Le aperture
La Repubblica: “Bombardata Gaza, migliaia in fuga. L’Onu chiede la tregua”, “Primo blitz via terra delle forze speciali israeliane”, “Netanyahu: tempi lunghi. Appello del Papa: ‘Fermatevi’”.
In grande evidenza e con foto dei campioni del mondo: “La Germania si prende anche il mondiale”.
A centro pagina, il richiamo ad un’intervista del leader del Nuovo Centro destra: “Alfano: ‘Patto con Renzi ma via l’art. 18’”.
Il Corriere della Sera: “Civili in fuga, si tenta la tregua. Appello di Abu Mazen all’Onu. Esodo dei palestinesi dal Nord sotto attacco. Gli europei provano a mediare, ma continuano raid e razzi”.
A centro pagina, con foto: “Campioni (anche) dle mondo. La Germania batte l’Argentina con un gol ai supplementari”.
A centro pagina le riforme: “Dal Pd a Forza Italia l’avviso dei dissidenti a Renzi e Berlusconi”. “Fitto: sbagliamo, ipnotizzati dal premier”.
Da segnalare in prima anche un intervento di Enzo Moavero Milanesi, dedicato all’Europa: “L’Europa chiede attìi concreti, non slogan”. E poi un articolo dedicato alle nomine Ue: “Polacchi e baltici contro Mogherini”, considerata “troppo amica della Russia”.
La Stampa: “Riforme in Aula. Ultimatum di Grillo a Renzi”, “’Ci risponda sull’incontro’. Boschi: ci sarà”, “Alitalia, summit con le banche. Lupi: avanti anche senza Cgil”.
A centro pagina, i Mondiali: “Messi non è Maradona. Germania campione”.
Sotto la testata: “Bombe su Gaza, migliaia di palestinesi in fuga. Pressing Usa su Netanyahu”, “Israeliani a caccia degli arsenali di Hamas”.
L’Unità: “Gaza, fuga dalle bombe”, “Escalation Israele-Hamas: migliaia di civili abbandonano le loro case dopo l’avviso di bombardamenti. Prima incursione via terra. Dagli Usa nuova offerta di mediazione. Renzi: fermare gli estremisti”.
In taglio basso: “Senato, la battaglia in Aula”, “Da oggi il confronto sulla riforma. La minoranza del Pd contro gli attacchi del premier. Grillo insulta e lancia un ultimatum sulla legge elettorale”.
A fondo pagina una inchiesta sul poligono di Quirra, ovvero “la tragica storia di un disastro ambientale”, e un articolo del Ministro della Difesa Pinotti: “Nuova bussola per la difesa”.
Il Giornale: “La verità di Berlusconi” sul processo Ruby: “Dalle cene di Arcore alla telefonata in Questura, dall’affidamento al ‘caso’ Mubarak: ecco le dichiarazioni del Cavaliere ai giudici che dovranno decidere in appello”. La prima pagina è occupata da un articolo a firma di Silvio Berlusconi, con le sue dichiarazioni al Tribunale.
E poi: “Riforme, Forza Italia blocca Fitto: non perdiamo più tempo”. In evidenza anche la vittoria della Germania ai mondiali: “La Germania marcia sul mondo”. A centro pagina: “L’Italia tifa Hamas più dei palestinesi. Giornali e tv raccontano una verità a senso unico. Persino Abu Mazen è più moderato”.
Gaza
Il Corrriere offre un “diario dalla Striscia”, firmato dalla giornalista palestinese Abeer Ayyooub. Scrive tra l’altro che “Israele sostiene che Hamas si serve dei palestinesi di Gaza come scudi umani, ma nulla è più lontano dalla realtà”, e che “per mettere fine ai lanci missilistici da Gaza, Israele deve rinunciare all’aggressione e all’oppressione della popolazione palestinese, aprendo i confini in modo che possa rifornirsi delle materie prime indispensabili per lavorare e produrre. Consentire alla gente di entrare e di uscire da Gaza. E smettere di sparare sui pescatori e sui contadini occupati a svolgere il loro lavoro”.
