Il Corriere della sera: “Doping russo, affare di Stato”. “L’Agenzia mondiale: togliere le medaglie olimpiche. Mosca: attacco politico”. “Chiesta la sospensione dell’atletica ai prossimi giochi. ‘Coinvolti anche gli 007’”.
Di spalla: “Case del Vaticano, così il Corvo ha rubato le liste degli inquilini”.
A centro pagina, con foto: “Aung San Suu Kyi fa il pieno di voti e può sperare di cambiare il regime”. “Il nodo delle modifiche alla Costituzione”. Segnalata in prima anche una intervista ad Amartya Sen: “Temo la reazione dei generali”.
E poi: “Via la Tasi ai coniugi separati. Battaglia nel Pd sui contanti”. E poi: “Lascia Perotti: tagli non visti come priorità”.
A fondo pagina: “’Noi arrestiamo, i giudici scarcerano’. L’accusa di Alfano sugli antagonisti di Bologna. Salvini: uno schifo. L’Anm protesta”.
La Repubblica: “’Doping di Stato, via i russi dai Giochi’. Putin: un complotto”, “Inchiesta mondiale sull’atletica: Olimpiadi truccate, Sospetti su governo e Servizi. Altri paesi nel mirino”.
In grande evidenza una foto di Aung San Suu Kyi: “Birmania, trionfa Aung, ‘Ha vinto il popolo’”, “Il Nobel oltre il 70%, formerà il governo”.
A centro pagina: “Fassina apre ai 5stelle, lite con Sel e Pd. L’Ocse: l’Italia cresce, bene il jobs act”, “Renzi: fallita la doppia spallata, avanti fino al 2018”.
Sulla colonna a destra: “L’accusa di Cercas: ‘La Catalogna indipendente è solo un bluff’”, “Barcellona, il Parlamento vota l’addio alla Spagna. Lo scrittore: leggi violate”.
A fondo pagina, sull’inchiesta “Mafia Capitale”: “Parla Odevaine: Totti pagava i vigili di Roma per scortare i figli”.
La Stampa: “’Doping di Stato’, bufera sulla Russia”, “Laboratori ombra protetti dai servizi segreti: test distrutti, esami alterati”, “Il rapporto dell’agenzia Wada: sospendere il Paese dalle competizioni per due anni, Olimpiadi a rischio”.
A centro pagina: “Casa, il Catasto fa i conti. Tari a rischio aumenti”, “L’Ocse: Italia in ripresa. Bonus lavoro più forte al Sud”.
E “il caso”: “Divise in rivolta per lo stipendio, ‘Aumenti ridicoli’”, “Aggirata la sentenza della Corte costituzionale sul rinnovo dei contratti, ‘9 euro in più al mese’”.
A centro pagina anche la politica italiana: “Sinistra, lo sgarro al Pd, ‘Votare M5S, perché no’”, “Fassina e le comunali: ai ballottaggi nulla è precluso”.
Sulla colonna a destra: “Londra-Bercellona, indipendenze vere e presunte”, di Stefano Stefanini.
E sul tema “Terrorismo”: “Isis, la strategia per distruggere l’Egitto di Al-Sisi”, di Maurizio Molinari.
Il Fatto: “Il Pd candida Sala, ma dimentica i suoi uomini arrestati per Expo”, “Milano. Le indagini erano arrivate al vertice della società, poi sono state congelate”.
E, ancora in prima, foto di Matteo Renzi con il sindaco di Firenze Nardella: “Gli scontrini di Renzi: 5 domande a Nardella”, “Firenze. Le note spese secretate”.
Sotto la testata, su “Mafia Capitale”: “Odevaine: ‘La ‘scorta rossa’ di Totti era pagata in nero’”.
Il Giornale: “Tasse, Ue, immigrazione. Il piano Forza Italia-Lega”. “Già scarcerati tre dei teppisti rossi che hanno messo a ferro e fuoco la città”. Con un commento di Nicola Porro: “Brutti e cattivi a prescindere. Il razzismo contro il centrodestra”.
