Le aperture
La Repubblica: “Immigrati, inferno a Lampedusa”, “arrivano a migliaia, Lombardo a Berlusconi: fate tendopoli in Val Padana”, “gli sbarchi aumentano, l’isola esplode: il governatore al telefono con il Cavaliere: rischio epidemie. Emergenza all’esame del Consiglio dei ministri”. A centro pagina, la Libia: “In Libia comando Nato, Gheddafi si ritira da Sirte. I ribelli avanzano: ‘Controlliamo il petrolio'”. E poi: “Berlino frena sul piano annunciato da Frattini”. Di spalla, le elezioni amministrative in Germania: “Svolta in Germania, disfatta Merkel alle Regionali”, “la Cdu crolla, trionfo dei Verdi”. Ancora in prima, la giustizia: “Responsabilità civile, l’offensiva del Csm”,
Il Corriere della Sera: “Gli insorti puntano sulla città del rais”. A centro pagina, un richiamo ad una intervista con il ministro dell’Interno: “‘Immigrati, rimpatri forzosi’, “Maroni avverte la Tunisia, e alle Regioni: ‘Devono accettare i profughi'”. Maroni dice: un errore partecipare alla guerra, usciamo dal pantano libico. E ancora in taglio basso: “La Merkel sconfitta dai Verdi”.
La Stampa: “La Sicilia dice basta, ‘immigrati al nord'”, “Lombardo: fate le tendopoli in Val Padana. Berlusconi lo chiama”. In taglio basso: “Germania, il tonfo della Merkel”.
L’Unità: “Gheddafi perde il petrolio”.
Il Giornale: “Clandestini, Tremonti taglia”, titola, parlando di “invasione di immigrati”. E si riportano le dichiarazioni del Ministro dell’Economia: “Aiutiamoli, ma a casa loro”. “E’ inutile dare quattrini ai governi locali, finirebbero in armi. Missione in Libia, vittoria italiana: il comando passa alla Nato”.
Immigrazione
Il Ministro dell’Interno Maroni, intervistato dal Corriere, dice: “La Tunisia aveva promesso un impegno immediato per fermare i flussi migratori, ma le barche continuano ad arrivare. Se non ci sarà un segnale concreto nei prossimi giorni, procederemo con i rimpatri forzati”. Venerdì, al rientro da Tunisi, Maroni si era dimostrato fiducioso sulla collaborazione con le autorità tunisine. Ma poi sono arrivate altre mille persone, “che dicono di essere tunisine”, e, a bordo di due barconi provenienti dalla Libia, “circa 1000 tra somali ed eritrei”. Maroni dice che questi ultimi “non possono essere rimpatriati perché scappano dalla guerra e hanno diritto alla protezione internazionale”. Ma questo non può valere per i tunisini, dice. Maroni conferma che l’unica regione esclusa dall’accoglienza sarà l’Abruzzo, mentre nelle altre regioni è previsto un tetto massimo di 1000 profughi per ogni milione di abitanti. Sul piano ventilato da Frattini che prevederebbe un accordo con la Germania: “Sin dall’inizio la Lega era contraria alla partecipazione dell’Italia alla guerra, e avevamo chiesto di comportarci come la Germania. E’ stato un errore”, e la soluzione diplomatica ipotizzata da Frattini gli appare “l’unica possibile”. Anche perché la situazione è molto pericolosa: “Secondo le ultime informazioni, Gheddafi è riuscito a portare dalla sua parte anche la tribù che gli era più ostile, quella dei beduini”.
Scrive La Stampa che ieri è stato “il giorno della rabbia”, del governatore della regione Sicilia Raffaele Lombardo, che ha definito “inadeguata e incredibile” la risposta del governo nazionale all’emergenza. Dice Lombardo: le tendopoli le possiamo fare anche in Sicilia, ma perché non in Val Padana o in Piemonte, se siamo un Paese unito. Al governo chiede “sistemi di accoglienza su apposite navi”, ponti aerei per liberare un’isola che scoppia, in cui si rischiano le epidemie. Nel corso della visita a Lampedusa lo chiama Berlusconi, che dice di aver avuto da un armatore la disponibilità di alcune navi.
