Corriere della Sera: “Monti, tensione con la Cgil”. E sotto la testata le parole del premier: “‘La concertazione all’origine dei mali’. Replica di Camusso: niente lezioni da chi è cooptato”. “Il premier e la crisi: per l’Italia un percorso di guerra”.
A centro pagina: “Berlusconi: molti imprenditori mi chiedono di tornare in campo”, “La ricandidatura del Cavaliere agita la politica. Casini: qualcosa di antico”.
La Repubblica: “Monti: no alla concertazione”. ‘Con Berlusconi Italia umiliata nell aUe. Scontro con i sindacati”.
A centro pagina: “Il ritorno del Cavaliere: ‘Io candidato premier’”.
Il Fatto quotidiano: “La comica finale. Torna Berlusconi”, “Non bastavano la crisi economica, i tagli a pensioni e sanità, lo spread: ora riscende in campo l’artefice del disastro. Sotttratto alle ‘cene eleganti’ per cercare di tenere in vita il Pdl (e le sue aziende)”.
Libero, con riferimento allo scherzetto che Berlusconi giocò alla cancelliera Merkel in occasione di un vertice: “Cucù”, “Rieccolo”. “Non ci sono eredi e Berlusconi annuncia che si candiderà premier per la sesta volta per salvare il Pdl. I sondaggi sono con lui e SuperMario subito si innervosisce: ‘In Europa fu umiliato’”.
Il Giornale: “Perché torna Berlusconi”, “I sondaggi convincono l’ex premier: guiderà il centrodestra in ticket con Alfano. E guasta la festa a Casini e Bersani. Monti prepara il ‘gabinetto di guerra’. E a settembre rischiamo un’altra stangata”.
In taglio basso: “Il Prof fa la prima cosa giusta e demolisce la concertazione”.
La Stampa apre con le parole di Monti: “‘Percorso di guerra per l’Italia’”. “Monti critica la concertazione. L’ira dei sindacati. Camusso: non sa di cosa parla. Berlusconi pronto a ricandidarsi premier. Alfano: nel 2013 sarò io al suo fianco”.
Il Sole 24 Ore: “Monti: per l’Italia percorso di guerra”, “Il premier: la concertazione ha creato i mali attuali. Camusso: non sa di cosa parla, nel ’93 salvò il Paese”.
Monti
La cronaca della giornata di ieri all’assemblea dell’Abi, dove è intervenuto il presidente del Consiglio, è sulla seconda pagina de La Repubblica. Si legge che il premier ha lasciato il testo preparato ed è andato a braccio, allorché ha definito la concertazione “l’origine di tutti i mali”. Il presidente dell’Associazione bancaria italiana Mussari aveva promesso sostegno leale al governo malgrado “non sia stato tenero con le banche”. Monti riprende queste parole e attacca: “Ho molto apprezzato il vostro atteggiamento, vorrei che vi si ispirassero altre parti sociali i cui associati hanno avuto giovamento dalle politiche del governo”. Cita la riforma del lavoro e “chiaramente si rivolge -senza guardarlo mai- al presidente di Confindustria Giorgio Squinzi, che è lì, in prima fila”. “Le parti sociali devono restare ‘parti’ -dice Monti- e non soggetti nei confronti dei quali il potere pubblico dia in outsourcing responsabilità politiche”, perché “esercizi profondi di concertazione in passato hanno generato i mali contro cui noi combattiamo e a causa dei quali i nostri figli e nipoti non trovano facilmente lavoro” . A queste parole, commenta il quotidiano, “i banchieri plaudono”, “Squinzi no”, il responsabile economico Pd Stefano Fassina “si agita sulla sedia”. La pagina di fianco de La Repubblica porta questo titolo: “I sospetti di Bersani e Camusso: ‘Vuole separare il Pd dalla Cgil’”.