Il titolo più grande: “Cambia il valore delle case. Il Catasto censirà anche i metri quadrati. Così i Comuni tasseranno di più”. E poi: “Lo Stato dà 125 milioni a L’Unità per pagare i debiti dei Ds”.
A centro pagina: “L’ultimo schiaffo a Putin: ‘Fuori la Russia dalle Olimpiadi’. La Wada accusa l’atletica: ‘E’ doping di Stato’. Mosca: ‘Attacco politico’”.
E poi: “Sala indagato (e archiviato) per truffa. L’ad di Expo denunciato da un imprenditore. I pm non chiedono il processo”.
A fondo pagina: “Purghe e silenzi. Ecco chi è il ‘mito’ Aung San Suu Kyi”, di Fausto Biloslavo. “L’icona, sempre più autoritaria, vince le elezioni in Birmania”.
Il Sole 24 ore: “Fisco, validi i controlli dei dirigenti decaduti. La Cassazione, con tre sentenze depositate ieri, blinda gli accertamenti della Agenzia delle Entrate. Ma negli atti deve essere indicato il nome del funzionario delegato”.
Nella parte alta della prima pagina: “Ocse alza le stime per l’Italia”.
Di spalla: “Dopo-Expo cerca risorse e imprese: centro ricerche, incubatore e facoltà scientifiche. Oggi Renzi a Milano”.
A centro pagina: “Banche, ai big servono 1100 miliardi. Nuovi parametri per i 30 istituti sistemici. Per Unicredit l’effetto positivo dei bond. La somma massima del rafforzamento del capitale chiesta dal Financial Stability Board.
E poi: “’Sospendere dai giochi la Russia per doping di Stato’”. Con una analisi dal titolo “Rifare la governance globale dello sport”.
Doping
Su La Stampa, pagina 2: “Russia, rapporto choc, ‘Doping di Stato, escludetela dai Giochi’”, “Il dossier della Wada inchioda il governo di Mosca, ‘Laboratori ombra protetti dai servizi segreti’”. Ne scrive Giulia Zonca, dando conto del dossier di 323 pagine presentato ieri dalla Wada, l’agenzia mondiale anti-doping: un fascicolo enorme, per spiegare un sistema, per denunciare laboratori ombra, test distrutti, esami del sangue alterati, ben 1417 provette sparite, buttate, smaltite per evitare controlli successivi. La Rusada, l’organo nazionale russo antidoping, emerge come la principale ma non certo l’unica imputata. Nel rapporto si chiarisce che una tale rete di copertura aveva bisogno di ben altri appoggi e in pratica si risale la catena del comando fino alla cima. Putin non viene mai citato, ma uno dei suoi uomini sì: Vitaly Mutko, non un semplice ministro dello sport, un potente vero che ha sempre alimentato la propaganda con le medaglie. Lui ha portato i Mondiali di calcio in Russia, è nel comitato organizzatore del 2018, dentro l’esecutivo Fifa e quello Uefa. E a pagina 3 il “retroscena” di Anna Zafesova: “Crimea, Siria e ora gli atleti. Per Mosca è sempre un complotto dell’Occidente”, “La reazione: sport colpito perché strategico per Putin”.
Scrive Zafesova: “Non stupisce che il doping di Stato, ereditato dall’Urss, dove le ginnaste venivano messe incinta dagli allenatori per una ‘iniezione naturale’ di ormoni (dopo il campionato il feto veniva abortito), gli allenatori distribuivano pillole di ‘vitamine’ a manciate e gli istituti di ricerca governativi raccomandavano gli anabolici, sia tornato, insieme alle intimidazioni degli ‘allenatori in borghese’. Come una volta, la vittoria viene ordinata al livello più alto. Sintomatico il sondaggio lampo sul sito del quotidiano Sport-express, con il 60% dei lettori convinto che i russi abusino di doping e il 70% che lo ritiene argomento di ‘importanza statale’. Quello che cambia rispetto al comunismo è che all’ideologia si affianca il profitto: si parla di mazzette estorte dai funzionari agli atleti per occultare le prove positive, e alla competizione politica di aggiunge ul rischio di perdere guadagni a sei zeri, e appalti miliardari come a Sochi, non a caso l’Olimpiade più costosa della storia”.
