Bocciata la parità, rivolta nel Pd

Pubblicato il 11 Marzo 2014 in da redazione grey-panthers

Le aperture

La Repubblica: “Bocciata la parità, rivolta nel Pd. Il voto spacca i Democratici, le deputate abbandonano la Camera. Italicum nel caos”. “I partiti avevano lasciato libertà di coscienza, non passa l’alternanza di genere nelle liste. Oggi il via libera alla riforma, ma adesso è rischio-Senato”. Di spalla una intervista al cardinale Walter Kasper: “Lo strappo di Kasper. ”Sì alla comunione per i divorziati’”. A centro pagina: “Deficit e cuneo fiscale, i dubbi Ue sul piano Renzi”.

Il Corriere della Sera: “No alle quote per le donne. Il Pd si spacca tra accuse e sospetti, protestano le deputate. Legge elettorale: tanti democratici in segreto votano contro la parità. Vince Berlusconi”. In alto una lettera di Giorgio Squinzi: “Squinzi: meglio un lavoro in più che pochi euro nelle buste paga”.

Il Sole 24 Ore: “Padoan: dai tagli di spesa la copertura sul cuneo”. “Renzi: meno Irpef ai lavoratori, più flessibilità alle imprese”. “Italicum, la Camera boccia gli emendamenti sulla parità di genere”.

L’editoriale del quotidiano di Confindustria è dedicato al taglio del cuneo, e il direttore Napoletano dice a Renzi: “Faccia quel che è giusto”, ovvero “destini i 10 miliaredi recuperati con una seria spending review per l’oggi e per il futuro (le coperture non strutturali devono essere solo transitorie) interamente alla riduzione dell’Irap”.

La Stampa: “’Dieci miliardi per le famiglie’”. “Domani la decisione. Renzi: il tesoretto andrà tutto nella busta paga. Legge elettorale, sconfitta delle donne: niente quote femminili nelle liste”.

Il Fatto quotidiano: “Il patto Renzi-Berlusconi affonda quote rosa e Pd”. A centro pagina: “Primarie dem, la sconfitta del leader in casa sua”, dove si racconta delle primarie per scegliere il candidato sindaco di Pontassieve.

L’Unità: “Italicum, rivolta delle donne. Vergogna alla Camera: bocciati tutti gli emendamenti sulla parità. Pd spaccato: più di 50 no alla proposta di mediazione. Le Democratiche lasciano l’Aula. Renzi: noi rispetteremo l’alternanza”. A centro pagina: “Padoan: tagli di spesa per il cuneo fiscale”.

Il Giornale: “I maestrini dello spreco. Sperperi, leggi assurde, privilegi: Bruxelles ci dà lezioni e butta via i nostri soldi. Un nuovo libro di Mario Giordano smonta le tesi dei fanatici dell’austerity e spiega perché l”Euro ci ha resi poveri”. A centro pagina una foto di Antonio Ingroia: “Ora Ingroia ‘assorbe’ il Cav. ‘Legami tra Forza Italia e la mafia? Non ci sono prove’”.

Renzi, Irap, Irpef

Giorgio Squinzi, con una lettera al Corriere della Sera, interviene nel dibattito sulla riduzione in vista delle decisioni che il premier Renzi annuncerà domani. “Non siamo iscritti al club Irap o Irpef”, dice Squinzi. “Siamo da tempo convinti che la chiave è la riduzione del cuneo pagato dalle aziende. Ridurlo vorrebbe dire venire incontro a chi produce e genera valore in Italia, allo sforzo di chi crede nel nostro Paese. La riduzione del costo del lavoro agirebbe in favore degli occupati e di chi un lavoro purtroppo oggi non ce l’ha, ma lo avrebbe se il suo costo gravasse men sul bilancio delle imprese. Sarebbe interessante chiedere agli italiani se vogliono un lavoro o qualche decina di euro in più in tasca. Sarebbe interessante stimare quante crisi industriali che stiamo affrontando sono crisi generate da costi eccessivi”.

La Stampa, in un “retroscena”, spiega che il premier invece avrebbe già deciso: “Il tesoretto va in busta paga”. “Nessun rinvio. Si parte dalle famiglie. So che le imprese ci rimarranno male ma ho detto al capo degli industriali Squinzi che il modo migliore per aiutare le imprese in questo momento è snellire la burocrazia e cambiare il rapporto con il fisco”.

Ieri intanto il Ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan a Bruxelles, secondo quanto riferisce L’Unità, ha spiegato che il “taglio del cuneo sarà coperto in modo permanente da tagli di spesa”.

Insomma, ha ribadito che il cuore della manovra da 10 miliardi in via di definizione per il Cdm di domani è la spending review avviata da Carlo Cottarelli. Difficile credere – sottolinea il quotidiano – che il supercommissario Cottarelli riesca a reperire 10 miliardi da subito. Nelle ultime ore si sarebbe fatta più concreta l’ipotesi che il taglio fiscale parta a decorrere da maggio, e che quindi il costo si riduca a 8/12 dell’ammontare previsto, cioè 6,7 miliardi. Da reperire anche attraverso misure una tantum, in attesa dell’avvio a regime dei risparmi di spesa. Nella stessa sede il Ministro Padoan ha ribadito che non ci sarà nessuno strappo alle regole del patto di stabilità: “Mettere in discussione vincoli e regole vorrebbe dire che quel che si è fatto era sbagliato, ma per me non era così. Sarebbe una sciocchezza, per usare understatement. La priorità dell’Italia è naturalmente quella di politiche a favore di crescita e occupazione, non disperdendo però l’enorme risultato di avere oggi finanze pubbliche più sostenibili di qualche tempo fa”.

