Le aperture
Il Corriere della Sera: “Debito, declassata la Spagna. Vertice a Bruxelles: la spinta italiana per la crescita”. Sulla politica interna: “La maggioranza avverte Monti. Il Pdl: lavoro, si cambi o non votiamo. Più tempo per il 730”. A centro pagina le inchieste giudiziarie: “Vi racconto i miei rapporti con Berlusconi e Finmeccanica”.
La Repubblica: “Debito, declassata la Spagna. Il verdetto di Standard&Poor’s su Madrid. Riforma del lavoro, il Pdl: modifiche o non votiamo. Ue, ipotesi di un maxiprestito Bei”. A centro pagina le inchieste giudiziarie: “Belsito: Bossi sapeva tutto”. E poi: “Daccò: i miei regali ai politici. Formigoni: spunta altra vacanza in Brasile”. “Escort al Cavaliere, processo a Tarantini”. Di spalla, e alle pagine R2, la Cina e la vicenda Bo Xilai secondo Timothy Garton Ash: “Bo Xilai, lo scandalo che cambierà la Cina”.
La Stampa: “Tasse, i partiti avvertono Monti. La maggioranza chiede meno spese e meno pressione fiscale. Pdl: avanti, ma nuova fase. Il premier: crescita Ue frenata dalla politica. Standard&Poor’s declassa ancora la Spagna”. “Famiglie, Bankitalia: debiti bassi, ricchezza diminuita. Lavoro, Gasparri al governo: cambi la riforrma o non la votiamo”. A centro pagina, con foto: “Oslo, quarantamila voci cantano contro il killer”. “Hanno intonato l’inno all’uguaglianza, il motivo che Breivik aveva detto di odiare”.
Il Giornale. “Chi ingrassa Grillo. Il comico che fa paura. Il leader del Movimento Cinque Stelle ha la strada spianata da debolezza e pavidità dei partiti. Lavoro, Pdl pronto a votare no alla riforma. Monti giù nei sondaggi”. A centro pagina: “La figuraccia del governo. Retromarcia dei prof: niente auto blu”.
Libero: “Monti ci spezza le reni per dar soldi alla Grecia. Suicidio del governo: spende una cifra assurda per obbedire alla Merkel che poi ci punirà perché così il nostro rapporto debito-Pil è peggiorato”. L’editoriale del direttore Belpietro è titolato: “Italia sacrificata sull’altare della Germania”.
Il Foglio: “Tra Roma e Bruxelles, Monti raduna gli alleati per piegare il rigorismo tedesco. Il premier si intesta la mediazione in Europa tra austerity e sviluppo. Ma per Merkel il Fiscal compact non si tocca. La maggioranza tripartita puntella Monti con una risoluzione pro crescita e si prepara a riscrivere l’agenda di Passera”.
Il Sole 24 Ore: “Monti: crescita priorità europea. Il premier: abbiamo convinto i partner sullo sviluppo. Approfato il Def: calo delle tasse con i tagli alla spesa. Piano di Bruxelles in 12 punti. Van Rompuy: più risorse alla Bei”. Di spalla: “Su FonSai-Unipol stop dell’Antitrust. Blocco immediato delle delibere sulla fusione tra i due gruppi”.
Europa
Il Corriere della Sera dedica due pagine all’Europa, che entro i primi di giugno, prima del summit già fissato per la fine dello stesso mese, potrebbe convocare un vertice straordinario sul tema della crescita. Il presidente del Consiglio europeo ha detto ieri “non lo escludo”. I temi in agenda sono gli stessi di cui si parla da mesi, ma le elezioni francesi, la crisi olandese, le parole di Draghi e il giudizio di S&P sulla Spagna hanno dato una accelerazione alla necessità di trovare “un accordo forte sulla crescita”, come scrive La Repubblica. Repubblica parla di varie misure che sarebbero all’orizzonte: la Banca europea per gli investimenti starebbe preparando una maxioperazione da 180 miliardi per creare un fondo chiamato a finanziare infrastrutture e grandi opere europee; la Bce potrebbe lanciare altre operazioni di liquidità per le Banche, malgrado l’opposizione della Bundesbank; Monti insiste perché al summit di fine giugno torni d’attualità il piano sul mercato interno sottoscritto da altri 11 leader; e parallelamente, ancora da parte italiana, si punterebbe ad un accordo per l’utilizzo di fondi strutturali e di quelli per l’agricoltura per finanziare la crescita.
Anche per il Sole 24 Ore una delle piste che si seguiranno è la lettera dei 12 Paesi europei (tra cui Gran Bretagna e Italia, ma non Germania e Francia) con cui in febbraio si proponeva di rafforzare il mercato unico. Il presidente del Consiglio europeo Van Rompuy ha lanciato ieri la proposta di aumentare le risorse della Banca Europea degli Investimenti.
