Itinerario cultural-cinematografico in Provenza, da Nizza a Marsiglia, passando per Cannes e Hyères. Per scoprire che il grande schermo sa essere un’ottima guida turistica
In principio fu la luce. La pura, chiara, calda e trasparente luce del Mediterraneo. Delle colline tra le Alpi e il mare, tra il Rodano e il Var. Insomma: Provenza e Costa Azzurra. Irresistibile calamita per i pittori (Van Gogh, Seurat, Renoir, Cézanne, Chagall, Matisse, Picasso) che dalle brume del nord scendevano qui per riempirsi gli occhi e trasferire sulle tele quei colori, ma anche per autori di un’altra arte visiva. Nata sempre in Francia nel 1895 e dunque coetanea o di poco maggiore di quasi tutti i movimenti pittorici d’avanguardia. L’arte della “luce in movimento”: il cinema. E la Costa Azzurra è ancora la culla del cinema, quantomeno per una delle più prestigiose rassegne cinematografiche internazionali: il Festival di Cannes. Dunque, valigia pronta con destinazione il Sud della Francia. E a farci da guida saranno alcuni registi di ieri e di oggi ovvero i fotogrammi dei loro film.
NIZZA: A proposito di Jean Vigo
Prima tappa, Nizza. Città internazionale, cosmopolita, la quinta di Francia per popolazione. Una città importante, ricca di proposte per qualsiasi tipo di viaggiatore nonché base di partenza per la Corsica e l’entroterra, la Valle del Var, con il parco naturale del Mercantour. Ma restiamo in città e cominciamo con il primo film. Si tratta di À propos de Nice, documentario girato nel 1930 da Jean Vigo (operatore Boris Kaufman). Vigo (1905-1934) nella sua breve vita realizza solo 4 film, due documentari e due lungometraggi, tutti importantissimi nella storia del cinema. Il più famoso è L’Atalante (1934) una scena del quale è diventata la sigla di Fuori Orario di Raitre.
Ma torniamo a Nizza. Vigo sembra mostrarci le bellezze della città come un qualsiasi turista: la Promenade des Anglais con i suoi celebri hotel e caffè, il Negresco, stile Liberty, con la sua famosa Rotonde. Ben presto, però, comincia a giocare con la macchina da presa mettendo a confronto cose tra loro incongrue o lontanissime: le fiches del casino e i ciottoli della spiaggia, l’allora altolocato gioco del tennis e la popolare pétanque, le bocce provenzali. A catturare il suo sguardo è poi la Nizza proletaria e operaia, ossia il rovescio della vita mondana degli alberghi sul lungomare. Ed ecco le lavandaie, i ragazzi che giocano a carte o alla morra, le focacce portate sulla testa per le viuzze del centro in enormi contenitori metallici. Tutto questo è però solo un preambolo per arrivare al cuore della città. Nel suo film, infatti, Vigo lascia spazio al celebre Carnevale.
Istituito nel 1873 è ancora oggi una delle manifestazioni locali più importanti. Il dietro le quinte della costruzione dei carri, le sfilate per i viali, la tradizionale Battaglia dei fiori e, soprattutto, sfrenate ballerine che coinvolgono lo spettatore con la loro sensualità. Ma Vigo introduce qui un corto circuito tra la follia carnale della festa più pagana dell’anno con il sentimento della fine, il presentimento della morte. Sempre sotteso alla vitalità e alla gioia. Ecco allora che le immagini carnascialesche si alternano a inquadrature con le tombe del Cimitero del Castello.
Nizza è uno dei pochissimi luoghi al mondo dove sono i morti a guardare i vivi dall’altro in basso. Il cimitero, infatti, sorge alla sommità della collina che domina il centro storico, a picco sul mare. Cimitero cattolico, ma anche ebraico e aconfessionale, a riprova che la città è da sempre cosmopolita. E nel film di Vigo gli svolazzi dei marmi, le ali degli angeli scolpiti sembrano rivaleggiare con i volant dei ridotti costumi delle ballerine. In una sorta di vortice iconografico che accomuna il presente e il passato. Perché tutto è destinato a perire, aggiunge il regista nella chiusa del film, mostrando ciminiere e fornaci nel cui fuoco finiscono anche i brandelli dei carri e i mascheroni di cartapesta.
