Accordo a 25

Pubblicato il 31 Gennaio 2012 in da redazione grey-panthers

Le aperture

Il Corriere della Sera: “Intesa a 25 sul nuovo Patto Ue. Bruxelles, regole più severe sui conti. Non firmano Gran Bretagna e Repubblica Ceca. Monti soddisfatto: ottenuto quanto auspicavamo”. “Esce una intesa a 25 dal vertice di Bruxelles. Il nuovo patto Ue: regole più severe sui conti. Non firmano la Gran Bretagna e la Repubblica Ceca” A centro pagina le decisioni della Camera e del governo sugli stipendi dei deputati e dei manager: “Ridotti di 1300 euro lordi gli stipendi dei deputati. Tetto ai manager pubblici”. Lo stesso quotidiano dà anche spazio alla notizia dell’abbandono da parte dei ministri Profumo e Clini del loro incarico precedente. “I ministri Profumo e Clini lasciano i doppi incarichi”.

La Repubblica apre con una conversazione del vicedirettore Giannini con Attilio Befera, a capo della Agenzia delle Entrate: “Evasione, ecco il piano di primavera. Befera: ‘Controlli a tappeto su conti bancari e denunce dei redditi. Fuga di capitali in Svizzera. Fornero: l’articolo 18 non sia un tabù. Milano: più 44 per cento di scontrini con il blitz”. E poi: “Ue, accordo sul patto di bilancio”. A centro pagina i “tagli” per deputati e manager. Un piccolo richiamo anche per le contestazioni a Bologna mentre veniva conferita una laurea ad honorem al Presidente Napolitano

Libero: “Tassano anche i malati. Anzichè stanare i falsi invalidi, stangano quelli veri: in arrivo ticket su protesi, ausili per diabetici, alimenti per celiaci, pannoloni e ossigeno domiciliare”. E poi: “E deputati annunciano: ci tagliamo 700 euro in busta paga. Ma è una finta”.

Il Giornale: “In piazza per Silvio. Il Pdl pronto a portare 20 mila persone all’esterno del Tribunale di Milano. Processo Mills, primi dubbi dei giudici: ci può essere persecuzione”. Anche il quotidiano di Sallusti scrive che il taglio agli stipendi dei parlamentari è un “trucco”, e spiega che il taglio deriva dal passaggio dal sistema retributivo a quello contributivo. “Con questo passaggio ogni deputato avrebbe avuto in busta circa 600 o 700 euro netti in più. Ma un aumento dell’indennità sarebbe risultato molto sgradevole per gli italiani. Si è deciso quindi di congelare questo denaro in un fondo. Successivi provvedimenti ne determineranno l’utilizzo. L’indennità risulta comunque al momento invariata”.

Anche su La Stampa: “I deputati si tagliano la paga, ma al netto non cambia niente”. Il titolo più grande è per il vertice europeo: “Europa, sì al patto sui bilanci. Accordo anche sul documento per la crescita. Monti: accolti i nostri auspici. Esperti Ue in Italia per i piani anti-disoccupazione. Il vincolo del pareggio entra nelle Costituzioni. Intesa a 25, si sfila Praga”.

Il Sole 24 Ore: “Accordo Ue sui vincoli di bilancio. Vrato a 25 (senza Londra e Praga) il ‘fiscal compact’ e via libera al fondo salva Stati permanente. Monti: sul debito accolti i nostri auspici. Patto per rilanciare la crescita: lavoro ai giovani, fondi alle Pmi e mercato unico”. Di spalla: “Napolitano: ora riforme. Gli ‘indignati’ in piazza, contestazioni e scontri”. A centro pagina: “I deputati ‘rinunciano’ a 700 euro”. “Tagli di aumenti, non tagli” è il titolo di un corsivo che spiega che “di tagli veri all’indennità mensile di 11200 euro non ce ne sono”.

