Le aperture
A centro pagina: “‘Le voci sul voto creano instabilità’. Spinta di Napolitano per le riforme”. Il discorso del Capo dello Stato ieri viene giudicato “uno scudo alzato per il premier” nell’analisi di Marzio Breda.
A fondo pagina: “L’Italia all’India: il marò Latorre resta qui. Il ministro Pinotti dopo il no alle richieste dei due militari: si deve curare”.
In evidenza in prima pagina anche un richiamo sulla Russia: “Il crollo del rublo e i veleni del Cremlino”.
La Repubblica ha una grande foto in apertura sull’attacco ad una scuola di Peshawar, che immortala lo strazio delle madri degli studenti: “Pakistan, la furia dei Taliban. Strage di bambini a scuola”.
In apertura a sinistra, il discorso del capo dello Stato ieri: “Napolitano blinda Renzi: bene le riforme”, “No alle elezioni anticipate e avviso al Pd. ‘Le voci di scissione creano instabilità’. ‘Il mio impegno era per tutto il semestre Ue’”.
A centro pagina, con riferimento alle parole del ministro della Difesa Pinotti: “Marò, l’Italia sfida l’India, ‘Latorre è malato, resta qui’”.
Il “caso” raccontato dal quotidiano alle pagine della cultura è quello dello scrittore francese Michel Houllebecq e del suo ultimo libro: “’Sottomessi all’Islam’. Torna Houllebecq, è scandalo in Francia”.
Anche su La Stampa una grande foto da Peshawar: “Pakistan, follia taleban. Uccisi a scuola 132 bimbi”.
In apertura a sinistra: “Napolitano avverte: ‘Evocare elezioni crea instabilità’”, “Il Presidente difende il governo da sindacati e minoranza Pd”.
Sul caso marò: “Pinotti a Dehli: ‘Latorre deve curarsi a casa’”.
Il Sole 24 Ore: “Rublo ancora in caduta libera. I mercati puntano sulla Fed. Borse in rally in attesa di un rialzo dei tassi Usa”. “La valuta russa crolla fino a quota 100 sull’euro, poi recupera a 85”. “Petrolio sotto i 60 dollari”.
Di spalla: “Napolitano: parlare di elezioni e di scissioni porta instabilità”. “‘Sulle riforme piano vasto, ma indispensabile’. Renzi apprezza”. “‘Dialogo, ma i sindacati rispettino le scelte del governo'”.
Il Giornale: “Il testamento di Napolitano”. “Blinda il patto Renzi-Berlusconi, maledice i tentativi scissionisti di Pd e Forza Italia, critica sindacati, Grillo e Lega: niente elezioni anticipate, avanti con questo governo”. “Il puntello del Nazareno” è il titolo di un altro articolo in prima pagina.
In alto: “Islamici peggio di Hitler, sterminati 100 bimbi. Barbarie senza fine: 141 vittime a Peshawar. I talebani entrano in una scuola pachistana e sparano in testa agli alunni”.
L’editoriale, di Alessandro Sallusti: “India hai rotto. Teniamoci un marò e andiamoci a riprendere l’altro”.
A centro pagina: “Crollano Borsa, rublo e petrolio. Russia sempre più a picco. Ma lo zar Putin non molla”
Il Fatto, sulla corsa al Quirinale: “Derby Padoan-Severino”, “Re Giorgio loda il ministro, B. e Curia vogliono l’avvocatessa”, “Dopo l’incontro premier-Prodi, l’uomo del Colle copre di elogi il suo successore prediletto: il titolare dell’Economia. Intanto il Caimano e Gianni Letta si attivano con vescovi e poteri forti romani per sponsorizzare l’ex guardasigilli, vicinissima a Caltagirone”.
E per il quotidiano l’intervento di ieri di Napolitano è “a gamba tesa”: “Napolitano attacca le opposizioni e stoppa Renzi sulle elezioni”.
In evidenza una foto da Peshawar: “Taliban, la strage degli innocenti. Morti 130 figli di soldati pachistani”.
In taglio basso: “Farinetti Expo, regalo al fan di Matteo”, “In due padiglioni e 4500 metri quadrati si alterneranno 120 cuochi. A loro il 70 per cento degli incassi, il resto al patron di Eataly. Il problema però è che non c’è stata nessuna gara e che tutto è avvenuto prima dell’arrivo di Cantone”.
