Ci ritroviamo, di questi tempi a non poter fare molte cose: non possiamo andare al cinema, né a teatro, né ai concerti o al museo, per noi senior le cose poi si complicano ulteriormente, niente sport, viaggi, burraco con gli amici, visite ai nipotini. Chiusi in casa possiamo solo leggere, guardare la televisione e cucinare. E la cucina in momenti come quelli che stiamo vivendo può essere una salvezza. Perché cucinando, come ben sa chiunque ama farlo, può liberare dalle ristrettezze quotidiane, può farti viaggiare dove vuoi e senza pagare. Davanti ai fornelli si vola, in un attimo ci si trova in isole tropicali, tra montagne innevate, in deserti assolati, dove il coronavirus non può raggiungerci. Io in questi giorni sono volata addirittura in Cina, un paese dove non sono mai andata e che in questi giorni è sulle prime pagine di tutti i giornali, certo lì il coronavirus arriva ma io sono riuscita a dribblarlo e di quel paese mi sono goduta solo il meglio.
Uno dei plus della Cina è di certo il cibo. Mezzo mondo infatti ama ravioli al vapore, noodles saltati, pollo in salsa agro piccante e soprattutto involtini primavera. Così quando mi è stato proposto di cucinare insieme a un gruppo di donne richiedenti asilo una cena per una festa da fare al loro centro di accoglienza, non ci ho pensato due volte. Il Centro non aveva cucina e così mi sono trovata la casa affollata da nigeriane, yemenite, senegalesi e per l’appunto cinesi. A ciascuno dei gruppi ho dedicato un’intera giornata, l’ultima è stata quella delle cinesi che aspettavo impaziente perché mi avevano detto che avremmo preparato gli involtini primavera, di cui sono sempre stata golosissima. Ed è stata un’avventura entusiasmante, e anche vagamente surreale. Le due donne cinese, una giovanissima e l’altra meno, non parlavano infatti altra lingua che il cinese e un italiano incomprensibile e dunque tutta la session ai fornelli si è svolta come un aggraziato balletto in cui ci si capiva a gesti, i gesti della cucina, uguali in tutto il mondo. La gestualità dei cinesi ai fornelli è di per sé uno spettacolo artistico, la grazia infinita con cui si muovono, come tagliano le verdure, come le fanno saltare nella wok, i movimenti con cui si confezionano e poi si fanno friggere gli involtini, l’armonia dei colori, tutto segue un copione ben definito che ho imparato a rispettare. Fare 80 involtini primavera non è uno scherzo, mano a mano che si progrediva nel lavoro è avvenuta una cosa curiosa, siamo volate via dalla cucina, perse nell’interspazio della cucina, senza più affanni né pensieri e alla fine dell’opera ci siamo abbracciate felici e contente. In barba al Coronavirus.
La ricetta è piuttosto semplice: la sfoglia per fare gli involtini, si trova in tutti i negozi di cibi cinesi o etnici. Taglio a julienne finissima carote, cipolle e verza e le passo in acqua fredda, poi le scolo e le asciugo. Immergo i fogli di sfoglia di riso per qualche istante in acqua calda e poi li asciugo. In un wok con un po’ d’olio faccio brevemente saltare le verdure a julienne, quindi aggiungo un po’ di soia. Adesso allargo sul tavolo di lavoro le sfoglie. Le farcisco con un cucchiaio di ripieno e lo dispongo sulla metà bassa di ciascun foglio, avvolgo con la carta di riso ripiegando i due lati, destro e sinistro, verso il centro e arrotolo l’involtino dal basso verso l’alto sigillando bene le estremità con un po’ d’acqua. Verso l’olio di semi all’interno del wok, lo porto a temperatura e friggo gli involtini. Sono pronti quando risultano dorati. Li servo caldi con salsa di soia o salsa agrodolce. Buon appetito! O meglio, come dicono i cinesi, Xiǎngshòu nǐ de fàn!