BRACCIO DI FERRO SUL DEBITO AMERICANO. Fmi: si rischia lo shock

Pubblicato il 26 Luglio 2011 in da redazione grey-panthers

Le aperture

Il Corriere della Sera: “Debito Usa, paura in Borsa. A Washington muro contro muro. Il Fondo Monetario: rischio choc globale. Milano perde il 2.48. Obama si rivolge alla nazione: dobbiamo evitare il default”. In alto, la strage in Norvegia: “Il killer minaccia ancora: ‘altri pronti a colpirvi’. In tribunale ha sostenuto di essere stato aiutato da ‘due cellule’. La polizia correge l’elenco dei morti: 76”. Da segnalare in prima pagina un articolo firmato da Pierluigi Bersani: “Il Pd e le inchieste. Una legge sui bilanci dei partiti”.

La Repubblica: “Borsa, attacco alle banche. Piazza Affari perde il 2,5 per cento. Lo spread torna a quota 280. C’è una stangata anche sui rifiuti. Milano la peggiore d’Europa. Fmi, allarme default per gli Usa”. Due commenti in prima pagina: “La lezione del 1992”, di Tito Boeri, e “Ma quel fondo è troppo debole”, di Maurizio Ricci. Di spalla, con foto dell’attentatore: “In aula il carnefice di Oslo. ‘Due cellule mi hanno aiutato’. La folla tenta di linciarlo”. A centro pagina la morte di un soldato italiano in Afghanistan. “Scontro a fuoco con i taliban. Muore un parà, un altro grave. Quarantunesima vittima in Afghanistan. La Lega: che senso ha continuare la missione?”.

Il Sole 24 Ore: “Stallo Usa e Grecia, corsa all’oro. Braccio di ferro sul debito americano. Fmi: si rischia lo shock. Moody’s declassa Atene. Listini nervosi su conti di Washington e piano Ue. Piazza affari cade ancora. Btp-Bund a 290, record dei beni rifugio”. Commento di Adriana Cerretelli da Bruxelles: “Abbattere il tabù eurobond”.

La Stampa: “Borse in tensione. E piazza Affari fa peggio di tutte”. Accanto: “Il killer: non ho agito da solo. Norvegia, in tribunale parla di due cellule. La folla tenta il linciaggio”. A centro pagina: “Afghanistan, muore un altro parà. Ci sono due feriti. In Senato il rifinanziamento delle missioni: i dubbi della Lega”. In  prima pagina anche due richiami: “Caso Penati, si indaga su altri finanziamenti”. E poi, il toto-ministri: “Nitto Palma in pole per il dopo Alfano”. In prima pagina un intervento del segretario generale Onu Ban Ki-Moon, sotto il titolo: “Facciamo il miracolo di salvare la Somalia”.

Europa: “Il Carroccio non si ritira ma prepara il vero colpo. In  Afghanistan 41esima vittima. Ma la sfida del premier sarà sulle leggi ad personam. Muore un altro parà, oggi il voto sulle missioni con il mal di pancia leghista”.

Il Giornale: “Diversamente ladri. Moralisti con gli altri, indulgenti con se stessi: ma ora nuove (e pesanti) accuse smascherano i compagni. Caso Penati, come mai la procura ha aspettato il dopo elezioni?”.

Libero: “Ecco il tangentificio rosso. Dall’inchiesta sull’ex braccio destro di Bersani emerge il ‘sistema della caparra’: soldi veri per finte compravendite. Nuovi dubbi sull’affare Serravalle. E Penati lascia la carica (ma non lo stipendio)”.

Il Riformista: “La difesa di Bersani. Il leader del Pd: noi diversi, Tedesco si dimetta. Penati lascia la vicepresidenza del consiglio regionale e gli incarichi di partito. Il segretario scrive al Corsera: non è vero che sono stato zitto. I nostri parlamentari si comportino come i comuni cittadini”.