Il Sole 24 Ore racconta il discorso fatto ieri da Giorgio Napolitano al Quirinale, ed evidenzia il “messaggio ai sindacati”, ai quali ha chiesto “il rispetto delle prerogative delle decisioni del governo e del Parlamento e uno sforzo convergente di dialogo”. Il Presidente ha parlato di Europa, ha sottolineato il “‘forte consenso’ per il premier alle elezioni di maggio”, ed ha chiesto di non attentare “in qualsiasi modo alla continuità di questo nuovo corso. Si sono messi in moto processi di cambiamento all’interno, e un fenomeno di attenzione fiduciosa dall’esterno, che mi fanno registrare con un segno positivo la conclusione del 2014”. “Il succo del discorso di Napolitano sta nel legare le riforme alla legislatura e dunque a dare forza alla premiership di Renzi che quei cambiamenti ha messo in cantiere”, secondo il quotidiano, che scriveanche che gli oppositori di Renzi “ieri non hanno comunque trovato sponde al Quirinale, nemmeno sul fronte delle riforme istituzionali su cui la critica di Napolitano è stata tagliente, precisa. ‘Sembra quasi, a taluni, che il superamento del bicameralismo paritario sia un tic da irrefrenabili ‘rottamatori’ o da vecchi cultori di controversie costituzionali'”. Napolitano ha messo “all’indice” “quel clima di guerriglia parlamentare” ed appoggia una “ampia riforma del mercato del lavoro”. Il commento di Renzi: “Un grande discorso”. Oggi premier e Presidente si incontreranno per discutere del consiglio Ue di giovedì.
Sul La Repubblica si legge che quello di Napolitano è un “appoggio pieno e convinto” al governo, dalle riforme al Jobs Act, e dunque “il filo che unisce capo dello Stato e presidente del Consiglio esce, da questa cerimonia al Quirinale, ancora più solido”.
La Stampa scrive di un premier che “scherza con tutti, su di giri e però, appena finiti gli ultimi convenevoli al Quirinale, il presidente del Consiglio è tornato subito a palazzo Chigi per una riunione operativa. Assieme al ministro del Lavoro Poletti, per continuare a limare i decreti attuativi del Jobs Act”.
Sul Corriere Maria Teresa Meli e Francesco Verderami si cita la battuta fatta dalle parti del Pd, forse da Orfini durante la cermonia in cui Napolitano ha fatto gli auguri alle alte cariche dello Stato: “‘Vorrà dire che la prossima volta lo inviteremo in direzione…'”. Si legge che il governo fa la conta dei potenziali oppositori al patto del Nazareno, e “nelle stime del sottosegretario alla presidenza del Consiglio si oscilla al momento tra i quaranta e gli ottanta franchi tiratori nel Pd e una cinquantina tra le file di Forza Italia”. Secondo il Corriere Renzi non ha alcuna intenzione reale di “aprire a Grillo o a Salvini”, in vista del voto per il Quirinale. “‘Il patto regge’, si dice “da palazzo Chigi”. E secondo il quotidiano il momento della verità sarà “per la quinta votazione, dopo uno scrutinio di prova che servirà a verificare la tenuta dell’accordo nell’urna. Se così non fosse, per Renzi (ma non solo per lui) si spalancherebbero le porte dell’Ade, e su quella soglia – così lo romanza un autorevole ministro del Pd – il Parlamento si troverebbe costretto a scegliere ‘tra un artista di caratura internazionale o un commissario della finanza internazionale'”.
Sullo stesso quotidiano viene intervistato il “prodiano” Giulio Santagata: “Chi mette il veto sul Prof fa un errore politico”, il titolo. Santagata dice di sperare che l’intervista non venga considerata come parte della campagna elettorale per Prodi, e ribadisce che Prodi ha detto che il Quirinale non gli interessa.
Sul Giornale si dà spazio alla notizia del passaggio del grillino Currò ieri nelle file della maggioranza, durante il dibattito sul semestre europeo: “La sceneggiatura di Renzi: un grillino passa con il Pd”. “Alla Camera il premier lancia l’amo al M5S: ‘Abbiamo bisogno di voi’. E infatti subito dopo il dissidente Currò annuncia l’addio. Applausi democratici, pentastellati furiosi”.