In evidenza sul Corriere della Sera la reazione della segretaria Cgil: “Monti non sa di cosa parla”, ha detto la Camusso rispondendo a brutto muso al Presidente del Consiglio che la concertazione non c’è più dal 1993, ovvero da quando salvò l’Italia dalla bancarotta”. E poi: “Prendere lezioni di democrazia da chi è cooptato e non si è misurato con il voto è un po’ imbarazzante per il futuro democratico del Paese. Farlo poi dalla platea degli interessi bancari, dentro questa grande crisi, meriterebbe una ulteriore riflessione”. La Camusso difende “l’ultima concertazione” del 1993 che salvò dalla bancarotta il Paese con una riforma delle pensioni “equa, al contrario di quella del governo attuale, e che permise all’Italia di entrare nell’euro”. Poi l’articolo di cronaca riferisce le parole del segretario Cisl Bonanni: “Non c’è alternativa alla concertazione in nessun Paese a democrazia matura e ad economia avanzata”, il governo “non può pensare di avere il dono dell’infallibilità”, ma “le forze sociali non devono porre veti al confronto”. L’ex leader della Cgil Epifani: “Da Monti una posizione di destra” L’ex segretario cisl D’Antoni, ora deputato Pd: “Sulla concertazione sbaglia. Ripassi la storia”.
Il Sole 24 Ore riferisce anche che, nel corso del suo intervento, il premier ha invece ringraziato i partiti: “Al di là di oscillazioni comprensibili, si comportano in modo assolutamente responsabile”. Alle parole del Presidente del Consiglio è dedicato l’editoriale de La Repubblica, firmato da Massimo Riva, che considera “duro e perentorio” il giudizio di Monti, di cui pure è risaputo non amasse la concertazione (“Ma un conto sono i numerosi e argomentati editoriali che ha scritto sulla materia in passato”, altra cosa le parole di ieri). E prosegue Riva: “Sarà anche vero che il metodo delle consultazioni a Palazzo Chigi con Confindustria è scaduto di recente in una liturgia di così scadente o nulla efficacia da legittimare critiche anche aspre, ma il premier si è spinto molto più in là, arrivando ad un eccesso di semplificazione e di disinvoltura storica che lascia interdetti”. Riva invita ad accantonare il dubbio che questa sortita possa esser letta come una ulteriore replica “agli attacchi spregiudicati di chi, come il Presidente di Confindustria, ha goffamente accusato il governo di fare della ‘macelleria sociale’ con i tagli della spesa pubblica”. “Per vita e per cultura Monti non è uomo da cadere in simili scivoloni di stile. Tanto più se affronta personaggi dalla caratura non proprio di primissimo rango”. Ecco perché “ha avuto facile gioco” la segretaria Cgil Camusso a ricordare al premier che il governo Amato e il governo Ciampi “seppero usare al meglio lo strumento della concertazione” per fermare la corsa del Paese verso il precipizio della bancarotta finanziaria. Riva ricorda poi che solo pochi giorni fa, accogliendo a Roma la Cancelliera Merkel, Monti aveva parlato di una comune fede nella economia sociale di mercato, e in terra di Germania nessuno perde il suo tempo in dibattiti ideologici sui vantaggi e gli svantaggi della concertazione. Monti dovrebbe tener presente la “non ordinaria situazione in cui opera il suo governo”, privo di una maggioranza politica omogenea, che aveva tra i suoi primi obiettivi quell odi raccogliere “un consenso politico nella società, e segnatamente tra le forze produttive, al fine di compensare per questa via la mancanza di un solido e compatto appoggio da parte di quella che è stata definita la sua ‘strana’ maggioranza parlamentare”.
