della legge elettorale, risponde così: “Non è argomento in discussione”.
Nella pagina di fianco del Corriere: “Premier sereno, rimpasto più vicino. Verso un riequilibrio tra Pd e alfaniani. Per Palazzo Chigi si chiude un caso. E si libera una casella da assegnare”. Secondo il quotidiano, dopo l’abbandono della De Girolamo “il partito di Alfano non verrà risarcito, in termini di rappresentanza”.
Riforme elettorali
Riprendiamo l’intervista ad Alfano su La Repubblica per la parte che riguarda le riforme e le tensioni nel governo. Gli viene chiesta un’opinione sulle dichiarazioni di Brunetta e lui risponde: “Ha fa bene il Pd a chiarire che le dichiarazioni di Brunetta rischiano di affossare l’accordo perché il voto subito è incompatibile con la riforma del Senato e del titolo V”. Sulle preferenze, tema caldeggiato da Alfano: “Renzi ha detto che è Berlusconi a non volere le preferenze, Grillo le vuole, tutti gli altri pure. Se questo è vero, significa che l’intesa è bloccata solo da Forza Italia. Ma non credo sia utile per loro assumersi la responsabilità storica di mantenere in vita la parte più odiosa e criticata del Porcellum , le liste bloccate”. Se si andasse ad elezioni anticipate il suo Ncd sarebbe alleato con Forza Italia? “Noi lavoriamo per costruire il nuovo centrodestra”, “Ricordo che il centrodestra vince solo se è una coalizione, perché se lo scontro elettorale fosse tra Pd e Forza Italia, Renzi resterebbe avanti di dieci irrecuperabili punti”.
Il Giornale descrive così la posizione del leader del Nuovo Centrodestra: “Preferenze, blitz di Alfano per affondare la riforma”, “La strategia di Ncd per accelerare la crisi e andare al voto col proporzionale”. Secondo il quotidiano Alfano cerca di “blindare Letta e se stesso” e propone una sorta di patto a Renzi per durare fino al 2015: la sua strategia sarebbe quella di presentare un emendamento al testo base sulla legge elettorale per introdurre le preferenze e di proporre poi un contratto di governo per l’emergenza lavoro, per arrivare al voto nel 2015. L’emendamento sulle preferenze, su cui Al dovrebbe cercare la sponda tra M5S, Lega e Pd Anti-Renzi, sarebbe quindi un cavallo di Troia perché il ‘no’ alle liste bloccate farebbe fallire l’intera intesa sulle riforme, “e a quel punto addio Italicum. Con un vantaggio per Alfano: la legge elettorale sarebbe un proporzionale puro, miele per tutti i partitini”.
La Repubblica riassume così la situazione: “Legge elettorale, armistizio nel Pd, sarà Renzi a trattare le modifiche. ‘Ma se salta tutto, subito alle urne’”, “Soglia premio verso il 38 per cento. Il segretario: dico no alla palude”.
La Stampa: “Legge elettorale, scontro Renzi-Alfano”, “Il vicepremier: ‘Assurdo il no alle preferenze’. Il segretario Pd: i conservatori sperano nella palude”
Restiamo a La Stampa per segnalare un’intervista alla costituzionalista Lorenza Carlassare, firmataria, insieme ad altri giuristi cui Stefano Rodotà, di un appello contro l’Italicum. Dice che questa ipotesi di riforma “non risolve le criticità evidenziate dalla Corte Costituzionale sui nodi delle preferenze e del premio di maggioranza”. Le liste corte non risolvono il problema “perché l’idea di rendere identificabile il candidato non equivale a sceglierlo. Inoltre seggi non verrebbero attribuiti nei collegi, ma, una volta assegnato il premio di maggioranza, ripartiti a livello nazionale. Non c’è quindi nessuna garanzia di collegamento, quindi, con il territorio tra eletto ed elettori”.
Mastrapasqua
La Stampa: “Letta in campo su Mastrapasqua, ‘Fare chiarezza’”. Il presidente dell’Inps Antonio Mastrapasqua è al centro di un’inchiesta dei carabinieri del Nas e dei pm di Roma per presunte cartelle cliniche truccate e fatture gonfiate dell’Ospedale israelitico, di cui è stato direttore generale. Enrico Letta ha chiesto al ministro del Lavoro Giovannini una relazione sul caso. Mastrapasqua viene chiamato “mister poltronissima” per i tanti incarichi ricoperti (altri 24, oltre a quello di presidente Ins, poiché si va dalla vicepresidenza di Equitalia a incarichi in Eur Spa, Autostrade per l’Italia, Telecom Italia Media). Il quotidiano intervista l’ex ministro del Lavoro Elsa Fornero, che ricorda come la commissione bicamerale sugli Enti previdenziali e le commissioni Lavoro di Camera e Senato avessero sollecitato, ai tempi del governo Monti, “un nuovo progetto di governance dell’Inps”. E spiega: “l’obiettivo era una gestione più trasparente e meno accentrata”, ma “la politica impedì il rinnovamento”. Troppo potere era concentrato in una singola persona, sottolinea ancora la Fornero, mentre “occorreva una gestione più snella con responsabilità più collegiali”. Quanto al fatto che Mastrapasqua ricoprisse tanti incarichi, la Fornero precisa che non era compito della commissione occuparsi di quella questione: “e comunque debbo presumere che il cumulo fosse legittimo. Altrimenti non sarebbe stato possibile. Certo, se poi parliamo di opportunità si possono fare considerazioni sul fatto che tante poltrone fossero o meno opportune”.