Usa

Ieri sera, in diretta tv, hanno parlato al Paese il presidente Usa Obama e lo speaker repubblicano della Camera Boehner. Il primo ha ribadito il suo no alle proposte dei Repubblicani sul bilancio, condizione per il sì dell’opposizione alla legge che consenta lo sforamento. Il Paese è a rischio default, Obama ha ricordato che Reagan ha alzato il tetto del debito per diciotto volte, ma l’intesa tra Repubblicani e Democratici è lontana. Si fronteggeranno due piani diversi per i due schieramenti.
Per Il sole 24 Ore c’è ancora la possibiltà che Obama invochi il quattordicesimo emendamento della Costituzione che attribuisce poteri speciali al Presidente per poter ripagare il debito la cui validità, dice la Costituzione “non sarà messa in dubbio, inclusi i debiti per le pensioni o per pagare i servizi utili a reprimere le ribellioni”. Al corrispondente del Sole risulta che il presidente repubblicano della Camera Bohener abbia chiamato personalmente alcuni dei grandi protagonisti della finanza americana per rassicurarli che forse non ci sarà accordo per evitare il default americano, ma “pagheremo i nostri debiti”.
La Stampa intervista l’economista Sandro Brusco, della Stony Brook University di New York, che sottolinea come sia improprio parlare di default poiché, contrariamente alla Grecia, cui nessuno vuole più prestare un centesimo, il mercato continua a credere negli Usa. Per Brusco gli Usa non hanno un problema finanziario, ma istituzionale, a causa di una bizzarria unica al mondo, che è il tetto al debito stabilito per legge e “spesso sfruttato a fini elettorali”: “Ci si oppone all’aumento del limite anche in maniera scontata per mostrarsi paladini del rigore, compreso un ex senatore, un certo Obama, che in passato votò contro”. Ironizza, il professore, sui rating di Standard e Poor’s, che ha modificato l’outlook sugli Usa, e dice: “Per modificare il tetto del debito ci vogliono tre minuti. Mi sembra evidente che entrambe le parti politiche stiano sfruttando la vetrina per fini elettorali”, “ammettiamo pure che non si trovi l’accordo per il 2 agosto”, “ebbene, il 3 agosto le vedove di guerra inonderebbero le piazze, perché salterebbero le pensioni, e il 4 agosto l’intesa ci sarebbe”. Spiega ancora Brusco: “La legge dice che Obama può indebitarsi fino a un certo limite. Oggi, 14200 miliardi di dollari. Dopo quella cifra è vero che il Tesoro non può andare sul mercato, ma solo perché deve avere il via libera del Congresso, non perché i mercati non di fidano più. E nel caso di emergenza Obama può anche aumentarlo unilateralmente”.