Uno degli editoriali de Il Foglio porta invece questo titolo: “Il consociativismo Confindustria-Cgil. Analisi di un fenomeno abnorme”. Dove si legge che nelle forme attuali la concertazione fu consacrata nel grande accordo interconfederale del 1975, firmato da Gianni Agnelli e Luciano Lama: quell’intesa, “con il punto unico di contingenza dagli effetti paurosamente inflazionistici, l’abolizione del differenziale salariale e l’abolizione della Cassa integrazione straordinaria, mise di fatto a carico dello stato un costo insopportabile. Il cosiddetto “patto dei produttori” all’italiana ha sempre funzionato così: sindacati e industriali si fronteggiano, si crea tensione sociale e poi, per chiudere la trattativa, si passa il conto allo stato, che in passato compensava l’inflazione conseguente con la svalutazione. Gli industriali mantenevano le quote di esportazione, i sindacati vantavano conquiste salariali nominali, ma la competitivitaà reale drogata continuava a deperire, mentre aumentava in modo incontrollabile il debito pubblico”. Il Foglio ricorda che il più recente tentativo di superare quel meccanismo paralizzante è stato messo in atto da Sergio Marchionne. Negli ultimi due anni la Confindustria guidata dalla Marcegaglia “ha preferito appoggiarsi in modo esplicito, e persino esibito, alla Cgil, perché nulla cambiasse. L’insofferenza verso il governo, che è costretto dalla situazione finanziaria ad affrontare i nodi strutturali della crisi italiana, non esprime l’interesse strategico delle imprese, ma la pigra autoconservazione di una burocrazia sindacale che vive in simbiosi con altre burocrazie sindacali”.
Alle pagine R2-Diario de La Repubblica i lettori troveranno le riflessioni di Alberto Statera, Guido Crainz e Giorgio Ruffolo su Confindustria: “Il partito degli imprenditori in cerca di una leadership”: “Attacchi al governo con un lessico inconsueto, spaccature e polemiche: sono alcuni dei sintomi delle crisi che l’associazione sta attraversando”. Ruffolo spiega come è cambiato il rapporto con i sindacati. Alberto Statera richiama i vecchi vizi della categoria: scarso coraggio nell’affrontare la competizione e ricorso alle commesse statali.
Politica
Il Corriere della Sera intervista il segretario Pdl Angelino Alfano: “Io guiderò il partito. Ticket? Meglio una donna”. Così, in prima, viene riassunto il senso delle sue parole. Dice Alfano, per spiegare la ragione della nuova discesa in campo: “E’ dettata dal fatto che Berlusconi ancora oggi è il più forte candidato del Pdl, e che quanto accaduto nell’ultimo anno necessita, giustifica, pretende un giudizio popolare”. “Berlusconi non è mai uscito di scena. E lo schema che si prefigura oggi è esattamente quello della foto scattata il primo luglio di un anno fa, nel giorno della mia elezione a segretario Pdl: Berlusconi presidente del Consiglio e io alla guida del partito”. La Repubblica intervista il “falco” Giorgio Stracquadanio, deputato Pdl: “Immagino che nel Pdl, al di là delle lodi di circostanza, in molti non abbiano stappato lo spumante leggendo del ritorno del Cavaliere”, “nessuno pensa più che Berlusconi, in quanto tale, prenda voti”, dice Stracquadanio spiegando che “bisogna capire come si presenta e – soprattutto – per dire cosa”. Secondo un retroscena de La Repubblica Berlusconi avrebbe spiegato ad un amico: “Non c’è niente da fare, io resto l’unico che può contrastare la sinistra e federare l’area moderata. Montezemolo ha rinunciato a correre e, purtroppo, il Pdl senza di me non va da nessuna parte”. Il Cavaliere avrebbe in mente anche di riavvicinarsi alla ex moglie Veronica. Lunedì, coincidenza, si chiude la procedura di divorzio consensuale, chiosa il quotidiano.
La Stampa intervista l’ex ministro Giuliano Urbani, tra i fondatori di Forza Italia: “Dal punto di vista del partito, è indispensabile che Berlusconi ci sia”, dice Urbani, sottolineando che il Cavaliere “deve candidati, altrimenti il Pdl sparisce”. Ma non può far da solo, “va bene chiamare a raccolta i suoi, ma consapevole che poi dovrà stare con gli altri”, “ci vuole una convergenza di visioni costruttiva tra diverse forze politiche”. La Stampa scrive che i sondaggi danno il Pdl al 18 per cento senza Berlusconi e al 30 se candidato.