Al tema è dedicata anche l’analisi di Gianni Riotta in prima pagina: “Guerra fredda al tempo del disordine”: dove si ricorda che la vecchia Guerra Fredda ebbe nei boicottaggi olimpici, Mosca 1980 per gli americani in protesta contro l’invasione sovietica in Afghanistan, e Los Angeles 1984 in ritorsione russa, due episodi malinconici. Lo sport era ring tra democratici e comunisti”.
Sul Corriere si citano stralci dal rapporto Wada. Tra l’altro un “ispettore pentito della Rusada (l’agenzia antidoping di Stato, di cui l’Agenzia ha chiesto la sospensione)” che “ha confessato le angosce che lo assalivano dal momento del prelievo del campione di urina (o sangue) all’atleta a quello della consegna al laboratorio moscovita. Uomini del Fsb (l’ex Kgb) lo seguivano passo passo pretendendo di conoscere i codici delle provette: tenevano informati i tecnici che si preparavano ad alterarle”. E poi: “Sul conto corrente di Grigory Rodchenko, l’onnipotente direttore, protetto dai servizi segreti, la Wada ha evidenziato infatti i regolari bonifici dagli atleti che volevano coprire le loro positività. Rodchenko taroccava costantemente le analisi e, lo scorso anno, ordinò l’immediata distruzione di 1.417 campioni di urine che la Wada aveva chiesto di riesaminare. Deprecabile errore umano, secondo lui. Depistaggio per la Wada”. A Mosca c’era anche un “laboratorio di Stato «parallelo», più attrezzato di quello ufficiale. Diretto dallo scienziato Bezhanishvili, il laboratorio era specializzato nel neutralizzare i campioni biologici positivi e, allo scopo, conservava grandi quantità di urina ‘pulita’ per eventuali rabbocchi. Attiguo al centro, un polo trasfusionale risolveva ogni problema: non di soggetti malati ma di atleti in perfetta forma”.
Ancora sul Corriere Luigi Ippolito scrive del “connubio dispotismo-successo sportivo”, cita il caso “esemplare” della Ddr negli anni Settanta e Ottanta e poi della Cina, si cui si sono “appuntati sospetti”. “Adesso l’Agenzia mondiale antidoping ha appena scoperchiato il verminaio dell’atletica russa, drogata a uso e consumo del putinismo. Un regime, quest’ultimo, che ha fatto del culto fisico del capo un elemento fondante della propria narrativa: e che dunque proietta sullo sport le sue ansie da grande potenza, come si è visto alle recenti Olimpiadi invernali di Sochi.
Ma la morale è che le vittorie di cartapesta non reggono alla prova dei fatti”.
La Repubblica, pagina 2: “’Russia, è doping di Stato: atletica via da Rio’. La replica: ‘E’ un complotto’”, “1417 provette distrutte, chiesta la radiazione di cinque atleti. Il ministro dello sport Mutko: ‘Non squalificheremo nessuno’”. Nicola Lombardozzi, da Mosca, spiega che al centro di tutto c’è il laboratorio dell’Adc russo, una cupa palazzina grigia nella zona residenziale orientale di Mosca: il centro antidoping, costruito nel 1976 per preparare le storiche Olimpiadi sovietiche “Mosca 80”: sarebbe stato al centro della gigantesca truffa sportiva, il suo dirigente Rodchenkov avrebbe distrutto 1.417 provette. E l’Fsb, i servizi segreti avrebbero addirittura impiantato una specie di laboratorio fantasma dove fare analisi preliminari.
A pagina 4: “Quei 12 mila test ignorati per anni, così è nata l’inchiesta shock”, “Il caso Schwazer ha portato alla luce un database in cui erano ‘schedati’ 5.000 atleti”.
E Emanuela Audisio racconta questa “storia”: “La patria e gli atleti artificiali, dalla Germania Est alla Cina, le vittorie come arma segreta”. Si ricorda “il sistema DDR”: “laboratori, steroidi alle ragazzine, propaganda: così un Paese di 16 milioni di abitanti vinse 519 medaglie alle Olimpiadi”. Ma anche “le ombre in Occidente”: “Gli Usa coprirono i loro campioni negli anni ’80. E anche l’Italia fu travolta dall’idea della scienza al potere e si affidò a Conconi”.