NIZZA: François Truffaut e La Victorine
Da un secolo Nizza è la capitale francese del cinema. Nel 1919 infatti i produttori Louis Nalpas e Serge Sandberg acquistano dal duca Masséna (discendente del generale bonapartista André Masséna) una proprietà terriera di 7 ettari a ovest della città e vi costruiscono quattro teatri di posa. Mantenendo il nome che gli aveva dato il precedente proprietario in onore della nipote Victoire. Nascono così gli Studios de la Victorine di cui quest’anno si celebra appunto il centenario. In realtà già in precedenza alcuni pionieri avevano girato film in studi improvvisati sulla collina di Cimiez, dove oggi sorge il Museo Matisse, ma La Victorine ha sicuramente rappresentato una svolta e una vocazione per l’intera città.
Qui sono passati i nomi più importanti del cinema non solo francese. Registi, attori e attrici come Jean Renoir, Alfred Hitchcock, Rex Ingram, Abel Gance, Marcel Carné, Julien Duvivier, Jacques Tati, Brigitte Bardot, Jane Fonda, Sofia Loren, Grace Kelly, Cary Grant, Alain Delon, Jean-Paul Belmondo, Lino Ventura… Storia lunga un secolo, con anche battute di arresto, passaggi di proprietà e persino lunghi periodi di chiusura. Come tra il 1974 e l’inizio dei 2000. Nel 1973 una delle ultime produzioni che vedono la luce qui è Effetto notte (La nuit américaine) di François Truffaut (1932-1984), uno dei film più belli del regista nonché vero e proprio atto d’amore per il cinema. Il film è la storia della lavorazione di un film sicché i teatri di posa, le attrezzature tecniche, le sale di montaggio, missaggio e tutto quanto serve a creare la magia del cinema diventano essi stessi protagonisti al pari degli attori in carne e ossa.
Che sono lo stesso Truffaut nel ruolo di se stesso, ossia del regista, e poi il suo alter-ego cinematografico Jean-Pierre Léaud, Jacqueline Bisset, Jean-Pierre Aumont e la nostra Valentina Cortese. E il 2019 sarà per Nizza interamente dedicato alla settima arte. A cominciare dalla 135° edizione del Carnevale (fino al 2 marzo)votata al Re del cinema. Dal 10 maggio al 30 settembre il Museo Masséna ospita la mostra Nice Cinémapolis che racconta il rapporto tra la città e il cinema mediante spezzoni di film, manifesti, fotografie, sceneggiature e documenti dal 1895 a oggi. Sempre da maggio a settembre ilMamac (Museo d’arte moderna e contemporanea) propone la mostraLe diable au corps-Quando l’op art électrise le cinéma mentre il Museo Matisse, da settembre a gennaio 2020, avrà la sua mostra intitolata Cinématisse. Del resto, proprio il pittore fauvista aveva detto: «Quando lavoro sulla tela è davvero una sorta di cinema infinito».
CANNES – Non solo Palme
Dire Cannes è dire Festival del Cinema (quest’anno dal 14 al 25 maggio), ma perché il simbolo della città e il premio più ambito sulla Croisette è una Palma d’oro? Leggenda vuole che agli albori del cristianesimo sant’Onorato fosse venuto qui per evangelizzare il Paese. Sull’isola che oggi porta il suo nome, di fronte alla città, volle fondare un monastero, ma la trovò infestata di serpenti velenosi. Alle sue preghiere il Signore gli ingiunse di arrampicarsi su un’alta palma dopo di che scatenò una mareggiata che spazzo l’isola liberandola dai rettili. Da allora le isole di Lérins e Cannes hanno una palma nel loro stemma. E un piccolo ma prezioso ramo di palma finisce ogni anno nella bacheca di qualche regista. Una visita a Cannes può cominciare proprio dalle isole di Lérins, Saint-Honorat e Sainte-Marguerite, a 15 minuti di battello dal porto.