Norvegia

Il Riformista intervista Stein Willumstad, norvegese, segretario generale dello European Council of religious leaders, una associazione con sede a Oslo che si occupa di dialogo interreligioso, che si dice convinto che in Europa non vi sia esattamente un “terrorismo cristiano” simile a quello che negli Usa ha portato i suprematisti bianchi a organizzare un attentato come quello di Oklahoma city. Dice Willumstad: “Ci sono movimenti molto conservatori in Europa, ma non credo ci sia un movimento violento di ‘destra cristiana’, “piuttosto credo che alcuni gruppuscoli con una politica nazional-populista stiano usando il cristianesimo come strumento per le loro tesi politiche”. Anche in Norvegia, dice, “ci sono movimenti conservatori contrari, ad esempio, al riconoscimento delle coppie gay, all’aborto, all’immigrazione. Ma non hanno mostrato carattere violento. E le loro posizioni sembrano animate da motivi culturali, non religiosi. I servizi di sicurezza non avevano giudicato un pericolo questi gruppi, e non a caso non si erano mai accorti di Breivik.
La Repubblica intervista lo scrittore e giornalista norvegese Thomas Enger, autore di “Morte apparente”. Gli viene chiesto cosa l’abbia colpito di più del manifesto dell’assassino: “Mi colpisce in quanto lavoro certosino di un essere umano disturbato. Non dovremmo considerare il gesto di Breivik un atto politico. Mi sembra soltanto pura malvagità ammantata dalla retorica di un pazzo”. Dell’assalto e della rabbia contro l’attentatore manifestata dalla folla, che ha chiesto la pena di morte, dice: “Quando le nostre ferite cominceranno a guarire, la maggior parte della gente capirà che il nostro sistema giudiziario è forte, nonostante le polemiche. E’ possibile che da questo dibattito derivi un innalzamento della pena massima di 21 anni. Già prima c’era chi riteneva fosse insufficiente per alcuni reati”.
Asne Seierstadt, scrittrice norvegese autrice de “Il libraio di Kabul”, intervistata dal Corriere, dice che l’attentatore “è rappresentativo di un segmento oscuro della società norvegese”, dove sono diffusi sentimenti anti-immigrazione, anti-islamici e xenofobi, analoghi a quelli di altri Paesi europei: “Molti norvegesi, forse la metà, sono convinti che gli immigrati musulmani sfruttino il sistema sociale, il welfare che abbiamo costruito pagando tante tasse e del quale siamo orgogliosi. Ed è vero che ci sono abusi: per esempio molte coppie islamiche divorziano, ma solo formalmente, perché una madre divorziata con figli prende un assegno mensile pari allo stipendio di un avvocato”. La scrittrice accusa i laburisti di aver seguito in qualche modo le istanze del partito Frp, il “partito del Progresso”, di orientamento conservatore: “Non tanto nella retorica, ma nella sostanza. La legge sull’immigrazione è già più severa che in passato. Per questo i giovani laburisti sono così critici contro il loro stesso partito e chiedono più apertura agli stranieri, più multiculturalismo e integrazione. Per questo Breivik ce l’aveva tanto con loro, che considerava agenti del nemico islamico.