Libia
Ieri il ministro Frattini, anche in risposta alle dichiarazioni del presidente francese Sarkozy, che aveva parlato di un piano diplomatico franco britannico sulla Libia, aveva parlato di una proposta italo-tedesca. La Repubblica titola polemicamente: “il piano Frattini imbarazza i tedeschi, ‘nessun asse, parliamo con tutti’. L’annuncio italiano spiazza la Germania alla vigilia del vertice di Londra”.
Domani, spiega La Stampa, a Londra ci sarà un vertice che sancirà il passaggio di consegne ufficiale dalla coalizione dei volenterosi al patto Atlantico. Tesi sono i rapporti Roma-Parigi, e intanto la Turchia si è offerta come mediatore sulla Libia per raggiungere al più presto possibile un cessate il fuoco tra le parti. Si discuterà anche del futuro possibile e vi è anche l’ipotesi di convincere Gheddafi a cedere il potere ed accettare l’esilio. La proposta potrebbe anche far parte del piano anglo-francese, di cui poco si sa.
Scrive Il Corriere che l’Italia guarda al governo tedesco per costruire consenso intorno ad una proposta per il cessate il fuoco in Libia, da accompagnare con un “dialogo di riconciliazione nazionale”: in pratica, si tratterebbe di gettare le basi di una sede di confronto tra il Consiglio nazionale transitorio di Bengasi e rappresentanti di tribù libiche, oltre ad altri soggetti politici.
Sullo stesso quotidiano un approfondimento sulla guerra in Libia, sotto il titolo: “Il ‘piano B’ degli alleati, la destinazione è Tripoli?”. La segretaria di Stato Clinton sostiene che crescono le defezioni all’interno del regime, il Segretario alla Difesa Usa Gates, che avrebbe fatto a meno della guerra, ha avvertito che “il cambio di regime è complicato”.
Su La Stampa un “retroscena” dedicato all’auspicio e alla ipotesi, avanzate tanto da Gates che dalla Clinton, di una “frana dall’interno” del regime libico. Gates dice di aver letto “documenti che descrivono come le forze del regime spostino i cadaveri dei civili uccisi per far credere che la loro morte sia causata dalla coalizione”. Hillary si rivolge direttamente alle “persone che stanno intorno a Gheddafi”: “Siete sicuri di voler diventare dei paria e di voler finire davanti al tribunale penale internazionale?”.
Su La Repubblica troverete l’intervista doppia della Cbs alla Clinton e a Gates, da cui sono tratte le dichiarazioni importanti che si ritrovano sparse sui quotidiani.
Oggi, all’1.30 di notte ora italiana, Obama parlerà alla nazione, e probabilmente dovrà rispondere alle obiezioni dei leader del Congresso, che gli contestano la mancata autorizzazione all’uso delle truppe: i repubblicani lo aspettano al varco, il senatore dell’Indiana Lugar lo accusa di non aver ancora illustrato un piano sugli obiettivi in Libia. Difende Obama l’indipendente Lieberman.
Non volendo schierare truppe di terra – scrive il Corriere – l’Alleanza usa la tecnica della tenaglia: da un lato apre la strada ai ribelli (che avrebbero bisogno di armi), dall’altro continua i raid.
Un quadro della situazione è offerto da L’Unità, che scrive: “I ribelli contrattaccano. Gheddafi perde il petrolio”, “Ripreso dalle forze antigovernative l’importante terminal petrolifero di Ras Lanuf”. Sono quindi tornati sotto il loro controllo tutti i maggiori terminali petroliferi del settore orientale dellla Libia. E il portavoce dei ribelli dice che entro una settimana saranno in grado di produrre dai 100 mila ai 130 mila barili al giorno.
Sullo stesso quotidiano, si intervista padre Giulio Albanese, direttore dele riviste missionarie della Cei. Racconta la storia di un ex bambino soldato e del suo addestramento nel centro per la rivoluzione mondiale (WRC) istituito da Gheddafi. Ne esce una legione di mercenari: in 42 anni il leader libico si è coltivato una sua legione straniera – dice Albanese – e “se si voleva fermare Gheddafi, la no-fly zone sarebbe dovuta scattare subito”.