Lavoro
Secondo il Pdl il testo così come è stato presentato “non va bene sulla parte della flessibilità in ingresso”, come scrive Il Foglio. Ma il quotidiano spiega anche che “nel partito di Silvio Berlusconi e Angelino Alfano sembra aver vinto (per adesso) la linea dialogante, filomontiana e sottilmente grancoalizionista che anche il Cavaliere ombroso inclina ad assecondare pur restando fedele al proprio umore mobile”.
Secondo Il Giornale il Pdl sarebbe “pronto a votare no alla riforma” del lavoro. Maurizio Sacconi, ex ministro del lavoro e senatore Pdl, propone la soppressione dell’intero articolo 3 della riforma, che modifica la disciplina dei contratti a tempo determinato. Sacconi propone anche l’abolizione dell’articolo 9, che introduce limiti all’utilizzo di lavoratori con partita Iva che in realtà sono dipendenti.
Anche su La Stampa: “L’altolà del Pdl sul lavoro: ‘così com’è non passa’”.
Il Corriere dà spazio ad un forum realizzato ieri con il ministro Fornero, che ha risposto alle domande dei lettori. Estrapoliamo alcune risposte: “Credo che l’accordo sull’articolo 18 possa essere definito intoccabile”; “ci è stato rimproverato di aver messo troppi paletti alla flessibilità. In realtà noi abbiamo più pensato ad ostacolare la precarietà, la cosiddetta flessibilità cattiva”; sulla reintroduzione del reintegro sul posto di lavoro, a motivo di “insussistenza manifesta della ragione economica”, la Fornero dice che è “una giusta norma di tutela”, ed andrebbe “evitata questa endemica diffidenza nei confronti della magistratura, che saprà giudicare i casi in cui il motivo economico è palesemente abusato”; d’altra parte la norma dispone che il giudice “può” e non “deve” usare la reintegra.
Internazionale, Francia
Secondo quanto racconta La Repubblica, la prima pagina de L’Humanité che raffigurava Sarkozy affiancando la sua foto a quella del maresciallo Pétain avrebbe mandato il Presidente su tutte le furie. Ieri, peraltro, i sondaggi davano il socialista Hollande vincitore con il 55 per cento. Questo spiega le parole dello stesso Sarkozy: “Essere trattato da fascista, da un comunista, è un onore”. Insomma, Sarkozy non ha nulla da perdere e non può che puntare a farsi ascoltare dall’elettorato di Marine Le Pen. Secondo i sondaggi, Sarkozy potrebbe recuperare nel Fronte Nazionale della Le Pen soltanto il 48-50 per cento dei voti: troppo pochi. Nelle ultime 48 ore ha accusato Hollande di essere sostenuto da 700 moschee, e poi ha detto che il candidato socialista è sostenuto dallo studioso ginevrino Tariq Ramadan (nipote del fondatore del Fratelli Musulmani, che ha smentito).
Anche su Il Foglio una intera pagina dedicata alle presidenziali. Sarkozy: “Burino a sua insaputa. Analisi del dramma psicologico di Sarkozy, che invece di elaborare la rupture si è scusato cinque anni dopo per lesa maestà della carica di Presidente” (di Marina Valenzise); “Hollande, grigio per scelta”, sulla cifra dell’uomo “normale” del candidato socialista (di Lanfranco Pace).
Il Sole 24 Ore si occupa della corsa all’Eliseo, e riferisce della lettera che Marine Le Pen ha inviato a Sarkozy e Hollande, chiedendo rispetto per gli elettori che hanno votato al primo turno per il Front National (6,4 milioni di francesi): “E’ inaccettabile la logica secondo cui da una parte ci sono i francesi che votano bene e dall’altra quelli che votano male”, “insultando così i miei elettori confermate il vostro comportamento di elite arrogati e sprezzanti”. Il Sole riferisce anche di una vicenda di cronaca che ha offerto spunti polemici durante queste elezioni: nella periferia nord di Parigi un poliziotto ha sparato contro un multirecidivo in fuga, ricercato da un paio d’anni, uccidendolo. Il poliziotto ha invocato la legittima difesa, il magistrato lo ha incriminato per omicidio volontario, perché avrebbe sparato alla schiena. Ecco perché alcune centinaia di agenti hanno manifestanto sugli Champs-Elysées. E il presidente uscente Sarkozy ha sostenuto che bisognerebbe creare una nuova figura giuridica: la presunzione di legittima difesa: “In uno stato di diritto non si possono mettere sullo stesso piano un rappresentante delle forze dell’ordine e un delinquuente”, ha detto Sarkozy. Il fatto è che questa è da tempo la posizione del Front National.