Pd

“Noi non rivendichiamo una diversità genetica. Noi vogliamo dimostrare una diversità politica”: lo dice Pierluigi Bersani, in una lettera al Corriere della Sera, in cui parla delle inchieste che toccano dirigenti del Pd, a partire da quella della Procura di Monza. Bersani ribadisce: “Abbiamo fiducia nella magistratura. Confindiamo che Penati possa vedere presto riconosciuta l’innocenza che rivendica con forza”. Intanto Penati si è fatto da parte, perché “in caso di inchieste le istituzioni e il partito non devono essere messi in imbarazzo, in attesa che le cose si chiariscano”. Su Tedesco Bersani dice: “Abbiamo indicato l’opportunità di un passo indietro”. E poi: “Chiediamo una legge sui partiti che garantisca bilanci certificati, meccanismi di partecipazione e codici etici, pena l’inammissibilità a provvidenze pubbliche o alla presentazione di liste elettorali”. Bersani spiega che il suo partito, “unico tra tutti i partiti italiani, fin dalla sua nascita, sottopone il proprio bilancio a una primaria società indipendente di certificazione”. E tuttavia Bersani spiega che “a prescindere dalle loro conclusioni, non neghiamo il turbamento che ci viene dalle indagini in corso”. La lettera è titolata: “Pd turbato, ora occhi aperti. Bersani: sappiamo di non essere immuni dai rischi. La severità va applicata anzitutto a noi stessi”.
Il Riformista, che dà conto della lettera di Bersani (“Penati si fa da parte, Bersani difende il Pd”), racconta che “anche Pavia imbarazza i democrats. A Pavia ha vinto alla provincia il senatore del Pd Bosone, che a questo punto dovrebbe lasciare uno dei due incarichi. Ma non pare aver intenzione di farlo: “Mi hanno votato non perché rinunciassi a un incarico, ma perché l’uno fosse di aiuto all’altro, per autorevolezza e competenze”. Eppure lo statuto del Pd prevede che gli iscritti non possano far parte contemporaneamente di più di una assemblea elettiva e di un organo esecutivo. Fassino si è dimesso da parlamentare, Bosone non ha intenzione di farlo.
Su La Repubblica, l’ex sindaco di Torino Sergio Chiamparino plaude al “passo indietro” di Penati, che, dopo essersi dimesso dalla vicepresidenza del Consiglio regionale lombardo, ha lasciato tutti gli incarichi di partito. Ma il problema non è solo Penati: “La politica è debole. Quando è così diventa subalterna agli interessi del mondo economico e a quelli dei magistrati”. Per questo serve una strategia anti-casta: “Senza retorica, ma anche senza proposte fumose. Il primo atto potrebbe essere l’abolizione della autorizzazione all’arresto”. Domanda: “L’amministrazione locale non può fare a meno di sporcarsi le mani?”. Chiamparino: “Faccio un ragionamento che prescinde dalla posizione di Penati. Anzi, per come lo conosco, penso che Filippo uscirà assolutamente pulito. Ho amministrato dieci anni Torino e ogni giorno ho avuto a che fare con un insieme di interessi”, “noi, tra Olimpiadi, Metropolitana e passante ferroviario, abbiamo gestito cinque miliardi investimenti. La Procura ci ha passato al setaccio. Non è venuto fuori niente. Come abbiamo fatto? Con una politica forte. Quando gli interessi si trovano davanti un interlocutore solido, si adeguano e ridimensionano le loro aspettative”. Chiamparino dice anche che “il pericolo di una subalternità rispetto ai giudici esiste. La riforma della giustizia è un tema vero, ma gli interessi privati di Berlusconi hanno impedito che fosse affrontato”. L’autorizzazione a procedere per l’arresto “aveva un senso cento anni fa, quando l’avvocato socialista, che difendeva i braccianti contro i latifondisti, doveva avere uno scudo contro i padroni”. E poi: “non si capisce perché il sindaco di una grande città, se una bella mattina arriva la Finanza, può finire in manette, e il deputato ha invece la protezione della Camera.
Il senatore Pd Ignazio Marino, interpellato da Il Fatto, dice: “Ritengo sbagliata la legge che ci permette di votare su un un nostro collega e a lui stesso di esprimersi”. Per Marino servirebbe un organo terzo che decida, e non va ricandidato chi ha già tre legislature.

Fame

La Stampa dedica due pagine alle emergenze umanitarie, alla fame, alla carestia nel Corno d’Africa. Ieri si è tenuto a Roma un vertice di emergenza della Fao, che ha statuito che 12 milioni di persone rischiano la morte. Di fianco, un articolo con copyright Tomdispatch.com, che analizza i rapporti tra gli aumenti dei prezzi delle derrate alimentari, del grano, con il cambiamento climatico e l’incidenza del prezzo del petrolio (presente sotto forma di fertilizzanti e di carburante per le macchine agricole). Anche alla luce delle rivolte scoppiate nel nordAfrica. Senza dimenticare che durante le rivolte in medio Oriente, le grandi società di commodities traevano profitto dall’aumento del prezzo del grano.
Anche su Il Riformista, spazio per la emergenza umanitaria nel corno d’Africa, anche per via della difficoltà di far arrivare aiuti nel sud Somalia, controllato dagli estremisti islamici shebab. Con una attenzione a quello che per organizzazioni come Survival International è una ipocrisia alla base della carestia: secondo l’organizzazione, molte delle terre più fertili dell’Etiopia (ma vale anche per tanti altri Paesi africani) sono state sottratte alle tribù locali per essere affittate ad aziende straniere, spesso a basso costo, per produrre biocarburanti o prodotti alimentari ad uso esclusivo del mercato estero. E’ il fenomeno del landgrabbing, accaparramento delle terre, quasi una forma di neocolonialismo che insieme alle guerre e alle carestie affligge le genti del corno d’Africa.

(Fonte: La Rassegna Italiana di Ada Pagliarulo e Paolo Martini)