Corriere della Sera. A centro pagina la crisi dell’eurozona: “Timori per l’Europa senza crescita”, “La Bce: più incertezza. Confindustria: Pil peggio del previsto”. In alto i titoli sulla tragedia nel massiccio del Monte Bianco: “Travolti da una valanga sul ‘monte maledetto’”. Nove morti e nove feriti.
La Repubblica: “Confindustria: l’economia affonda”. E le parole del presidente degli industriali Giorgio Squinzi: “‘Il Pil calerà del 2,4%. Il governo rifà i conti. Grilli: ci mancano 6 miliardi”.
In prima anche la foto dello stilista Valentino: “La moda di Valentino d’Arabia, il marchio agli emiri del Qatar”.
Taglio basso: “Tav, la Francia frena: ‘Servono fondi Ue’”.
Il Sole 24 Ore: “Borse in rosso, bene l’asta BoT”, “Lo spread BTp-Bund sale a 466 punti, ma per i titoli a 12 mesi tassi giù al 2,69%”.
A centro pagina: “Scosse sull’auto europea, Peugeot taglia 8mila posti”.
Solo nelle colonnine a lato della pagina, un riferimento alle dichiarazioni di Giorgio Squinzi: “Squinzi: siamo in un momento tempestoso, bisogna remare tutti nella stessa direzione”.
In taglio basso, la riforma del lavoro: “Cambiano partite Iva e stagionali”. “Nessun rinvio dell’Aspi. Ok della Corte dei Conti al decreto esodati: partono gli avvisi Inps ai singoli lavoratori”.
Il Giornale: “Si torna a Forza Italia”, “I vertici del partito compatti col Cav. Berlusconi cerca il vice donna. Lombradia, Minetti pronta a dimettersi”.
A centro pagina, con foto di Valentino: “Da Valentino a Ibra, il Qatar ci porta via tutto”.
La Stampa. Sotto la testata: “Tav, i dubbi di Parigi, ‘Più fondi dall’Ue per andare avanti”, “Troppi costi, Torino-Lione sotto esame”.
Il titolo in maggiore evidenza riguarda la crisi economica e punta sulle parole del neoministro dell’Economia: “Grilli: servono altri 6 miliardi”, “‘Per evitare l’aumento dell’Iva’. La Bce: dall’Imu un freno alla ripresa”.
Poi la foto dal Mont Maudit: “Valanga sul Bianco, muoiono nove alpinisti”.
L’Unità: “L’Italia soffre, il Pdl pensa alle tv”. A centro pagina: “Bersani a Monti: concertare fa bene”.
Governo e crisi.
L’Unità scrive che il presidente di Confindustria Squinzi “continua a vedere nero”: “nella migliore delle ipotesi ci sarà un calo del Pil, nel 2012, del 2,4%. Probabilmente sarà anche qualcosa di più, perché nella seconda metà dell’anno faccio fatica a vedere miglioramenti”.
Poi Squinzi è tornato a parlare, in termini molto critici, della riforma del lavoro: “non ha migliorato sensibilmente la flessibilità in uscita ed ha abbassato la flessibilità in entrata”.
La Stampa riferisce in prima che il presidente del Consiglio Monti è “in cerca di investitori nel club dei potenti del mondo”: oggi sarà alla Allen Conference, a Sun Valley, “con il gotha della finanza mondiale”. L’inviato Molinari racconta quanto l’attenzione dei big sia concentrata sul nostro premier, che è parte integrante, peraltro, dell’organizzazione, poiché ne fa parte coem componente. Ma la sua missione è fermare la fuga dai nostri titoli di Stato: nel parterre che oggi lo ascolterà vi sono alcuni dei maggiori investitori privati americani, a cominciare da Warren Buffett, “l’oracolo” di Obama. Maggie Bult, collaboratrice di Bloomberg, dice che si teme che le riforme avviate dal governo italiano “possano tornare in dubbio dopo le elezioni del 2013″.
“Missione di Monti nell’Idaho per rassicurare sul rischio-Paese”, titola il Corriere: “con Murdoch, Gates, Zuckerberg e i signori dell’hi tech”. Esul Sole 24 Ore: “Monti spiega l’Italia ai guru dei media Usa”.
Partiti.