Sul Sole si parla di Forza Italia: “Berlusconi: Forza Italia resti unita se vogliamo contare per il Quirinale”. Dove si legge che ieri sera il Cav – durante una cena con i senatori – ha lanciato un vero e proprio appello a “non farci vedere smembrati”. “Il timore del Cavaliere di essere indebolito dallo scontro interno”, scrive il quotidiano.
Il Giornale scrive che “la strage della scuola di Peshawar in Afghanistan è stata fatta a sangue freddo, la strage per la strage: i talebani hanno fucilato i bambini sul posto e si sono anche dati la pena di spiegare: ‘Abbiamo colpito la scuola perché l’esercito colpisce le nostre famiglie: abbiamo voluto far sentire loro il nostro dolore’. Questa immonda contabilità che si riferisce alle operazioni militari contro i talibani nel Waziristan convince invece che gli assassini non diano nessuna importanza né alle loro famiglie né a nessun valore umano”. E poi: “Se vogliamo applicare gli schemi della guerra islamica, qui abbiamo una strage sunnita contro i sunniti stessi; ma se guardiamo ancora il diario di ieri, vediamo una strage invece stavolta sunnita, di Al Qaida, contro gli sciiti amici dell’Iran. Il risultato è sempre lo stesso: la strage degli innocenti”.
Sul Sole si spiega che il gruppo terroristico Ttp, che ha rivendicato l’attentato, è il “Movimento dei talebani del Pakistan, Tehrik-e-Taliban Pakistan, Ttp in sigla. Si tratta del principale gruppo fondamentalista islamico del Paese. È lo stesso gruppo di terroristi che nel 2012 aveva tentato di uccidere, Malala Yousafzai, la studentessa alla quale è stato assegnato quest’anno il Premio Nobel per la pace, proprio per la sua lotta per i diritti civili e il diritto all’istruzione”. Il gruppo è vicino ad Al Qaeda e colpisce soprattutto del Nord Waziristan, alla frontiera con l’Afghanistan.
Il Corriere intervista lo scrittore Mohsin Hamid, scrittore, autore de Il fondamentalsta riluttante e del nuovo “Il disagio e le sue civiltà”: Dice che mai in Pakistan è stata commessa una atrocità di queste dimensioni contro i bambini, sottolinea che per la maggior parte non sono bambini di religione hindu o sciita ma sunniti, dice che “in parte è vero” che il Pakistan ha usato e finanziato i miliziani talebani “come arma politica” ma che nell’ultimo anno c’è stato un cambiamento, Afghanistan e Pakistan hanno iniziato a cooperare. Ricorda che il Pakistan ha 200 milioni di abitanti, e che nelle aree tribali ci sono al massimo 500 mila persone: “Se tutto il Paese vuole sconfiggere i talebani, può farlo”.
Su La Repubblica Federico Rampini parla di “doppio gioco” del Pakistan, e ricorda i “legami occulti tra le forze armate di Islamabad e i Taliban” che “da anni provocano crisi politiche a ripetizione tra Washington e Islamabad. Gli aiuti americani continuano ad affluire al governo e alle forze armate pachistane. Ma una parte di quegli aiuti indirettamente finiscono agli stessi Taliban: soldi, addestramento, armi, protezione e rifugi. Stavolta a bruciarsi le mani sono stati i militari pachistani: apprendisti stregoni che non riescono più a controllare la loro creatura”.
La Repubblica: “L’India pretende il rientro di Massimiliano Latorre e dice no alla richiesta di Salvatore Girone di tornare a casa per Natale. Dura la reazione italiana: Latorre non si muoverà e sui due marò si profila un nuovo scontro”.Sul quotidiano si legge che l’India ha scelto un “approccio ‘tecnico’”. Pinotti: “‘È una decisione grave, dall’Italia arriverà una risposta. Latorre non può certo tornare in India’”.
Per La Stampa l’Italia “non ha altre alternative che subire le decisioni indiane, perché non è mai stata attivata la procedura dell’arbitrato internazionale, l’unica strada alternativa a quella politica e diplomatica che sin qui, come si è visto, non ha portato risultati”.
Sul Corriere Danilo Taino (“Il fallimento di una strategia”) riepiloga le scelte italiane sulla questione, e scrive che quello di ieri è “un fallimento per il governo Renzi che ha preso in mano la situazione ed è sembrato credere nella magia di scorciatoie e improvvisazioni”. Si chiede perché l’Italia abbia abbandonato la strada dell’arbitrato internazionale, perché si sia pensato possibile un accordo politico “se non con qualche commercio” con l’India. “Imperizia nel caso marò, ora è crisi con l’India”, il titolo.