Il Corriere della Sera ipotizza che per la copertura potrebbero esserci anche misure come il taglio delle spese militari, compresi gli aerei da guerra F35, o una stretta sulle pensioni di reversibilità.

Anche Il Sole: “Tra le risorse spuntano gli F35”.

I quotidiani continuano anche ad occuparsi dei rapporti tra il premier e i sindacati, soprattutto la Cgil. Il Giornale: “Da sindacati e Confindustria fuoco incrociato sul premier”, “Renzi non convoca le parti sociali prima di varare le misure su lavoro e tasse, e loro protestano. Camusso minaccia scioperi: l’esecutivo ignora chi ha già pagato per la crisi”.

L’articolo sottolinea poi come ai sindacati, e non soltanto alla Cgil, non sia piaciuto affatto il filodiretto tra Renzi e il segretario dei metalmeccanici Fiom Cgil Landini: il premier si è inserito come un cuneo nelle tensioni interne precongressuali della Cgil ma, sottolinea il quotidiano, non è una mossa priva di rischi, poiché Landini rappresenta l’ala più estremista e anti-industriale dell’intero movimento sindacale. Dei rischi si accorge lo stesso leader Fiom che “frena” e avverte Renzi di pensare al da farsi e non alle dinamiche interne della Cgil.

Su La Repubblica: “Scontro frontale tra Camusso e Renzi”. Il quotidiano riferisce le parole pronunciate dal leader della Cgil: “Renzi mi è parso disattento al fatto che c’è una parte del Paese che ha pagato un prezzo altissimo durante questa crisi”. Il quotidiano sottolinea che il vero terreno di scontro è quello della concertazione, ovvero il ricorso al confronto tra governo e parti sociali in merito a decisioni di politica economica: un metodo che non riguarda solo i sindacati ma anche il variegato mondo delle imprese.

Il Corriere: “Renzi e Landini, due fronti di guerra per Camusso”. Dove si legge che mai nessun presidente del Consiglio prima di Renzi ha sfidato così sia il sindacato, sia le associazioni imprenditoriali, con l’intento si scavalcarli, non riconoscendo loro una reale rappresentatività.

E ci si chiede: “Landini, come Renzi, è un animale mediatico. Se intercettasse lui la richiesta di un nuovo modo di fare sindacato? E, cavalcandola, riuscisse a imporre nuovi modi di selezione della classe dirigente, fino alle primarie per scegliere le candidature alla guida di una organizzazione?”. Marro ricorda anche a Renzi che “il buffo è che probabilmente non sa che se c’è un sindacato che tiene il bilancio segreto come fosse quello della Cia questo è proprio la Fiom. E così i due rottamatori saranno pure diversissimi ma a questo punto per Camusso sono uguali: due avversari da battere”.

Il Fatto titola: “Camusso contro il premier per colpire Landini”, “la leader della Cgil in difficoltà, spiazzata dall’asse tra Palazzo Chigi e la Fiom. Domani i risultati del Congresso”. Mercoledì la Cgil renderà infatti noti i risultati del Congresso

Legge elettorale

Ieri, in una giornata di votazioni alla Camera, sono stati bocciati i tre emendamenti che miravano ad una alternanza uomo donna nelle liste elettorali, che nessuno dei due sessi potesse essere rappresentato i misura superiore al 50 per cento nelle teste di lista, e che tra i due sessi ci fosse un rapporto 60/40. “Affondata la parità di genere. La rivolta delle donne Pd”, titola il Corriere della Sera, raccontando che i deputati democratici si sono “spaccati”, visto che decine di loro, nel segreto dell’urna, hanno votato no agli emendamenti proposti dalle loro colleghe. Alla opposizione di Forza Italia, scrive il quotidiano, si sono sommati “più di 100 vietocong del Partito Democratico che, a volto coperto, hanno affondato anche i tre emendamenti che portavano come prima firma quella della compagna di partito Roberta Agostini. I tre voti segreti sono finiti con la sconfitta del fronte delle donne: 335 a 227, 344 a 214, 298 a 253.

Da solo il Pd, che si era schierato a favore della parità di genere, avrebbe potuto fare meglio con i suoi 293 deputati. Contrari anche i grillini, mentre il ministro per le riforme Boschi (Pd) è rimasto neutrale, rimettendosi all’Aula.

La Repubblica titola: “Bocciata la parità uomo-donna, oltre 100 i franchi tiratori del Pd e tra i Democratici parte la rivolta”.

La deputata Pd Agostini viene intervistata da L’Unità: “Nel mio partito c’è chi ha tradito, ma non finisce qui”, il titolo. “Dalla Boschi ci saremmo aspettate un cenno di incoraggiamento un po’ più convinto”, dice.

