Cinque testi contemporanei, tre autori inglesi, due scozzesi, quattro quarantenni e una over sessanta. Un gruppo di amici universitari, un valoroso generale di shakespeariana memoria, tre ritratti ravvicinati e non classificabili di coppie sentimentalmente imperfette. Sono questi solo alcuni dei numeri, dei generi identitari di una rassegna, “Trend“, che nella sua dodicesima edizione – realizzata come sempre col sostegno di Roma Capitale – Assessorato alle Politiche Culturali e Centro Storico, e con supporto del British Council – attraversa il panorama complesso e vario della drammaturgia inglese dell’ultimo decennio, con la curiosità e l’ostinatezza di chi vuole puntare lo sguardo altrove, al di là di quotidiane e miopi visioni, alla ricerca di messe a fuoco di un qualunque senso nuovo. Con una trasversalità di approcci che sceglie fisionomie, sonda terreni, soppesa linguaggi, restituendoci il quadro scombinato di una realtà che sembra guardare sempre di più all’interiorità.
E quindi, nello specifico, guarda all’instabilità di relazioni scomodamente equilibrate fra generazioni, come avviene in “Good with People” di David Harrower, alla fragilità di solitudini che si riconoscono a fatica e a fiuto, in “Being Norwegian” di David Greig, e alla deformante normalità di coppie guastate dentro in modo impercettibile, in “Stockholm” di Bryony Lavery. E, ancora, guarda all’imprevedibilità, talvolta ossessiva, di rapporti soggetti al cambiamento nel tempo, in “Seven Tunes on a Flute” di Sam Hall, e al lacerante isolamento di un uomo solo che racconta una tragedia vista dalla condizione del margine, in “Banquo” di Tim Crouch. Il tutto alimentato da scritture eterogeneamente modulate, che proprio nella diversità delle proposte riscoprono una densità a volte complementare di accenti, una rotondità alterna di battute, una secchezza quasi permanente di retroscena e sottotesti, una direi costante tensione paradossale che tutto accomuna e che tutto lascia in disordine.
di Rodolfo di Giammarco