Domani a Roma si terrà l’Assemblea nazionale Pd. Oggi L’Unità intervista il capogruppo alla Camera Franceschini: “Dopo Monti, equità e coesione. Prepariamo il governo Bersani”. La candidatura di Berlusconi cancella l’ipotesi di un Monti-bis sostenuto da Pd, Pdl e Terzo Polo? “L’ipotesi non c’è, comunque”, dice Franceschini: “non può esserci un nuovo governo sostenuto da avversari. L’esecutivo Monti ha una missione straordinaria, dovuta alla situazione d’emergenza”, “alla scadenza naturale della legislatura si torna al fisiologico confronto: progressisti contro conservatori”. E il centro? “Serve uno schieramento più ampio possibile, che parli ai laici e ai cattolici, operai e imprenditori”. Nel Pd c’è chi sostiene che l’agenda del prossimo governo debba essere in continuità con quella dell’attuale esecutivo. Franceschini: “Io toglierei dal dibattito il tema della continuità. Monti sta affrontando con strumenti di emergenza una situazione di emergenza”, “siamo ancora dentro uno schema per cui i costi della crisi li pagano i lavoratori, i dipendenti, i pensionati, gli enti locali. Il prossimo governo dovrà affrontare il problema della redistribuzione, delle garanzie sociali, delle tutele a chi oggi non ne ha”.
Il vicesegretraio Pd Enrico Letta, intervistato dal Corriere, afferma di volere un’alleanza Pd-Vendola-Udc “e poi un esecutivo politico in continuità con Monti”: la grande coalizione non è “l’opzione principale”, “Lavoriamo per un governo politico competente, che sia inc ontinuità con Monti, come contenuti e come unioni”.
Europa, con una corrispondenza da Londra, spiega come “l’asso nella manica” per il Labour è ancora Tony Blair: sono trascorsi cinque anni da quando ha lasciato Downing Street, eppure “la sua ombra continua a dominare il panorma politico e culturael britannico”. Segnali di avvicinamento tra l’attuale leader laburista Ed Miliband e Blair “erano aumentati considerevolmente negli utlimi mesi”. E nell’attuale discussione interna al Labour “c’è chi crede che per vincere alle prossime elezioni basti raccogliere il malessere contro il governo e giocare sulle divisioni interne alla coalizione tory-libdem, e chi invece sa che è comunque necessario rilanciare il profilo riformista del partito, rafforzare la proposta politica e ricostruire quell’alleanza ampia e vasta che era alla base del progetto New labour negli anni della sua formazione”. Per limitare le polemiche interne, lo stesso Miliband da tempo ha iniziato a divulgare una lettura del New Labour che separa nettamente gli anni iniziali (con l’elezione di Blair e il suo governo, gli investimenti per famiglia e scuola) da quello della guerra in Iraq, liberalizzazione dei servizi, mancata regolazione dei mercati finanziari, i rapporti con Murdoch.
E al ritorno di Blair è dedicato l’editoriale del direttore di Europa, Stefano Menichini: “Blair ritorna, ma noi non siamo mai partiti”. La Terza via degli anni Novanta è, secondo Menichini, “il grande rimosso”: “la domanda per chi vuole governare e riformare rimane quella originaria alla quale rispose la Terza via: come si coagula una maggioranza di cambiamento in società liquide e mobili, ormnai impossibili da leggere nei termini della classica ‘alleanza fra le classi’?”. E poi: “l’impressione è che il disarmo nella lotta interna da parte delal componente liberal sia stato davvero eccessivo, e alla fine perfino penalizzante per Bersani. Tutto è stato delegato a Monti e ai rapporti col governo ‘amico’”.
Il Foglio offre ai lettori un intervento di David Miliband (il fratello sconfitto alla leadership laburista da Ed)sotto il titolo: “Il Labour inglese ha perso da un po’ l’antico ‘new’ ma cerca una via per parlare di capitale senza eccessivo imbarazzo. Blair e blairisti rianimano la discussione”.
Passando al fronte Pdl, tutti i quotidiani continuano ad occuparsi del ritorno preannunciato di Berlusconi: “ha già un nuovo simbolo” per il partito, è un aquilone tricolore, scrive il Corriere. La campagna elettorale vorrebbe giocarla “facendo leva su uno spirito fortemente patriottico, che lo avrebbe indotto a prender in esame anche alcuni simboli di partiti nazionalisti europei”, ma sul suo ritorno “ci sono cose che non tornano”, perché “non si è mai visto” un partito ancora senza nome ma con il simbolo, “e soprattutto non si è mai visto un candidato che ancora non si candida, che ieri continuava a dare segni di incertezza davanti al vertice Pdl,c he si mostrava insofferente per gli ‘attacchi ingenersoi’ letti sulla stampa, e che prendeva tempo per ufficializzare la sfida”. Vero è che l’incertezza sulla riforma elettorale impedisce “di definire le strategie”, tuttavia non si può tenere il partito in un’incertezza che accentua “il marasma”.