Sul Giornale Alessandro Sallusti (“India hai rotto. Teniamoci un marò e andiamo a riprendere l’altro”) scrive che Napolitano ieri si è detto “molto contrariato per la decisione del tribunale indiano di tenere in ostaggio i due marò” e ricorda che Napolitano è anche “capo supremo delle Forze Armate”. In quanto tale “non può abbandonare i suoi uomini in mani nemiche”.
Il Giornale scrive che ieri per acquistare un euro servivano 100 rubli. Erano 50 solo pochi giorni fa. La Russia è “un Paese alle corde, incapace di reagire di fronte all’uno-due devastante portato dalle sanzioni economiche e dal crollo delle quotazioni del petrolio, la risorsa che dovrebbe coprire metà del budget nazionale”. “Come misura estrema per arginare la caduta monetaria, costata da inizio anno una svalutazione della divisa nazionale superiore al 60% anche nei confronti del dollaro, nella notte di lunedì la banca centrale russa aveva deciso di alzare i tassi dal 10,5 al 17%. Una mossa da disperati: se restano tutti da verificare gli effetti di contrasto all’inflazione, pericolosamente avviata verso una crescita a doppia cifra, di sicuro il giro di vite avrà implicazioni negative su un ciclo economico debolissimo”. “‘Non avremmo mai potuto immaginare quello che sta accadendo, si materializzano i nostri incubi peggiori’, ha dovuto ammettere il numero due della banca centrale russa, Sergei Shvetsov”. Si legge anche che “nuovi problemi per Mosca potrebbero arrivare dagli Stati Uniti, dove il presidente Barack Obama si prepara a firmare questa settimana nuove sanzioni contro la Russia e aiuti all’Ucraina. Alcuni analisti cominciano però a temere che il pugno duro della Casa Bianca si riveli un boomerang, a causa delle ripercussioni sull’economia globale provocate da una Russia in ginocchio”.
Sul Sole si legge che la Russia e la crisi Ucraina saranno oggetto di una “accesa discussione in occasione del Consiglio europeo di giovedì e venerdì”: “‘Sull’Ucraina mi aspetto uno schietto scambio di punti di vista’, spiega un responsabile europeo. ‘I Ventotto confermeranno la loro posizione nei confronti della Russia nel contesto della crisi ucraina. La situazione nell’Est del paese (sempre alle prese con una guerra civile tra nazionalisti e russofoni, ndr) rimane fonte di grande preoccupazione. Il Consiglio europeo si dirà pronto a prendere ulteriori misure e chiederà alla Russia di rispettare pienamente l’accordo di Minsk'”. “I paesi che vogliono allentare le tensioni con Mosca, vorranno utilizzare il momento per abolire le misure sanzionatorie. I paesi che invece rimangono dell’avviso che la Russia non è un partner affidabile chiederanno come minimo il loro rinnovo. Il momento è delicato. Il rallentamento economico in Russia, il crollo del rublo, l’aumento dei tassi d’interesse da parte della Banca centrale russa sono il riflesso di un paese in evidente difficoltà sulla scia delle sanzioni internazionali”
Sul Sole un contributo firmato da Mario Pezzini, direttore del Centro per lo sviluppo Ocse, e da Romano Prodi, dal titolo: “L’Africa è una priorità europea”. Si parla delle ottime performance economiche del continente afriano, ma si aggiunge che “l’Africa ha bisogno di una crescita più forte, inclusiva e duratura”, visto che comunque si parte da livelli di reddito troppo bassi e il tasso di crescita è inferiore al 10 per cento registrato dalla Cina nell’ultimo trentennio. E l’Europa deve fare la sua parte, “condividere esperienza, tecnologia e conoscenze”, e “impegnarsi sulla via della solidarietà con il progetto di trasformazione del continente”.
Il Giornale offre una “inquietante storia dell’uomo che ha sedotto le star italiane”, ovvero di Francesco Becchetti, il patron di Agon Channel, emittente che trasmette in Italia dall’Albania, che ha assoldato diversi personaggi della tv italiana. La foto mostra Francesco Becchetti con Simona Ventura. La tv ha tra i suoi personaggi famosi anche Sabrina Ferilli e Pupo. “Ma ora, con Antonio Caprarica (che era a capo delle news ndr) inizia il controesodo”, scrive il quotidiano.