La prima appartiene quasi interamente all’abbazia che oggi ospita una piccola comunità di cistercensi. La sua peculiarità è l’azienda agricola monastica, gestita senza ausili chimici, e l’antico vigneto che produce vino biologico. In più le due isole custodiscono un vero e proprio tesoro botanico con piante rare e protette. Cannes inoltre è una delle sedi della seconda edizione del Festival dei Giardini della Costa Azzurra, che si svolge dal 30 marzo al 28 aprile in diverse località della riviera e dell’entroterra. Ottanta giardini aperti al pubblico tra i più belli della Provenza.
A Cannes ce ne sono due, che naturalmente hanno a che fare con il cinema. Villa Domergue prende il nome dal pittore e scultore Jean-Gabriel Domergue che vi si stabilì nel 1936 e che, 10 anni dopo, realizzò il primo manifesto per il neonato Festival del Cinema. Giardino all’italiana disegnato dallo stesso Domergue che si era ispirato a quello di Villa d’Este a Tivoli. L’altro giardino è quello di Villa Rothschild, fatta costruire a fine ‘800 dalla famiglia dei banchieri, che oggi ospita la Mediateca di Cannes. E poi ci sono la Croisette e il Palais du Festival aperto tutto l’anno con un ricco calendario di teatro, musica, danza e altre arti. In città, attualmente è in corso un radicale restilyng della Croisette che prevede un allargamento dell’arenile, piste ciclabili, spazi verdi, aree relax e gioco.
Anche il fronte di ristoranti e alberghi sarà ridisegnato e armonizzato con un nuovo design. L’asso nella manica per chi visita Cannes si chiama però Collegandosi al sito omonimo si può prenotare una visita gratuita tenuta da un abitante del luogo, capace perciò di trasmettere il proprio vissuto. Molto più di una guida turistica. Il cannesgreeter che fa per noi è René Pierre che propone, anche in italiano, una visita di due ore alla scoperta dei murales a tema cinema sparsi per la città. Infine, tra Cannes, Nizza e Montecarlo nel 1955 Alfred Hitchcock ambientò gli esterni di Caccia al ladro, con Cary Grant e Grace Kelly. Film galeotto che permise l’incontro tra la bionda diva di Hollywood e il principe Ranieri di Monaco con successivo royal wedding e infiniti strascichi di gossip.
HYÈRES- Dai fenicotteri a Scorsese
La tappa successiva è Hyères, che chiude a ovest la Costa Azzurra con la penisola di Giens, famosa per gli stagni (ex saline) e la biodiversità. Nonché per una colonia stanziale di fenicotteri rosa che ne rappresentano l’emblema. Dall’imbarcadero di La Tour Fondue, all’estremità meridionale di Giens, partono i traghetti che in dieci minuti portano all’isola di Porquerolles. Un’esperienza che da sola vale il viaggio. Porquerolles è la seconda isola francese del Mediterraneo per estensione (dopo la Corsica) ed è un autentico paradiso. Intanto per l’assenza totale di traffico e poi per la fitta rete di sentieri che permettono di esplorarla in lungo e in largo a piedi o (preferibile) in bicicletta. Tra spiagge e scogliere, macchia mediterranea e campi coltivati un giro a Porquerolles è un ristoratore tuffo nella natura. Ma torniamo in città perché il cinema ci porta all’altro estremo del territorio comunale: il centro storico.