Ne scrive anche Vittorio Zucconi in una analisi in prima pagina: “La guerra fredda delle medaglie”.
Renzi, Pd, Sinistra italiana
Il Corriere: “Renzi cita i diritti umani nella visita in Arabia”. Si legge che “ha posto” la questione dei diritti umani. “’Non è stata una ingerenza ma un atto dovuto’ ha spiegato lo stesso capo del governo ai cronisti che lo hanno accompagnato nella missione a Riad”. Negli incontri è stato posto il caso di Ali Al Nimr, “il giovane condannato a morte dopo aver preso parte a una manifestazione a soli 17 anni”. Il caso è al centro di una campagna internazionale.
Secondo Il Giornale Renzi ha posto ai sauditi anche il problema del blogger Raif Badawi, il blogger condannato alla fustigazione. Il quotidiano diretto da Sallusti scrive anche: “Renzi getta la spugna. Metropoli già perse. ‘Punto al referendum’”. Si ricorda che il presidente del Consiglio ieri era in Arabia Saudita e oggi sarà a Milano per “aprire la fase del dopo Expo” ma anche per “iniziare a mettere la testa sul rebus delle amministrative”. Nell’articolo si sottolinea che Renzi dovrà occuparsi anche della legge di stabilità, oltre che della “partita assai più complicata” delle “candidature per le amministrative”.
Sul Sole si legge che “la (probabile) candidatura di Giuseppe Sala alle amministrative di Milano si farà attendere ancora per qualche giorno” anche perché “i vertici del Pd milanese preferirebbero che la questione rimanesse ‘cittadina’, per evitare l’effetto di una candidatura imposta dall’alto”. Sala vorrebbe “sottrarsi a una guerra tra partiti nel centrosinistra” mentre gli stessi partiti si stanno “spaccando intorno a questa possibile candidatura. La novità di ieri, infatti, è che il raggruppamento di Sinistra Italiana ha fatto il suo esordio anche a Milano, e ha già manifestato dubbi sulla presenza del commissario come candidato”. Ieri la coordinatrice cittadina del nuovo partito dice che per ora la loro preferenza va a Pier Francesco Majorino “che incarna alcuni valori nei quali Sel si riconosce”. Su Sala “nell’attimo in cui lui ufficializzerà la sua candidatura il gruppo dirigente milanese ha preso l’impegno di sottoporla al proprio popolo”.
Il Fatto, pagina 2: “Renzi inciampa sul decumano. Tutti i no al progetto ‘2040’”, “Un tecnopolo per il dopo Expo. Il premier lancia il suo progetto, d’intesa con Micheli, Veronesi e Carrai. Ma il mondo della ricerca milanese lo boccia: ‘Ci umilia’”, “Oggi a Milano. La presentazione ufficiale del presidente. Il rettore della Bicocca: ‘Sono basita’”. A pagina 3, sulla candidatura possibile di Giuseppe Sala alle comunali di Milano: “Il candidato, i ‘soci’ arrestati e le indagini rimaste nel freezer”, “Expo si aprì con le manette ai collaboratori dell’ad. Poi l’inchiesta si fermò per ‘sensibilità istituzionale’”.
La pagina 4 si occupa invece di quelle che definisce “le spese occulte”: “Scontrini Renzi-Nardella. A queste cinque domande non rispondono” (Perché il sindaco di Firenze Nardella non fa come Marino e non pubblica i dettagli delle spese di rappresentanza sue e di Renzi, che lo ha preceduto nell’incarico? Perché il Pd e Fi hanno votato insieme contro la relazione sulla trasparenza del Comune di Firenze? Perché la sua giunta vieta l’accesso agli atti ai consiglieri di opposizione -Sel e M5S- che ne hanno diritto per legge? Perché ritiene che i cittadini e la stampa non debbano verificare la correttezza delle spese sue e del predecessore? Perché sfugge da settimane alle domande dei giornalisti?). Davide Vecchi firma l’articolo a pagina 4 e sottolinea che “Le ricevute rimangono nei cassetti del sindaco di Firenze. Mentre a Roma Marino le ha pubblicate prima di essere cacciato”.