A Mastrapasqua è dedicata un’analisi che compare in prima su La Repubblica a firma di Massimo Riva: “Il boiardo multiplo”. Un incarico così importante come la presidenza Inps, il gigante della previdenza sociale, “dovrebbe essere ragionevolmente ricoperto da una persona che vi si possa dedicare in via esclusiva”, scrive Riva. Non è tanto la bramosia del personaggio a ricoprire tanti incarichi ad allarmare: “quel che allarma ben di più è che la struttura amministrativa dello Stato sia oggi siffatta da aver tollerato la costruzione passo a passo di un tale cumulo di incarichi senza che nessuno abbia alzato nemmeno un sopracciglio”. Non chi ha governato, “e neppure chi dal versante dei sindacati aveva e avrebbe titolo e poteri da esercitare in tema di gestione dell’Inps”. Insomma, “casta politica e società civile si sono trovate d’amore e d’accordo”. E si chiede Riva “Quanti altri casi Mastrapasqua” si nascondono negli uffici pubblici e nei capitoli di spesa del bilancio dello Stato? Secondo il quotidiano, peraltro, sarebbe in arrivo un commissario per l’Inps perché Mastrapasqua probabilmente lascerà la presidenza: per effetto del pressing intorno, non perché sia intenzionato a lasciare.
Del caso scrive anche Sergio Rizzo sul Corriere della Sera: “Incarichi e nomine dei manager. Lo scandalo delle regole ignorate”, “I trucchi per aggirare le norme. Il valzer delle designazioni di primavera”, “L’ultimo intervento nella legge di Stabilità: vieta il cumulo tra pensione statale e stipendio pubblico, ma non vale per i ‘rapporti in essere’”.
Internazionale
La Repubblica spiega che i mercati riaprono oggi in allarme, dopo che la settimana scorsa ha visto cadere tante valute: “liquidità americana in ritirata, le Borse mondiali tremano per i guai di Argentina e Cina”. L’esaurirsi della pompa americana, dopo anni di liquidità aggiuntiva immessa dalla Federal Reserve, ha creato sconquassi “in ogni altra parte del mondo”, scrive Federico Rampini, perché “i dollari stampati a Washington avevano allagato il pianeta, gonfiato bolle speculative a Shangai, a Johannesburg, a Istanbul”. Il quotidiano intervista l’economista venezuelano Moses Naim: “Paesi emergenti senza riforma, ora è finita la grande illusione”. I governi di questi Paesi “si sono illusi di poter andare avanti senza fare le riforme strutturali e senza politiche fiscali, monetarie e del cambio sane, bilanciate”.
Anche su La Stampa: “Dopo la settimana nera la Borsa trattiene il fiato”. E nella pagina di fianco: “Il calo della liquidità alimenta gli squilibri nei Paesi emergenti”, “E ancora una volta l’ago della bilancia sarà la Cina”.
Ancora su La Stampa, per venire all’Ucraina e alla sua “escalation di violenza”: “’Farà la fine di Ceausescu’, Kiev ostaggio degli ultrà”, “In piazza gruppi di estrema destra armati di mazze da baseball e molotov attaccano Yanukovich: ‘Pronti a sparare, la via d’uscita è un bagno di sangue’”.
Anche su La Repubblica, attenzione per la crisi in Ucraina: “Le milizie assediano Yanukovich, ora la guerriglia esce da Kiev”. I quotidiano intervista il presidente del Parlamento europeo, il socialdemocratico tedesco Martin Schulz: “Presto per sanzioni Ue. Mosca va coinvolta nel dialogo”.
La Repubblica si occupa dei colloqui di Ginevra sulla Siria e scrive che c’è stata una prima intesa tra l’opposizione e il regime di Assad per un corridoio umanitario ad Homs per donne e bambini. Ma per quel che riguarda i ribelli, il regime vuole trattare sulla lista dei nomi. Il quotidiano intervista il vicecapo della delegazione siriana del governo di Assad, che dice: “In quella città combattenti filo-Usa, ecco il perché di quest’accordo”.
Su La Stampa: “Tregua a Homs. Donne e bimbi via dagli scontri”.
Sulla pagina di fianco: “La sfida del 2014. Obama punta tutto sull’immigrazione”, “Grande riforma per rilanciare la residenza”.
Sul Corriere: “Dall’Olanda la fronda per un’Europa leggera”. L’iniziativa è stata presentata dal capo dell’Eurogruppo: invoca più potere per gli Stati e meno a Bruxelles. Ed è stata convocata dal ministro degli Esteri olandese Timmermans.