Sullo stesso quotidiano si ricorda che “la Striscia di Gaza non produce esuli come altre guerre. Da qui non si può fuggire. A sud gli egiziani aprono la frontiera di Rafah per poche ore al giorno, e lasciano passare solo i feriti più gravi. Gli altri, le centinaia di palestinesi ammassati contro i cancelli e la barriera, vengono tenuti fuori. A nord c’è Israele. Che ieri ha permesso di uscire agli arabi con passaporti stranieri: dall’altra parte del valico di Erez li aspettavano gli autobus mandati dalle ambasciate dei vari Paesi”. Secondo il Corriere inoltre “nella Gaza dei sospetti, stordita dal rumore incessante dei droni che scrutano i vicoli, sarebbero ricominciate le esecuzioni dei palestinesi che il movimento fondamentalista accusa di passare informazione agli israeliani”. Ieri sarebbe successo a Rafah, dove un uomo è stato ammazzato per strada dai miliziani, accusato di essere un traditore.
Su Il Giornale Gian Micalessin scrive che “mentre i nostri mezzi di informazione ci regalano fremiti di indignazione per la tragedia di Gaza, una stampa internazionale solitamente più attenta agli affari del mondo ci dispensa cronache più misurate”. E cita una intervista di Abu Mazen alla televisione libanse Al Mayadeen in cui il presidente palestinese “scarica su Hamas le responsabilità delle vittime di Gaza, condanna chi ‘da entrambe le parti’ usa ‘la guerra per i propri interessi’ e ricorda che ‘gli unici a rimetterci saranno i palestinesi'”. Micalessin ricorda anche uno studio di Human Rights Watch sulla guerra a Gaza nel 2012: analizzando la morte dei 135 palesintesi uccisi da Israele in quelle operazioni militari ricordava come “Hamas metta a repentaglio le vite degli abitanti lanciando ripetutamente razzi da aree densamente popolati nei pressi di abitazioni, centri di affari e hotel”.
La Stampa intervista il politologo ed esperto di Islam politico, Olivier Roy, autore de ‘Il fallimento dell’Islam politico’: “Ma Hamas non ha più alleati, si è cacciata in una trappola”. Spiega Roy che la leadership di Hamas, “dopo l’accordo per il governo di unità nazionale con Abu Mazen”, non aveva nessun interesse nello scatenare una nuova guerra con Israele”. Ma la leadership del movimento è “molto indebolita” e il movimento stesso “si è frammentato sempre più, specie in Cisgiordania”. Ragion per cui “è bastato un incidente”, ovvero il rapimento e l’uccisione dei tre studenti israeliani a far saltare tutti gli equilibri: “sembra evidente -sottolinea Roy- che i tre siano stati uccisi da alcuni membri di una tribù, quella dei Qawasmeh, che appoggia Hamas ma ha anche 80 membri della famiglia detenuti in Israele. Voleva uno scambio di prigionieri, probabilmente, ma ha agito quasi di sicuro senza il consenso della leadership, basata a Gaza. In Cisgiordania Hamas non controlla i suoi, e poi non ha la forza per richiamarli all’ordine o anche condannare i loro gesti, perché prigioniera della sua stessa retorica di lotta senza tregua contro Israele. A quel punto era in trappola”. Ma ora può reggere l’attacco di Israele? “Le primavere arabe, e la controrivoluzione guidata dai sauditi, l’hanno lasciata senza alleati”. Roy sottolinea che l’ultimo alleato rimasto ad Hamas è l’Iran, malgrado Hamas rappresenti l’Islam sunnita e Teheran quello sunnita: ma all’Iran interessa di più siglare un accordo sul nucleare con gli Usa e uscire dall’isolamento, riprendendosi “un ruolo leader nel mondo musulmano”. Parlando poi degli islamisti dell’Isis di Al Baghdadi, Roy ricorda che “sono contro il nazionalismo arabo”, visto che auspicano la fusione delle nazioni islamiche nel califfato. E per questo “sono tiepidi con Hamas, che è una forza nazionalista”. E il premier israeliano? Netanyahu “è prigioniero della retorica quanto Hamas. E’ chiaro che preferirebbe evitare la guerra, ma l’escalation di rappresaglie e dichiarazioni è implacabile. L’Egitto? Quanto è sincera la sua mediazione? All’Egitto di Al Sisi “nemico numero uno dei Fratelli musulmani, in questo momento interessa schiacciare Hamas quanto e non più che a Israele”.