Vertice europeo

Il nuovo ‘trattato’ sul bilancio è stato sottoscritto da 25 Paesi europei. Al ‘no’ espresso dalla Gran Bretagna all’ultimo consiglio europeo, si è aggiunta la Repubblica ceca, esterna anch’essa alla zona Euro. Spiega il Corriere che i 25 si impegnano ad inserire nelle loro Costituzioni la ‘regola d’oro’ dell’obbligo del pareggio di bilancio, con possibilità di sfondamento non oltre lo 0,5 per cento del Pil. Altro impegno: riduzione del debito al 60 per cento entro 20 anni con sconti in base a quelli che sono stati definiti ‘altri fattori rilevanti’: debito privato, sosteniilità del sistema pensionistico. Non a caso il nostro presidente del Consiglio ha definito l’impegno sul debito “assolutamente sostenibile” per l’Italia. A surriscaldare il clima del vertice è stato il caso Grecia, dopo la proposta della Germania di commissariarare Atene trasferendo le sue politiche di bilancio a Bruxelles. Il Presidente francese Sarkozy l’ha però considerata fuori discussione, il presidente dell’eurogruppo Juncker l’ha definita “inaccettabile”, mentre Olanda e Svezia si sono schierate con la Germania.
Un altra cronaca dal vertice di Bruxelles parla dei malumori diffusi che uniscono sette Paesi: Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Finlandia, Austria, Ungheria e Gran Bretagna. Uno schieramento trasversale, dentro e fuori dall’Eurozona, in frizione con la Merkel, malgrado lo schieramente comprenda Paesi economicamente solidi e altri più fragili.
Su La Stampa: “Merkel paga l’autogol su Atene. La proposta di commissariare la Grecia fa infuriare tutti. La Cancelliera ha mantenuto un profilo basso”.
La cronaca parla anche della sfuriata dell’attuale presidente dell’Europarlamento, il tedesco e socialista Schulz: non sono mancate le sue critiche al fiscal compact di germanica provenienza, la sua insistenza per misure per la crescita, tanto che, ad un certo punto, la Cancelliera ha sbottato: “Signor Schulz, prego, allora ci dica lei come cambiare i Trattati”. Lui ha concluso la giornata con una conferenza stampa in cui ha ribadito gli attacchi, ha ribadito la richiesta di un ruolo più attivo per il Parlamento europeo, ed ha detto che considerava l’idea di commissariare la Grecia “una idiozia”. Finora, scrive La Stampa, l’unico candidato socialista che angustiava la Merkel era il francese Hollande, che sta facendo capire che in caso di vittoria alle Presidenziali l’asse franco-tedesco sarebbe molto in bilico, poiché è decisamente favorevole agli euro-bond.
“Coro di no su Atene commissariata” titola Il Sole 24 Ore che, però, affianca alla cronaca una analisi in cui si sottolinea che la Grecia non fa progressi nel risanamento. Nei giorni scorsi la trojka Bce-Ue-Fmi ha reso noto un drammatico rapporto da cui emergono tutti i ritardi nel risanamento della Grecia, che viaggia con un debito da 357 miliardi. La Trojka ribadisce la richiesta di ridurre i 680 mila dipendenti pubblici, di sostituire i dirigenti della funzione pubblica che non raggiungono gli obiettivi, di rendere automatica una rotazione dei funzionari del fisco per evitare collusioni, di rendere più stringenti le norme anti-corruzione.
Un’altra analisi del Corriere della Sera si occupa della “partita di Varsavia” che si è battuta dall’inizio per chiedere il diritto di partecipare ai summit dell’eurozona a 17, malgrado non faccia parte dell’Euro, anche senza diritto di voto: il compromesso finale prevede almeno due incontri annui cui la Polonia parteciperà.

Ddl anticorruzione

La Repubblica scrive che nel disegno di legge anticorruzione il ministro della Funzione Pubblica Filippo Patroni Griffi è pronto ad introdurre due emendamenti di peso: “Il pubblico dipendente che denuncia condotte illecite di cui sia venuto a conoscenza in ragione del rapporto di lavoro – si legge nell’emendamento – non può essere sanzionato, licenziato o sottoposto a una misura discriminatoria diretta o indiretta” e “l’identità del segnalante non può essere rilevata senza il suo consenso”. Traduce il quotidiano: chi all’interno della Pubblica Amministrazione svela un reato non solo avrà la garanzia dell’anonimato ma – secondo quanto si legge nell’emendamento – anche un premio in denaro non inferiore al 15 e non superiore al 30 per cento della somma recuperata dopo la condanna definitiva dei giudici contabili”. Sul fronte del conflitto di interessi, il rapporto di 41 pagine pubblicato dal Ministro chiede anche una delega al governo per disciplinare i casi in cui non si può dare un incarico dirigenziale a chi “per un periodo non inferiore a tre anni” abbia svolto “incarichi” o abbia avuto “cariche” in imprese sottoposte a regolamentazione, controllo o contribuzione da parte dell’Amministrazione che a suavolta conferisce l’incarico. Trasparenza patrimoni: chi detiene cariche elettive a qualsiasi livello “dovrà rendere del tutto trasparente la sua situazione patrimoniale, la titolarità di imprese, le partecipazioni azionarie proprie, del coniuge, dei congiunti fino al secondo grado di parentela”.
Anche sul Corriere della Sera: “L’idea anticorruzione: un premio in denaro a chi denuncia i casi. Fino a un terzo della somma recuperata”. Il Corriere parte dalla constatazione che in Italia la corruzione aumenta ma le denunce diminuiscono, al pari di processi e condanne. Per invertire la tendenza, la proposta che compare come suggerimento nella relazione della “commissione per lo studio e l’elaborazione di proposte in materia di trasparenza e prevenzione della corruzione” istituita a fine dicembre presso il ministero della Pubblica Amministrazione. Il gruppo di lavoro ha partorito una relazione consegnata ieri al Presidente del Consiglio. Lo stesso quotidiano spiega che ci si è fermati sul fronte della repressione, ovvero di nuove possibili sanzioni penali, per fermarsi al ruolo iniziale, quello della prevenzione, anche perché al ministero della giustizia non avrebbero gradito proposte giunte da una commissione nominata solo dal ministero della Pubblica Amministrazione.