Secondo La Stampa “ora il cavaliere punta sulla ‘forza tranquilla’”: le intenzioni di voto “lo hanno convinto ad archiviare anche la fase del berlusco-grillismo e le tentazioni anti-euro”. E “nel giro di Bersani” si farebbe questa considerazione: in fondo se si candida è un fatto di chiarezza. Per quel che riguarda i centristi, l’Udc, con il ritorno di Berlusconi, avrebbero un altro buon motivo per stare alla larga dal Pdl. Ieri Berlusconi ha riunito l’intero gruppo dirigente del Pdl e La Stampa riassume: “Pdl in riga, plebiscito per Berlusconi”, “tutti d’accordo, Alfano in primis, sulla candidatura del Capo”. E il capogruppo alla Camera Cicchitto dice che il problema primarie viene superato: “Nel momneto in cui c’è Berlusconi, il problema non si pone”, “Casomai le primarie si possono fare per altre cariche”.
Su Il Giornale si riassumono così gli orientamenti del Cavaliere: “meno tasse, più forti in Europa”. Avrebbe esposto il programma ieri ai big del partito ed avrebbe scritto una lettera ai senatori perché ci si impegni al massimo sul semipresidenzialismo. Allo studio ci sarebbero ance i pro e i contro di un possibile ritorno alla lira.
Internazionale
L’Unità, con Umberto De Giovannangeli, intervista Nawaf al-Faref, l’ambasciatore siriano in Iraq che due giorni fa ha voltato le spalle al regime di Assad. Dice: “Il mio non è un tradimento. Tradire il popolo siriano sarebbe stato continuare a rappresentare chi ha scelto la strada della repressione. Altri seguiranno la mia strada”.
Il Corriere della Sera torna ad occuparsi del Mali: “dalla terra del Profeta a Timbuctù”, “la furia degli estremisti islamici”. Dopo i mausolei distrutti, a rischio anche gli antichi manoscritti. I salafiti in Africa agiscono come quei wahhabiti che nel XIX secolo imposero il loro credo nella penisola arabica demolendo i luoghi sacri. I militanti jihadisti mirano ad un Islam unico, che cancella le tradizioni locali.
La Repubblica racconta, in una corrispondenza da Berlino, la reazione della Conferenza dei rabbini alla sentenza emessa dal tribunale di Colonia sulla circoncisione: “è il peggior attacco agli ebri dai tempi dell’Olocausto”, ha detto il presidente Gldschmidt, poiché la circoncisione “è alla base dell’appartenenza alla comunità ebraica”. I giudici di Colonia avevano seguito la legge che impone la tutela dell’integrità fisica dei minori: un medico aveva infatti sposrto denuncia dop aver curato d’urgenza un ragazzo musulmano circonciso in maniera scorretta che stava perdendo molto sangue. I giudici hanno sottolineato che la decisione non vieta la circoncisione, ma impone alle famiglie di aspettare la maggiore età. “Il nuovo linguaggio dell’antisemitismo è il linguaggio dei diritti umani”, ha detto Goldschmidt, secondo cui il divieto è un segno del pregiudizio strisciante presente nelle leggi europee contro i non cristiani: ne sarebbero espressione il bando in Svizzera alal costruzione di minareti, il divieto in Francia e in Belgio all’uso del velo islamico e il tentativo olandese di mettere fuoti legge la carne halal.
Se ne occupa anche il Corriere, con un commento di Paolo Lepri: “la sentenza anti circoncisione: fantasmi del passato a Berlino”.Che inizia con le parole pronunciate da ministro degli Esteri Westerwelle all’indomani della sentenza di Colonia: “La Germania è un Paese tollerante dove la libertà religiosa è totalmente riconosciuta e tradizioni religiose come la circoncisione sono considerate un’espressione di pluralismo religioso”. In Germania vivono 120mila ebrei e quattro milioni di musulmani, la Germania vuol risolvere la questione sollevata dalla sentenza di Colonia, e se il presidente della conferenza dei rabbini europei Goldschmidt ha ragione ad attirare l’attenzione su diritti religiosi e democrazia, egli sbaglia ad evocare, “in questo caso”, lo spettro dell’antisemitismo.
Anche su Il Giornale: “No alla circoncisione, scontro ebrei-tedeschi”.