L’Unità dedica le sue prime tre pagine al conflitto Israele-Gaza: “Guerra di bombe e guerra di nervi. Volantini su Gaza: ‘Via, colpiremo’”. Spiega Umberto De Giovannangeli che l’esercito israeliano ha lanciato volantini sulla zona Nord della Striscia: “Chiunque trascuri le istruzioni metterà la vita di se stesso e della sua famiglia a rischio. Attenzione”, si legge nel volantino. Israele ha sollecitato gli abitanti ad abbandonare le case prima di mezzogiorno: “l’operazione dell’esercito sarà breve”, si legge ancora nella circolare scritta in arabo, dove si avverte che l’esercito “intende attaccare le infrastrutture terroriste ad est di Al Aaatara e della strada As Sultyan, e ad Ovest e nord del campo profughi di Jabalia”. E la cronaca è corredata da due interviste: “David Harris”, direttore esecutivo dell’American Jewish Committee, che ricorda che nel 2005 Israele ha lasciato Gaza, “dando alla popolazione locale la sua prima possibilità nella storia di governarsi autonomamente”, e “Hamas ha intrapreso il contrabbando di armi e accumilato un arsenale di missili e razzi mortali”. Dice che Israele vuole “due Stati per due popoli”, e che “quando la leadership palestinese finalmente riconoscerà in maniera inequivocabile il diritto di Israele di esisteree nella regione e- cosa non meno importante – preparerà il suo popolo per uno Stato palestinse che eeista a fianco di uno Stato ebraico, non al suo posto – allora la pace non sarà solo possibile ma inevitabile”.
Sullo stesso quotidiano viene intervistato Ryad Mansour, ambasciatore palestinese all’Onu, che descrive l’operazione israeliana come “una punizione collettiva”. “Non è più, se mai lo è stata, una guerra contro Hamas, ma una tragica, immane, illegale punizione collettiva inflitta al popolo palestinese”.
La Repubblica sottolinea che per la prima volta in questa crisi sono entrati in azione i navy seals israeliani, la Shayetet 13, uno dei coirpi speciali della Difesa. I commandos della Marina, già usati a Gaza nel 2012, sono sbarcati poco prima dell’alba a Sudanya, nel nord della Striscia. La loro missione era di distruggere una rampa di lancio per missili ‘modificati’ da Hamas
Riforme
L’Unità punta l’attenzione su calendario di Palazzo Madama sulle riforme: “Senato, sfida in Aula. Slitta il voto finale”. Oggi l’approdo in Aula e potrebbe già esserci un voto sulle pregiudiziali di costituzionalità senza alcuna suspense: la battaglia comincia domani, quando scadono i termini per la presentazione degli emendamenti. I dissidenti Pd come Chiti, Casson, Mineo, Mucchetti, torneranno alla carica. Per capire se il dissenso interno al Pd possa raggiungere una massa critica tale da impensierire il governo, occorre vedere cosa faranno i dissidenti di Forza Italia. Nelle due versioni: quella del senatore Augusto Minzolini e quella guidata da Raffaele Fitto, la cui battaglia è incentrata soprattutto a difesa delle preferenze. Fitto controlla circa 16 senatori di Fi su un totale di 49. Palazzo Chigi conta su 204 voti, al netto di circa 90 voti contrari (di cui 10 di Fi e 16 del Pd) e 25 incerti (tra cui Gal e Psi-Autonomie): “se fossero meno di 200 -scrive L’Unità- comincerebbe però a diventare difficile spiegare la ferrea alleanza con Berlusconi. E certo, tra emendamenti ed ostruzionismi, il voto finale non arriverà prima della fine del mese”.