Sulla opportunità di intervenire prima di quanto sia stato fatto, torna anche, intervistato dallo stesso quotidiano, il vicepresidente del Consiglio nazionale di transizione libico, Hafiz Al Ghogha, che mostra anche le maschere antigas trovate nell’equipaggiamento dei miliziani al soldo del dittatore: “Gheddafi, ‘era pronto ad usare armi chimiche”. Della ventilata mediazione italiana non sa nulla, “per noi Gheddafi è un criminale di guerra che va giudicato da un tribunale internazionale”. Non è pregiudizialmente contrario all’esilio del rais, purché non gli vengano garantite le ricchezze accumulate. Risponde anche all’accusa di essere pilotati dalla Francia: “è falso. Non diamo atto al presidente Sarkozy di esser stato tra i più determinati, ma nessuno ‘ci pilota’”. E’ chiaro che “i rapporti economici” in futuro non potranno “prescindere dagli eventi di queste settimane”.
Siria
Il regime del presidente siriano Assad – racconta il Corriere – ha deciso di accelerare sulle riforme, dopo i violenti scontri, che ieri hanno colpito anche la città portuale di Latakia. Ieri il Presidente ha rivolto un discorso alla nazione, si ipotizzano le dimissioni del governo per domani. Il regime ha promesso la fine delle leggi speciali e dello stato di emergenza, in vigore dal 1963: mantenute per 48 anni, con la scusa della minaccia israeliana, le leggi speciali consentono arresti preventivi e detenzioni abusive. Filtrano voci di divisioni crescenti ai vertici, che significa soprattutto “consiglio di famiglia”: l’anima nera sarebbe Maher, fratello di Bashar e capo della Guardia Repubblicana, che vorrebbe reprimere ogni protesta, e che controlla gruppi salafiti già attivi in Libano, come il JUND Al Shamm. Dalla sua parte ci sarebbe il cugino Nmer, i cui sgherri da sabato impazzano a Latakia. Bashar, invece, vorrebbe tirare in lungo, promettendo riforme in attesa che tutto si calmi.
Un ritratto della consigliera di Assad che si è vista in questi giorni spesso fare annunci, Bouthaina Shaaban, è offerto dal Corriere, che la considera la “cassaforte” dei segreti di famiglia.
Nessun intervento in Siria, ha fatto sapere ieri Hillary Clinton: “La Siria non è la Libia. Quello che è avvenuto nelle ultime settimane è preoccupante. Tuttavia c’è una differenza tra attaccare indiscriminatamente, bombardando le tue stesse città, e le azioni della polizia siriana”, come riferisce La Stampa. Il quotidiano peraltro ha un inviato a Latakia, porto ribelle dove ieri è stato schierato l’esercito, e che è considerato un bastione degli Assad, essendo la città di origine del defunto presidente Hafez.
Giustizia
Domani e giovedì il Consiglio superiore della magistratura ha previsto di riunirsi per un plenum straordinario, per varare un documento contro l’emendamento che è stato approvato dalle Commissioni politiche dell’unione europea e giustizia della Camera, in cui si apre la possibilità che i magistrati rispondano non più solo “per dolo o colpa grave”, in sede di responsabilità civile, ma anche per “manifesta violazione del diritto”. In adempimento alle sentenze della Corte europea di Strasburgo. Ne parla ampiamente La Repubblica.
Intanto oggi Berlusconi torna in tribunale dopo otto anni. La chiave, secondo il Corriere della Sera, è che tenterà di mostrare che è “costretto a governare per lungo tempo”. Il senatore Mario Mantovani, coordinatore lombardo del Pdl, ha inviato 600 sms ai militanti del partito e a simpatizzanti, per invitarli a tenere una manifestazione di sostegno davanti al tribunale. Il Corriere della Sera lo intervista.
Anche Il Giornale dà rilievo alla notizia: “Berlusconi va in aula dai giudici. Parte la controffensiva al golpe. Oggi il premier si presenta all’udienza a porte chiuse del processo Mediatrade”. Il quotidiano spiega “la svolta nella strategia” in vista dell’assedio su Ruby e delle amministrative. A Palazzo di Giustizia è previsto l’arrivo di un pullman con un migliaia di supporter, si legge.
E poi
L’inserto R2 de La Repubblica è dedicato a “il potere dei blogger: ritratto dei nuovi padroni dell’informazione made in Usa, che oggi riescono ad influenzare i giornali ma anche la Casa Bianca”. Con attenzione anche agli attivisti blogger arabi, cyberdissidenti anima delle rivolte: “Il futuro siamo noi”, dice ad esempio un blogger tunisino del portale Nawaat, che ha raccontato la rivoluzione dei gelsomini.
(Fonte: Rassegna Italiana di Ada Pagliarulo e Paolo Martini)