Sul Giornale: “La ‘Cosa rossa’ vale il 10 per cento e corteggia i grillini. Ma comincia a sbandare”. “Fassina apre al M5S per le Comunali di Roma e i suoi lo smentiscono. I timori del Pd: Sinistra italiana può metterci in difficoltà al Senato”.
Su La Stampa: “La Sinistra apre al M5S: potremmo anche votarli”, “Fassina: ‘Ai ballottaggi nulla è precluso’. Speranza: il Pd può discutere?”. Il quotidiano riferisce le parole dell’ex dem Stefano Fassina. Ora uno dei leader della neonata Sinistra Italiana: “Non precludo la possibilità di sostenere un candidato del M5S”. E’ “un rumoroso schiaffo al Pd”, scrive il quotidiano. La risposta, secca, arriva via Twitter dal presidente Pd Matteo Orfini: “La cosiddetta sinistra si dice pronta a votare la destra populista di Grillo”.
La Repubblica, alle pagine 6 e 7, con foto della stretta di mano del presidente del Consiglio Renzi al re saudita Al Saud: “Renzi: fallite due spallate. Ma Fassina: ‘Contro il Pd a Roma ok anche Grillo’”, “Il premier: l’orizzonte del governo resta il 2018. Speranza: sulle comunali manca una strategia”. Scrive Giovanna Casadio che Renzi non sembra preoccupato: né da Sinistra Italiana, né dalla piazza della destra di domenica a Bologna. E si riferiscono le sue parole: “Abbiamo respinto la doppia spallata della destra e della sinistra e ora l’orizzonte è il 2018”.
E Stefano Folli, nella sua rubrica ‘Il punto’: “Le schegge della sinistra e la trappola del voto locale”, “Fassina e i giochi di palazzo su Roma: si sfrutta il risentimento verso il premier come scorciatoia per legittimarsi”.
A pagina 7, un’intervista a Roberto Fico, M5S e presidente della Commissione parlamentare di Vigilanza sulla Rai: “Nessuna alleanza neanche al ballottaggio, si votano i programmi”, “Apprezzo che Fassina e soci lascino il Pd, ma con la loro Cosa rossa si sono svegliati tardi”, “Il Movimento può accettare convergenze sui temi, ma non fa accordi su poltrone”.
M5S
Sul Corriere si parla di Patrizia Bedori, candidata M5S a Milano, che da oltre cinque anni è in consiglio di zona e per questo rifiuta di essere definita inesperta. Sul fatto che sia stata scelta da poco più di 300 votanti dice che lo stesso metodo è stato usato anche alle scorse comunali. Dice che il programma comincerà ad essere definito dal 15 novembre, “ascoltando le esigenze dei cittadini” perché “è proprio l’ascolto quello che è mancato a Pisapia”.
Ancora Il Corriere offre un ritratto di Chiara Appendino, candidata del M5S a Torino “secondo i sindaggi la sfidante più pericolosa di Piero Fassino”, consigliera comunale e protagonista di molti scontri con il sindaco, che una volta disse: “Un giorno lei si segga su questa sedia e vediamo se sarà capace di fare tutto quello che ha auspicato di saper fare”. Appendino è agli ultimi mesi di gravidanza. Il titolo: “La bocconiana incinta: ascolto chi non ci segue”. Dice che sono già pronti “venti gruppi di lavoro per sondare i bisogni della città”. Si propone di “riorganizzare la macchina comunale ed eliminare gli sprechi”.
Lega, centrodestra
Su La Repubblica un articolo di Tommaso Ciriaco sul futuro del centrodestra: “I moderati di Forza Italia tentati da della Valle, scissione prima del voto”, “Ipotesi di nuovi gruppi a ridosso delle elezioni, contatti con ex Ncd e Fitto. Salvini: violenti liberi, giustizia schifosa. Pure Alfano critico, Anm ‘stupita’”, “Tra gli azzurri pesa anche la paura di non essere ricandidati: in un listone unico guidato dalla Lega, a Fi andrebbero solo 30-40 posti”.