Nella pagina successiva un intervento della senatrice Pd Rosa Maria De Giorgi: “Il tempo di riflettere c’è stato, ora è il momento di decidere”.
Sulla nascita a Livorno di “Possibile”, una “associazione per battaglie politiche comuni”, voluta da Civati, il quotidiano del Pd scrive: “Civati e Vendola alleati per condizionare Renzi”.
Il Corriere intervista il capogruppo del Pd al Senato Zanda: “Evidentemente sul punto il Presidente del Consiglio è stato male informato perché io, in 18 o 19 assemblee del gruppo, non ho mai ascoltato un solo senatore del Pd che mostrasse nostalgia per l’indennità”. Ma Zanda dice anche: “Il dibattito ha avuto spesso toni sbagliati. Ho sentio parlare di regime, e queste parole fanno più male di un inciso sulla indennità”.
Su La Repubblica: “Senato, a riforma in aula. Renzi: maggioranza ampia, ma Foza Italia è dilaniata”. Il “retroscena”: “E il premier avvisa i frondisti: ‘Chi non vota si mette fuori’”. Scrive il quotidiano che nessuno metterà fuori dalla porta i dissidenti con un atto d’imperio, ma saranno loro stessi a porsi fuori dal recinto del Pd. Perché il pensiero espresso in queste ore dal presidente del Consiglio e segretario Pd sarebbe il seguente: “in una forza politica o in un gruppo parlamentar ci si sta se si rispettano le regole democratiche di convivenza. Quattro senatori non possono fermare il Pd e le riforme. Chi vota contro si mette fuori da solo”.
Sul Giornale: “Forza Italia blocca Fitto: ‘Ora basta, sulle riforme non si può perdere tempo’. L’ex ministro scrive al Cav: ‘Sembriamo ipnotizzati da Renzi, discutiamo’. La replica del capogruppo Romani: ‘Non ha senso sfilarci in questa fase'”. Il quotidiano scrive che il rischio è che la tensione in Forza Italia “continui a salire”, tanto che adesso “sono in molti a scommettere che la riunione di domani di deputati e senatori a cui dovrebbe partecipare Berlusconi potrebbe saltare”, per “evitare il rischio di un nuovo sfogatoio”, perché “tra gli scontenti non c’è solo Fitto”, che comunque da europarlamentare domani non sarebbe presente.
Su La Stampa ci si occupa invece del M5S: “Grillo: ‘Vertice subito o salta tutto’”, “Ultimatum(24 ore) del leader a 5 Stelle per trovare l’accordo e fare insieme la legge elettorale”. Il “retroscena” alla pagina seguente: “Renzi: ‘Li incontrerò, ma il treno delle riforme è già partito’”, “Patto con Berlusconi per non stravolgere l’Italicum”
Da segnalare sul Corriere una intervista ad Angelo Rughetti, sottosegretario alla Pubblica amministrazione, sulla riforma della Pa: “Più poteri al premier. Non temiamo le lobby”,il titolo. Si ricorda che il decreto varato dal governo è stato “sommerso da 1700 emendamenti”, e Rughetti risponde: “Le lobby fanno il loro mestiere, il nostro è quello di non prendere scorciatoie. Il decreto contiene già numerose mediazioni sui punti ‘caldi’, per noi conta non perdere di vista l’obiettivo della staffetta generazionale”. Dice anche che “abbiamo un numero di dipendenti in linea con l’Ocse ma un numero di dirigenti superiore e con età maggiore”,
Ue, flessibilità
ll presidente designato della Commissione europea, Jean Claude Juncker, in un’intervista con copyright Bild am Sonntag, riprodotta da La Repubblica, illustra la propria agenda: “La stabilità non si tocca, ma le mie priorità adesso sono crescita e lavoro”. Dice Juncker: Non la Commissione o l’Europarlamento creeranno posti di lavoro, bensì le imprese. Punto molto sul mercato interno europeo e sull’agenda digitale”. “Serve un’Europa dell’energia”, dice ancora sottolineando che è necessario “liberarci dalla dipendenza dalla Russia”. E poi: “il Patto di Stabilità non può essere toccato”. E “abbiamo bisogno di un ‘fair deal’ col regno Unito. Anche i britannici devono saperlo: non sono un federalista fanatico”.