Su Il Giornale: “Sarko in crisi minaccia un attacco alla Siria”. Si ricorda che l’ultimatum di Parigi per l’attuazione del piano di pace scade il 5 maggio, vigilia del secondo turno.
Egitto
Di Fratelli Musulmani in Egitto si occupa Il Foglio in prima pagina, puntando l’attenzione sul disastro dell’economia egiziana e sulla linea scelta dalla Fratellanza: capitalismo estremo, crescita spinta dall’iniziativa privata, economia di libero mercato, riduzione della mano dello stato. Per ottenere l’approvazione del Fondo Monetario Internazionale il regime di Mubarak si era lasciato alle spalle il vecchio modello socialista-statalista arabo, aprendo il Paese al mercato: “la differenza tra il vecchio e il nuovo”, dice un economista di un think tank egiziano, è che il regime favoriva l’iniziativa privata dei soliti noti, gente ben connessa appartenente al giro dei mubarakiani. Nello scenario migliore, ora i Fratelli potrebbero dare una opportunità ad una classe imprenditoriale egiziana interamente nuova.
Taylor, Osama, Bo Xilai, Chavez
Due pagine su La Repubblica dedicate all’ex presidente della Liberia Charles Taylor: è la prima condanna internazionale di un capo di Stato dal 1946, da parte del Tribunale speciale Internazionale istituto da Onu e Sierra Leone a L’Aja. Colpevole di tutti gli 11 capi d’accusa, che enumerano i più efferati crimini contro l’umanità e la convenzione di Ginevra: uso del terrore contro la popolazione civile, assassinio, violenza indiscriminata, stupro come arma di guerra, riduzione in stato di schiavitù sessuale di donne e ragazzi, arruolamento di bambini di età inferiore ai 15 anni. Il tribunale non ha riconosciuto Taylor direttamente colpevole dei delitti commessi, ma lo ha accusato di complicità e favoreggiamento, oltre ad aver collaborato alla loro preparazione.
Ricorda il Corriere della Sera che durante il conflitto (1991-2002) in Sierra Leone, Charles Taylor, leader ribelle con studi negli Usa, probabilmente aiutato dalla Cia a rovesciare il regime di Samuel Doe, e diventato presidente nel 1997, armò i massacratori Sierraleonesi del Fronte rivoluzionario UNito (RUF) in lotta contro il regime liberiano. Con le armi trasferite in Sierra Leone venivano scambiati diamanti.
Anche su La Stampa si ricostruisce la vicenda di Charles Taylor: “Non era un signore della guerra spuntato dalla savana”, e quando una tangente smodata lo ha costretto a fuggire, se ne è andato negli Usa, poi in Libia, dove Gheddafi gli ha finanziato la guerra civile. Ma da lui facevano la fila anche i telepredicatori americani, i francesi e gli inglesi che lo giudicavano un socio d’affari.
La Stampa offre un racconto dei retroscena del blitz Usa che ha catturato e ucciso Osama Bin Laden. Si tratta di un documentario del National Geographic che racconta le indagini e il blitz in Pakistan. “Operazione Bin Laden. Quando Obama disse: ‘Ok, procedete pure'”. Il vicepresidente Joe Biden e il ministro della difesa Gates frenavano, temendo il fallimento. Fu Obama ad assumersi la responsabilità di una missione che aveva solo il 40 per cento di possibilità di successo. Il documentario sarà trasmesso in Italia il primo maggio sul canale 403 di Sky, alle 21.55.
Su La Repubblica un articolo di Timothy Garton Ash torna ad occuparsi della vicenda di Bo Xilai, “quello scandalo che cambierà la storia della Cina”. La vicenda affonda le radici nel sistema di capitalismo leninista emerso negli ultimi trenta anni. Nella capitale non si parla d’altro, malgrado la censura. La Stampa evidenzia le rivelazioni del New York Times, secondo cui a far cadere in disgrazia l’ex segretario del Partito Comunista di ChongQing Bo Xilai sarebbe stato il suo tentativo di spiare il presidente cinese Hu JinTao. Bo Xilai avrebbe creato un sistema per interccettare le telefonate dei più alti esponenti del governo.
La Repubblica si occupa anche del presidente venezuelano Chavez, con un articolo di Omero Ciai che racconta come il presidente, dall’ospedale a Cuba e via Twitter, approva leggi, esorta ministri, aumenta salari (“Così si governa in 140 caratteri”), il sistema irrita l’opposizione, condiziona la campagna elettorale per le presidenziali del 7 ottobre, ma la maggioranza dei venezuelani sembra disposta a concedere ancora una volta fiducia a Chavez che – secondo i sondaggi – verrà rieletto per la quarta volta.
DA RASSEGNA ITALIANA, di Ada Pagliarulo e Paolo Martini