A pagina 11, intervista ad Altero Matteoli, senatore forzista ed ex An: “Se comanda la Lega regaliamo al premier i voti del centro”, “oggi Renzi viene abbandonato dalla sinistra e deve radicarsi ancor più nell’area moderata, la nostra”.
Su La Stampa, se ne occupa Amedeo La Mattina: “Forza Italia resta scettica sulla leadership di Salvini, ‘Al Sud non può sfondare’”, “Ma lui prepara il cambio di statuto per togliere la parola ‘Nord’”. E in un’intervista, Roberto Formigoni, senatore Ncd, dice: “Maroni si dissoci da Matteo. E per Milano noi guardiamo a Sala”, “Il senatore di Ncd: non abbiamo più guance da porgere alla Lega. Se il governatore non chiarisce, salta l’alleanza in regione”.
Il Corriere intervista Matteo Salvini: “Non comandiamo noi e sul capo si vedrà ma io posso sfidare Renzi”. “Ma secondo lei vado in giro a dire che farò il capo del centrodestra?”, chiede al giornalista. Dell’intervento di Berlusconi dice tra l’altro che è felice che “sull’Unione Europea abbia parlato una lingua più vicina alla nostra”, e “per quanto mi riguarda posso anche dire che non ci interessa in quale gruppo stia Forza Italia in Europa”. Dice “siamo d’accordo sulla flat tax, sulla riforma della giustizia e su parecchio altro ma dobbiamo formulare un programma di ferro”. Su Roma se Meloni si candida “la sosteniamo, anche se vogliamo sapere le proposte”. Sulla Lombardia non teme ripercussioni dopo gli attacchi ad Alfano. Alla domanda se la Lega dismetterà l’indipendentismo risponde “stiamo lavorando per concretizzare le idee geniali del professor Miglio”, “il punto è l’autogoverno di tutti i territori”, “ci ragioneremo”, tra febbraio e marzo ci sarà il congresso, “lo sforzo della Lega è quello di rimanere Lega ma guardando avanti”.
Il Giornale: “Salvini archivia la secessione e lancia il Carroccio nazionale. Il leghista oggi a Roma per pianificare con gli alleati l’opposizione alla Stabilità. L’ipotesi di eliminare ‘l’indipendenza della Padania’ dallo statuto del partito”.
Il Giornale intervista Mario Mauro: “Questa alleanza non spaventa il Ppe. Il vero estremista in Italia è Renzi”. Sbaglia chi afferma che andando a Bologna Berlusconi si sia mostrato subalterno a Salvini. “Devo dire che la scelta di Berlusconi ha aumentato la stima che ho per lui perché ha dimostrato di avere ancora una visione politica lungimirante ed in grado di offrire all’elettorato moderato una scelta che può essere vincente”. Mauro dice che Renzi gli fa più paura di Grillo perché il premier “sta riscrivendo la Costituzione a suo uso e consumo per potersi eleggere tutto da solo”.
Sul Foglio Claudio Cerasa si rivolge alla “sinistra che insegue Grillo” e alla “destra che insegue Salvini”. Su quest’ultimo punto scrive che “Berlusconi ha troppa esperienza per non sapere che scommettere sul modello della destra salviniana in un momento in cui l’altro Matteo ha deciso di puntare sugli elettori di Forza Italia (la prima casa, il ponte, manca solo la restituzione dell’Imu…) è un boomerang grande così”.