Sul Corriere viene intervistato Elmar Brok, europarlamentare tedesco, ex presidente della Commissione esteri, “consigliere della Merkel”, che dice che “è sbagliato” temere che l’Italia diventi un Paese “commissariato”. “Esistono regole e leggi di bilancio che tutti i Paesi e il Parlamento europeo hanno concordato insieme”, e “ogni Paese deve rispettarle”. Ricorda che “nello stesso patto di Stabilità, non dimentichiamolo, esiste un certo livello di flessibilità”. Sulla flessibilità concessa ad altri, come Spagna e Francia, ricorda: “Anche l’Italia nel passato è rimasta per lungo tempo al di sopra dei limiti sul deficit. Si tratta in genere di fasi temporanee, da cui si rientra, come dicevamo, tornando al rispetto delle regole comuni sui bilanci e lanciano le riforme strutturali”. Sulla Spagna, “era sotto il programma speciale di assistenza”, ed ha chiesto 3 miliardi per le sue banche. “L’Italia invece no: quando le fu offerta allora questa stessa possibilità rispose: ‘no, non ne abbiamo bisogno'”. Infine Brok si dice certo della elezione di Juncker a capo della Commissione (domani voterà il Parlamento europeo, ndr).
Secondo Il Giornale il ministro Padoan avrebbe paura di un “trappolone” che starebbe per preparare la Germania, ma scrive anche che Renzi sarebbe convinto che avrà ragione “delle perplessità tedesche” sulla flessibilità, e che per questo sostiene lo schema di composizione del nuovo governo europeo, che prevederebbe il socialista francese Moscovici Commissario agli affari economici e lo spagnolo (PPE) De Guindos alla guida dell’Eurogruppo, con la speranza di avere il ministro Mogherini al posto di Ashton. “Francia e Spagna superano abbondantemente il tetto di deficit nominale al 3 per cento e quello strutturale non è nemmeno lontamente vicino allo zero”, e dunque “non potranno certo ergersi a paladini del rigore finanziario”.
Per tornare al Corriere, un intervento di Enzo Moavero Milanesi si sofferma sul ruolo dell’Italia, presidente di turno della Ue, che ha l’occasione di “proporre innovazioni, concordabili a livello euroopeo”: incentivare i governi affinché si impegnino formalmente a fare alcune riforme strutturali, ma anche “attribuire all’eurozona una capacità di bilancio ad hoc”. Uno degli incentivi potrebbe essere la “dilazione dell’obbligo di riduzione del debito pubblico (possibile con le regole in vigore)”, mentre un disti nto bilancio dell’eurozona potrebbe “essere alimentati con l’emissioni di appositi titoli di debito comune europeo”, per “raccogliere risorse sui mercati anziché chiederle agli Stati”, come accade per l’ordinario bilancio Ue.
Alitalia
“Per Alitalia inizia oggi la settimana decisiva”, scrive Il Giornale. Ieri Cisl, Uil e Ugl hanno sottoscritto l’accordo sugli esuberi, e lo hanno fatto anche le associazioni di categoria che rappresentano il personale viaggente. Manca la Cgil, che si riserva di decidere entro mercoledì. Il ministro Lupi ha detto: “mi auguro che la Cgil si sia presa tre giorni pe rcapire l’importanza della opportunità che abbiamo davanti e che quindi firmi l’accordo. Se non firma l’accordo è valido comunque con l’80 per cento dei lavoratori rappresentati dalle altre sigle sindacali”. L’ad di Etihad Hogan arriverà domani sera a Roma, oggi il governo incontrerà banche e imprese, per mercoledì si conta di chiudere.
Il Corriere spiega che dei 2251 dipendenti Alitalia previsti come esuberi, 616 saranno ricollocati all’interno del perimetro aziendale, altri 681 saranno ricollocati entro dicemnbre in società esterne, e per 954 ci sarà la mobilità e per loro saranno sperimentati i “contratti cosiddetti di ‘ricollocazione’ introdotti dal governo Letta con la legge di stabilità”, che garantiscono parte dello stipendio per 4 anni, e comportano la perdita della indennità se il lavoratore rifiuta per più volte un lavoro offerto dal collocamento.