Processo Mills

I giudici della prima corte d’Appello hanno dichiarato ieri ammissibile l’istanza con la quale Silvio Berlusconi, imputato di corruzione in atti giudiziari, ha ricusato il collegio che lo sta giudicando nel cosiddetto processo Mills. L’istanza ora dovrà essere discussa nel merito, e ciò non potrà avvenire prima della metà di febbraio, perché il codice stabilisce che l’udienza può tenersi solo dieci giorni dopo la notifica. Nel frattempo potrebbe scattare la prescrizione: secondo alcuni calcoli, il 14 febbraio. Il processo può andare avanti, anche se i giudici non possono emettere la sentenza. Lo scrive Il Sole 24 Ore.
Il Giornale: “I dubbi dei giudici: ci può essere persecuzione”.

Internazionale

Il Corriere della Sera ha un reportage da Teheran: “La vita al tempo delle sanzioni”, al mercato nero tutti chiedono dollari, al Gran bazar si dà la caccia alle monete d’oro, e sui vagoni della metro le ragazze in chador vendono calze a rete.
Su La Stampa, primarie Repubblicane, reportage da Tampa, Florida, dove oggi si vota. E Newt Gingrich tenta la rimonta: si considera un uomo il lotta contro un liberal disonesto e abortista (Romney) per avere il diritto di sfidare un “aspirante dittatore che ha dichiarato guerra alla religione e vuole trasformare gli Usa in una socialdemocrazia europea” (Obama). I sondaggi danno Romney avanti di una decina di punti. Anche su Il Corriere si scrive che l’establishment repubblicano è contro Gingrich, mentre Romney vola nei sondaggi.

E poi

Su La Stampa un articolo di Irene Tinagli è dedicato a Israele, Paese delle start up, ovvero una ogni 1844 cittadini. E’ il secondo Paese dopo gli Usa per aziende quotate al Nasdaq, cioé un numero che supera quello di tutte le imprese del continente europeo messe insieme. Irene Tinagli, recensendo un libro dedicato a questo tema firmato Dan Senor e Saul Singer, dal titolo “Star Up Nation” (in Italiano “Laboratorio Israele”), ricorda che sono in molti ad aver tentato una spiegazione del “miracolo economico” di Israele: economisti e studiosi hanno sottolineato che è un Paese che incentiva fortemente la ricerca, avendo il più alto tasso di investimenti in ricerca e sviluppo del mondo; altri attribuiscono il miracolo alle privatizzazioni e liberalizzazioni intraprese nel 2003 da Netanyahu da ministro delle Finanze, in particolare la sua riforma del sistema bancario; altri ancora lo attribuiscono al fatto che il 45 per cento della popolazione è in possesso di istruzione universitaria (in Italia il dato si ferma al 15 per cento). Secondo la Tinagli tutti questi fattori trascurano comunque il contesto storico e culturale di questo Paese, il suo modo di pensare, di lavorare, di affrontare sfide e problemi. Un Paese sotto costante minaccia di attacchi terroristici ha imparato a organizzare la propria vita economica e sociale in modo da non essere intaccato dalle vicende militari. Inoltre, gli alti investimenti nel settore difesa e l’obbligo di un servizio militare che va dai 2 ai 9 anni per tutti i giovani israeliani (con l’aggiunta di 20 anni di riserva) è stata trasformata in una straordinaria opportunità di formazione professionale: l’esercito israeliano, infatti, non soltanto ha tecnologie sofisticatissime, ma ha metodi di selezione, istruzione e formazione dei propri soldati efficaci come quelle di Harvard o Stanford. Anche i boicottaggi di tutte le merci hanno stimolato gli israeliani, che si sono dedicati ad attività e prodotti immateriali come i software e le tecnologie legate a comunicazioni internet. La diaspora, poi, ha reso questi cittadini cosmopoliti, adattabili ed aperti all’immigrazione: migliaia di rifugiati sono stati accolti in Israele, dagli etiopi in fuga dal regime antisemita di Menghistu, agli ebrei romeni in fuga da Ceausescu, passando per gli 800 mila ebrei russi tornati in Israele dopo il crollo dell’Urss, che equivalevano a un sesto di tutta la popolazione israeliana dell’epoca.
Del libro dedicato alla Start Up Nation si occupa anche Gianni Riotta, che vi trova un modello per l’Europa (e per l’Italia) che non cresce (“Il lavoro, la ripresa, la crescita, si creano solo con la collaborazione di Stato, mercato, università, venture capital, scuole e ricerca, progetto, start up, creatività, e tanta, tanta faccia tosta”, ovvero audacia, “chutzpah”.

DA RASSEGNA ITALIANA, di Ada Pagliarulo e Paolo Martini