Hyères non è prospiciente la costa, ma sorge ai piedi di una collina che fino al ‘600 era interamente inglobata in un imponente castello. Una delle fortezze più ampie e inespugnabili dell’intera Provenza. Il centro storico è suddiviso in due parti: il nucleo medioevale e la parte ottocentesca con ville e alberghi di stile eclettico fatti costruire dalla nobiltà e dalla grande borghesia di mezza Europa, a cominciare dalla Regina Vittoria d’Inghilterra che svernava qui. Due i parchi (Saint-Claire e Saint-Bernard) aperti al pubblico. Villa Saint-Claire è legata alla scrittrice americana Edith Wharton, prima donna Premio Pulitzer nel 1921 con il romanzo L’età dell’innocenza, diventato film nel 1993 per la regia di Martin Scorsese con Daniel Day-Lewis, Michelle Pfeifer, Winona Ryder e Geraldine Chaplin. Il parco Saint-Bernard fa invece corona a Villa Noaïlles ed è qui che, prima di entrare, bisogna consultare la cineteca.
HYÈRES-Il castello degli artisti
Il film che ci fa da guida è Les mystères du château de dé (I misteri del castello del dado) girato nel 1929 dal pittore e fotografo surrealista Man Ray (1890-1976). Ray gira il suo film quando la villa è appena stata ultimata. L’architetto è Robert Mallet-Stevenson e i committenti i visconti di Noaïlles, Charlese Marie-Laure, lontana discendente del marchese De Sade. Oppiomani e mecenati, i Noaïlles sono tra i principali sostenitori del movimento surrealista che finanziano acquistando i quadri dei vari Max Ernst, Salvador Dalì, Joan Mirò, René Magritte ecc.
Artisti e pittori sono di casa dai loro anfitrioni. Sia nel palazzo di Parigi in Place des États-Unis, vicino all’Etoile, sia in questa dimora estiva edificata come un quadro cubista (i dadi, appunto). Il castello viene invece dal fatto che la villa rientra nel compound delle fortificazioni sulle pendici della collina. Le due torri superstiti le fanno da quinta mentre avanzi di muraglie si trovano in giardino. Nel 1930 e nel 1931 Charles dona alla moglie, come regalo di compleanno, un film, che contribuisce a realizzare finanziandone la produzione. Il primo è L’âge d’or di Luis Buñuel, il secondo Le sang d’un poète di Jean Cocteau, capisaldi del cinema d’avanguardia. Con Ray, i padroni di casa fanno ancora di più: si prestano come interpreti. Con il volto nascosto da una calzamaglia in modo da sembrare manichini metafisici, come nei quadri di De Chirico. Così come metafisico diventa lo spazio che li circonda. La piscina, le terrazze, i giardini sono trasformati dalla cinepresa di Ray in altrettanti quadri surrealisti.
Oggi bisogna fare qualche sforzo: la piscina è coperta da una lastra di vetro, alcune stanze e spazi comuni sono chiusi al pubblico, le statue acroteriali (sui tetti) sono scomparse, ma tutto qui è ancora permeato dalla genialità. Fonte a sua volta d’ispirazione. Salvador Dalì, per esempio, si è certamente ricordato di questa casa dei suoi mecenati quando a Port Lligat, 300 km più a ovest sulle rive dello stesso mare che si scorge all’orizzonte, ha trasformato alcuni capanni di pescatori nel suo surrealistico buen retiro. Oggi la villa, di proprietà comunale, continua la sua missione in quanto sede di esposizioni ed eventi nel campo di moda, fotografia, design, architettura e musica.
MARSIGLIA- La mala di celluloide
Dire Marsiglia al cinema significa evocare il gotha della settima arte. Non solo transalpina. Ma anche legare indissolubilmente la città alla malavita organizzata, alle bande di delinquenti, a molti delitti e pochi castighi. Specialmente negli anni dai ’50 ai ’70. Come in Porto proibito (Le port du désir, 1955) di Edmond Gréville con un Jean Gabin all’apice della carriera e della bravura. Altri titoli: L’armata degli eroi (L’armée des ombres, 1969) di Jean-Pierre Melville con Lino Ventura, sulla Francia di Vichy, Borsalino (id., 1970) di Jacques Deray con i dioscuri Jean-Paul Belmondo e Alain Delon, Il braccio violento della legge (The French Connection, 1971) di William Friedkin con Gene Hackman e Marcel Bozzuffi. E si potrebbe continuare a lungo.