Internazionale
La Stampa riproduce un’intervista della Tagesspiegel alla ministra tedesca della Difesa Ursula Von der Leyen: “Snowden ci ha aperto gli occhi. Washington ci tratta da sospetti”, “basta eccessi nello spionaggio”. Dice ancora la Von Der Leyen: “Per Berlino è il momento di assumersi maggiore responsabilità nel mondo”.
Su Il Giornale: “Quei dodici 007 Usa infiltrati nel cuore del governo tedesco”. “L’ira di Merkel contro Obama”. “Lo scancalo degli agenti americani si allarga: sotto controllo pure i cellulari dei deputati che indagano proprio sugli intrusi stranieri”.
Su La Repubblica: “La tentazione di Merkel: dimettersi da cancelliera senza essere sconfitta”, “Alle soglie dei 60 anni Angela medita l’addio a sorpresa. Sono due donne le possibili eredi”. Si tratta di una ipotesi lanciata dal settimanale Der Spiegel. E le eredi possibili sono Ursula Van del Leyen o la governatrice della Saarland, Annegret Kramp-Karrenbauer.
Ancora su La Repubblica: “’Io sono vostra sorella’. Malala in Nigeria per le ragazze rapite’”, “A tre mesi esatti dal sequestro compiuto da Boko Haram, missione della studentessa simbolo della sfida ai Taliban”.
Sul Corriere: “Bagdhad, strage delle donne. Freddate con i silenziatori”. “Venticinque prostitute uccise da milizie islamiche”. “Le nuove leggi irachene vietano il sesso a pagamento”. Si tratta di un attacco avvenuto in uno dei “tanti bordelli segreti” della capitale irachena. Si trattava di “un folto gruppo di uomini armati, alcuni vestiti con uniformi militari, altri in civile”.
Su L’Unità: “Desmond Tutu per la buona morte. In nome di Mandela”. “Morire con dignità è un nostro diritto”, ha detto il premio Nobel per la Pace e arcivescovo anglicano Desmond Tutu. Il quotidiano ricorda che Londra si appresta a discutere una legge sul fine vita. Sabato scorso l’ex arcivescovo di Canterbury George Carey, si è espresso a favore della legge presentata da Lord Falconer, che prevede la possibilità per il medico di intervenire attivamente per abbreviare l’agonia di un malato terminale.
Su La Stampa: “Londra, anche Tutu nel dibattito sull’eutanasia”, “L’arcivescovo sudafricano: ho visto Mandela soffrire, ora sono a favore”.
Sul Giornale si dà conto di un articolo del Sunday Mirror, che ieri scriveva che “Tatcher coprì i ministri pedofili”: “Anche la grande Margaret Thatcher coprì gli abusi sessuali su minorenni commessi da ministri nei suoi governi”. Al tabloid ha parlato un ex attivista conservatore che ora si “ofre come testimone chiave nella nuova inchiesta ordinata da Cameron”.
E poi
Alle pagine R2 de La Repubblica si occupa del libro di Adriano Sofri, in uscita per Sellerio dedicato a Mauro Rostagno: “Reagì Mauro Rostagno sorridendo”. A recensirlo è Enrico Deaglio.
Sul Corriere si dà conto della “messa in scena a Berlino” di un lavoro sulla “vita e le opere” di Giangiacomo Feltinelli. A idearlo i “Neon Neon, due elettro pop”. “Il musical su Feltrinelli con gli spettatori vestiti di rosso”.
Su L’Unità intervista Leonardo De Franceschi, curatore di un volume sulla rappresentazione che il cinema italiano ha dato del Continente africano e di soggetti africani di nascita o di origine (“L’Africa in Italia. Controstoria postcoloniale del cinema italiano”, edizioni Aracne), dal New Negro di “Paisà” alle icone black come Woody Stroode.