Europa intervista il sindaco di Firenze Matteo Renzi: “Dopo le elezioni un governo politico. Se Monti vuole restare prenda i voti. Non importa la data delle primarie, basta che siano vere e aperte a tutti”.
Internazionale
Su tutte le prime pagine compaiono le foto della guerriglia in piazza in Spagna. Sulla prima de La Repubblica si titola: “Spagna, Rajoy abolisce le tredicesime, minatori in piazza”. Su L’Unità: “Via le tredicesime, scontri in Spagna”.
E’ il Corriere della Sera il quotidiano che dedica più spazio agli scontri a Madrid per la “megastangata del governo Rajoy” che ha portato in piazza minatori e indignados, facendo registrare 76 feriti. Il capo del governo ha annunciato una manovra da 65 miliardi di euro, da risparmiare nei prossimi due anni e mezzo, che lascerà senza tredicesima, il prossimo Natale, funzionari e dipendenti pubblici, pur aumentando il loro carico di lavoro con la limitazione dei permessi sindacali e dei riposi retribuiti. Un altro articolo racconta la lunga marcia dei minatori: 400 chilometri, dalle miniere alla capitale, per difendere le loro buste paga da poco più di 1200 euro al mese, i diritti allo studio conquistati per i loro figli, e la possibilità di una riconversione ad altri mestieri con il sostegno economico dello stato. Superstiti di un’epoca superata dal progresso energetico, in un mondo che, apparentemente, può fare a meno del carbone. Dal 23 maggio scorso sono in sciopero contro il progressivo esaurimento dei fondi per l’industria mineraria: quasi 200 milioni di euro quest’anno, un taglio che sfiora il 64 per cento e azzera quasi completamente le garanzie offerte dal Piano per il carbone firmato nel 2006 dal premier socialista Zapatero sull’onda di un’altra serie di scioperi, a fine 2005.
Europa intervista la sociologa spagnola Belen Barreiro, che spiega “perché i minatori non ascoltano più i socialisti”.
“In Libia vince il fantasma di Gheddafi”: è il titolo di un’analisi che compare sulla prima de La Stampa a firma di Mimmo Candito. “Si ricorda che le primavere arabe hanno aperto un terreno di confronto dove lo scontro più aspro ha sempre avuto come attore protagonista il movimento islamista. SI chiamasse Fratellanza Musulmana o partito della Giustizia, era comunque un raggruppamento di forze che puntava a raccogliere consensi “grazie a una proposta che nel recupero politico della religione riusciva a sanare il vuoto identitario lasciato dal crollo dei vecchi regimi”. In assenza di strutture politiche consolidate, e credibili, l’esercizio collettivo della pratica della fede era un rifugio dove i valori simbolici davano una confortante garanzia davanti al rischio di palingenesi rivoluzionaria. In Libia questo non è avvenuto: “grazie ad un reddito relativamente alto, dovuto ai proventi del petrolio, e a quella sorta di statalismo che “nella fantasiosa struttura della Jamayria, pilotava i rapporti e il potere nella vita quotidiana”.
Su La Repubblica un commento di Ahmed Rashid sul Pakistan, in cui si dà conto dei rapporti che continuano ad esser tesi con gli Stati Uniti, si scrive che a Islamabad regna una crisi profonda con lo spettro del golpe. Nei giorni scorsi la Corte Suprema ha destituito il primo ministro Gilani, e il primo candidato a sostituirlo è stato subito arrestato per legami con il narcotraffico. Tutte le istituzioni sono ormai screditate, in un Paese che ha le forze armate più esperte del mondo nel creare l’atmosfera giusta per un colpo di Stato.
E poi
“Il tramonto del sogno americano” è il titolo di un lungo articolo del corrispondente da New York Vittorio Zucconi, su La Repubblica. “Solo il 4 per cento dell’ultima generazione nato dopo il 1970 è salito di un gradino nella scala sociale”.
di Ada Pagliarulo, Paolo Martini