Da tutti questi titoli ne esce l’immagine di una città brutta, sporca e cattiva. Inquieta e inquietante. Ostaggio della mala, con gli angiporti desolati e pericolosi, abbandonati e fatiscenti. Covo di banditi, trafficanti, prostitute. Teatro di omicidi, ricatti, malversazioni, omertà. Insomma, l’esatto contrario di quanto sia oggi la capitale del Midi francese, specialmente dopo il rilancio avvenuto nel 2013 quando è stata capitale europea della cultura. Archistar come Zaha Hadid (Cma Cgm Tower), Jean Nouvel (Tour La Marseillaise), Norman Foster (Master Plan del Vecchio Porto e L’ombrière), Rudy Ricciotti (Mucem, Museo delle civiltà del Mediterraneo) e l’italiano Stefano Boeri (Villa Méditerranée) hanno fatto quasi a gara per rendere il centro storico, le banchine e i moli un polo terziario e turistico di primordine, accogliente e invitante.
Che non ha comunque snaturato la rude e sorniona anima marsigliese. I pescatori con la faccia bruciata da sole approdano ancora al Quai des Belges, alle loro bancarelle sotto la grande ruota panoramica. Dall’alto è sempre la Vierge de la Garde a sorvegliare quanto accade ai suoi piedi. Il vecchio quartiere del Panier non è più off limits per nessuno, anzi le sue botteghe, gli atelier d’artisti, i bistrot, i ristorantini, ma anche i murales invogliano a lunghe, piacevoli perlustrazioni. La Canebière e le vie limitrofe hanno vetrine con prodotti di ogni tipo e di qualità, dall’abbigliamento alla gastronomia. Il nuovo Museo di Storia di Marsiglia, che ingloba i resti archeologici focesi (VII sec a.C.), e quello dei Dock romani, dietro il Municipio, mostrano dove è cominciata la lunga storia della città che prosegue nel sottosuolo della basilica di San Vittore, dove si riparte dall’epoca paleocristiana per arrivare al Basso Medioevo. Di fronte, sull’altra riva del porto, risponde il rinascimentale Fort Saint-Jean (parte del Mucem) per rimbalzare di nuovo accanto a San Vittore nel settecentesco Four des Navettes dove si cela il segreto meglio custodito di Marsiglia: la ricetta dei biscotti all’aroma di fiori d’arancio dalla forma a barchetta. E la mafia corsa? E i Clan dei Marsigliesi? Ormai solo spunti per un cinema-nostalgia. Come French Connection (2014) del 42enne marsigliese Cédric Jimenez con Jean Dujardin. Ambientato, guarda caso, negli anni ’70 del secolo scorso.
Come arrivare
in auto
Da Milano autostrada A7 Serravalle (www.serravalle.it) poi A10 Dei Fiori (www.autostradadeifiori.it) fino a Ventimiglia e da lì su autostrada francese A50 a pedaggio per tutte le località citate nel testo. Da Torino A6 per Savona e da qui A10.
in treno
La soluzione più comoda e conveniente (molte le offerte speciali) per raggiungere dall’Italia le località citate nell’articolo è il treno Thello (www.thello.com), in servizio da Milano a Nizza e, nei weekend, fino a Marsiglia con fermate a Nizza, Cannes e altre località della riviera italiana e francese.
LINK
Effetto notte(trailer)
Le port du désir(versione originale)
Nizza
www.nicetourisme.com
it.nicecarnaval.com
http://studiosdelavictorine.fr
www.musee-matisse-nice.org
www.mamac-nice.org
museephotographie.nice.fr
Canne
www.palaisdesfestivals.com
www.cannes-ilesdelerins.com
www.cannesgreeters.com/https://festivaldesjardins.departement06.fr
Hyères
www.porquerolles.com
www.villanoailles-hyeres.com
www.mucem.org
Ufficio del Turismo Francese