La costituzionalista Lorenza Carlassare, interpellata su quale delle tre ipotesi preferisca per garantire la parità (capilista alternati, il 40 per cento di essi alle donne oppure alternanza uomo-donna) dice: “Francamente nessuna perché non rispettano la parità di chance. L’alternanza non serve perché potrebbe essere eletto solo il capolista, e se è maschio il discorso è chiuso”. E per quel che riguarda un 40 per cento di capiliste donne, dice che è una ipotesi “stravagante” perché “non vedo come si possano comparare collegi del tutto diversi tra loro. La terza è uguale alla seconda ma ulteriormente peggiorata”. La sua soluzione? “Se le liste non fossero bloccate andrebbe consentito il doppio capolista e la doppia preferenza. L’ha adottata la Regione Campania, il governo è ricorso alla Consulta ma ha perso”.

Intanto, come riferisce ancora La Repubblica, dopo l’impallinamento degli emendamenti il premier è corso ai ripari via Twitter: “Il Pd rispetta il voto del Parlamento sulla parità di genere, ma rispetta anche l’impegno sancito dalla Direzione su proposta del segretario: nelle liste Democratiche l’alternanza sarà assicurata”. E ricorda di aver mantenuto il principio della alternanza uomo donna “da presidente della Provincia, da sindaco, da segretario o da presidente del Consiglio: non intendo smettere adesso”.

Internazionale

Dal Corriere: “Mosca stringe l’assedio, la Nato reagisce”, “ospedali e treni in mano ai russi. In volo gli aerei radar dell’Alleanza”. Siamo ormai a sei giorni dal referendum sullo status della Crimea. La Nato ha deciso di alzare i suoi aerei radar Awacs per monitorare il confine polacco e romeno.

Da La Stampa il reportage di Domenico Quirico, nella parte orientale del Paese, verso i confini con la Russia: “A Kharkiv nella tana dei filorussi”. Il sindaco della città ritiene che Maidan sia una malattia da estirpare.

Sul Corriere della Sera l’inviato a Donetsk, altra città dell’est, Giuseppe Sarcina racconta questa città., il sistema del carbone e gli oligarchi. Alcuni di loro, come Akhmetov, che possiede una squadra di calcio come lo Shaktar Donetsk, ha abbandonato il presidente Yanukovich.

Su La Repubblica lo scenario tratteggiato da Federico Rampini, corrispondente a New York: “Vendere il gas americano all’Europa, l’idea di Obama contro il ricatto di Mosca”. L’Ucraina dipende dalla Russia per il 70 per cento del gas naturale, e l’intera Europa occidentale è in condizioni simili: la soluzione sarebbe in un via libera all’export di gas americano, che al momento è ridottissimo, nonché la conseguente costruzione di infrastrutture adeguate, come impianti di liquefazione e terminal. Restano contrari gli ambientalisti e le lobby industriali che vogliono tenersi l’autarchia Usa perché il basso costo energetico rende più competitiva l’industria Usa.

Dal Corriere segnaliamo un articolo sulla crisi libica: i separatisti della Cirenaica avevano stivato il primo carico di petrolio e lo avevano preparato per la partenza alla volta di mercati stranieri. Le autorità centrali hanno mobilitato marina e aviazione, dando anche ordine di bombardare la nave, se necessario. Poi le autorità di Tripoli sono riuscite a prendere in custodia la petroliera e il suo carico, riportandola verso ovest, fuori dalla portata delle milizie separatiste. Si tratta di una escalation innegabile e l’allarme non è certo cessato.

La Repubblica riferisce che nella capitale pakistana Islamabad è stato incendiato da fondamentalisti armati il centro di yoga del guru indiano Sri Sri Ravi Shankar,descritto da Forbes come “uno dei cinque uomini più potenti dell’India”.

E poi

“La Chiesa può trovare una nuova strada affinché un divorziato risposato, dopo un periodo penitenziale, venga riammesso ai sacramenti”. Lo dice il cardinale Walter Kasper, in un’intervista Repubblica. “La mia non è una posizione lassista, bensì che intende riconoscere come tramite la penitenza chiunque può ricevere clemenza e misericordia. Ogni peccato può essere assolto”. L’assoluzione “non è contro la morale né contro la dottrina ma piuttosto a favore di un’applicazione realista della dottrina alla situazione attuale. La Chiesa non deve mai giudicare come se avesse in mano una ghigliottina, piuttosto deve sempre lasciare aperto il varco alla misericordia”. Questo non vuol dire modificare la dottrina, che “non può essere cambiata”, anche se “non è una laguna stagnante quanto un fiume che scorre”.

Sullo stesso quotidiano una recensione di Adriano Sofri al libro di Giuliano Ferrara ed Alessandro Gnocchi. “Questo Papa piace troppo”. “Troppe concessioni al relativismo mettono la fede al rischio”. Il titolo della recensione di Sofri è “Francesco e l’ateo devoto. Il non credente Ferrara e gli ultra-tradizionalisti che temono la rivoluzione di Bergoglio”.