Stabilità
Sulla legge di Stabilità il Corriere scrive che in commissione Bilancio sono arrivati oltre 3600 emendamenti e che tra le “proposte evidenziate dalla maggioranza” si segnala la “stabilizzazione della cedolare secca al 10 per cento sugli affitti”, l’aumento fino a 20 mila euro del bonus per l’acquisto di mobili per le coppie fino a 40 anni, la decontribuzione totale per le imprese del sud, l’aumento al 160 per cento dei cosiddetti “super ammortamenti”, l’aumento della quota di ecobonus per i lavori di efficientamento energetico. Inoltre “trova appoggio anche fuori dal Pd, ad esempio in Ap, Lega Nord, e Gruppo Misto, l’idea di prevedere un’aliquota Imu-Tasi ridotta al massimo al 4 per mille per i proprietari che affittano le loro abitazioni a canone concordato”. A chiedere l’abbassamento del limite del contante sono Sel e M5S mentre la Lega propone di innalzare il limite a 12.500 euro (Forza Italia 6 mila). Sono arrivate anche – trasformati in emendamenti – alcune proposte dei sindaci: istituire una imposta sul traffico passeggeri in porti e aeroporti e cancellare lo sconto del 30 per cento sulle contravvenzioni pagate entro cinque giorni.
Catalogna
Due intere pagine de La Stampa sono dedicate a Spagna e Catalogna: “La Catalogna rompe con la Spagna, ‘Saremo uno Stato repubblicano’”, “Il Parlamento regionale approva la mozione che avvia il processo di indipendenza. Il leader Mas: liberi in 18 mesi. Il premier Rajoy: ricorreremo alla Corte costituzionale”. E il quotidiano intervista il leader della sinistra indipendentista Oriol Juynqueras: “Non siamo né xenofobi né anti spagnoli. Rispettiamo solo la volontà dei catalani”, “Macché leghisti…Nella nostra repubblica spazio per tutti, si parlerà anche castigliano”. A pagina 5 l’analisi di Emanuele Triglia da Madrid: “A Madrid nessuno ha la ricetta per uscire dal tunnel catalano”, “I popolari vanno allo scontro finale, i socialisti contrari al referendum. Anche Ciudadanos e Podemos non convincono: è il punto di non ritorno”.
Su La Repubblica, un intervento dello scrittore spagnolo Javier Cercas: “Come i golpisti. Vogliono cambiare violando leggi e democrazia”, “E’ uno dei fatti più gravi dal tentato colpo di Stato dell’81’. I vero colpevole è Artur Mas, che ha messo il suo paese in pericolo per salvarsi dalle inchieste”, “Difficile prevedere cosa accadrà. Le vie d’uscita: un referendum o un accordo tra Madrid e Catalogna”, “Molti di quelli che hanno votato gli indipendentisti sono pentiti. Non immaginavo uno strappo così violento”.
Birmania
Il Sole: “Svolta storica in Myanmar, la Lega di Suu Kyi verso il 70 per cento. Si citano le parole della leader birmana: “Il vincitore deve essere umile ed evitare comportamenti che possano offendere gli altri. La vera vittoria deve essere per il Paese, non per un gruppo di individui”. Scrive il quotidianoche 47 dei 53 seggi scrutinati sono andati al suo partito, la Nld. Si ricorda che i militari si sono riservati la nomina del 25 per cento dei parlamentari, e che a questi si sommeranno gli eletti dell’Usdp, Union solidarity and development party, alleato dei militari. Le Camere si insedieranno a febbraio ed eleggeranno il capo dello Stato.
Sul Corriere viene intervistato Amartya Sen, “l’amico Amartya”. Sulla Costituzione birmana che vieta di essere eletto presidente a chi ha figli con passaporto straniero dice che cambiare il punto è “una via tortuosa e lunga” e “nel frattempo lei potrebbe diventare una sorta di presidente ombra dotato di potere reale dietro al presidente formale scelto dal suo partito”. Solo che così i generali potrebbero “ergersi a paladini della Costituzione” e reagire. Sen consiglia ad Aung San Suu Kyi di “tenere ai primi punti della sua agenda la questione delle minoranze etniche” e ricorda che nel maggio scorso “è stata duramente criticata per il suo silenzio” sulla repressione dei musulmani Rohingya nel maggio scorso, “un silenzio che molti non si aspettavano da questa paladina dei diritti umani”. Forse allora ha taciuto per “motivi strategici”, “non è escluso che sia stata una trappola architettata dai generali per farla fuori politicamente” ma ora “non potrà più tacere”.