Poco più di un anno fa è rimbalzata su tutti i giornali del mondo, scuotendo gli ambienti degli appassionati di fotografia, la notizia del ritrovamento di tre valige (custodite a Città del Messico nella casa di un ex diplomatico messicano che combatté ai tempi del generale Pancho Villa) contenenti migliaia di negativi di foto scattate durante la guerra civile spagnola da Robert Capa, Gerda Taro (fotoreporter e all’epoca compagna di Capa) e David Seymour, fondatore insieme a Capa dell’agenzia Magnum. Dopo quasi 70 anni, l’avventurosa storia di queste valige si è conclusa nel modo migliore: i negativi sono finiti nelle mani degli esperti dell’International Center of Photography di New York, fondato nel 1974 da Cornell Capa, fratello di Robert e anche lui fotografo. Secondo quanto a suo tempo si raccontava, con toni più o meno da leggenda, il negativo del miliziano spagnolo ucciso a Cordoba durante la guerra civile sarebbe stato dimenticato da Robert Capa in una camera oscura di Parigi e da allora se ne erano perse le tracce. Finalmente, con il recupero dei negativi, l’International Center of Photography di Manhattan ha fatto riemergere dall’oblio – insieme alla famosa «Caduta del soldato» – altre migliaia di pellicole del grande fotoreporter.
La collezione di Budapest
Le belle sorprese, a proposito dei preziosi lavori di Robert Capa, non sono poi finite. L’ultima, in ordine di tempo, è l’acquisto, da parte dello Stato ungherese, del «Robert Capa Master Selection III», una collezione di notevole pregio di cui vale la pena conoscere anche gli antefatti. È il 1990 quando Cornell Capa realizza, attingendo dall’ampia collezione dell’International Center of Photography di New York, il «Robert Capa Master Selection I», ossia una selezione e stampa di 937 fotografie in grande formato (40×50 cm), riprodotta poi in una seconda copia da lui affidata in custodia al Museo Fuji Art di Tokyo («Robert Capa Master Selection II») e, con proposta di acquisto allo Stato ungherese, in una terza copia denominata appunto «Robert Capa Master Selection III». Un totale di 3 serie – la copia di Tokyo, la copia di Budapest e la copia-base di New York – che esaurisce il numero delle copie siglate «Robert Capa». Notizia di sicuro interesse per gli appassionati è che lo Stato ungherese e il Museo Nazionale hanno finalmente acquistato nel 2008, dall’International Center of Photography di New York, il Robert Capa Master Selection III, ossia le sopraindicate 937 foto (di ottima qualità) più 48 positivi originali ingranditi dallo stesso Capa (fatto rarissimo), 20 importanti foto della produzione artistica del noto fotografo e 5 ritratti di Capa donati dalla Fondazione. In questo modo Robert Capa – nato in realtà come Endre Friedmann, il 22 ottobre 1913, a Budapest – è ora finalmente tornato a casa, mediante le sue foto.
Una grande storia con straordinarie foto
Tra le foto della collezione custodita a Budapest, sono circa 500 quelle che hanno reso famoso Capa, mentre molte altre sono rimaste fino ad oggi sconosciute al grande pubblico: in particolare, si tratta di scatti realizzati durante suoi viaggi ufficiali e privati (tra cui il soggiorno in Ungheria nel 1948), ritratti di personaggi famosi come John Steinbeck, Gary Cooper, Ingrid Bergman, Pablo Picasso e famiglia. La maggior parte della collezione comprende foto scattate durante le cinque guerre a cui Capa partecipò in qualità di fotoreporter di guerra, incarico che volle assumere volontariamente per poter raccontare l’inferno della violenza, benché lui odiasse profondamente la guerra. A proposito delle esperienze vissute durante lo sbarco in Normandia, Capa ebbe a dire: «Il corrispondente di guerra ha in mano la posta in gioco, cioè la vita, e la può puntare su questo o quel cavallo, oppure rimettersela in tasca all’ultimo minuto. Io sono un giocatore d’azzardo».
Quattrocentosessantuno fotografie della collezione acquistata dallo Stato ungherese sono state scattate prima della seconda guerra mondiale; di queste, le più importanti sono legate al primo vero reportage – quando il fotografo era ormai a tutti noto con il nome di Robert Capa – sulla guerra civile spagnola. È infatti in Andalusia che venne scattata la celebre foto del «Miliziano colpito a morte. Fronte di Cordoba 1936» (nota anche come «La caduta del soldato»), scatto che è oggi al vertice di notorietà tra tutte le sue foto.
Duecentosessantasei immagini raccontano la seconda guerra mondiale. Capa, inviato della rivista «Life», arriva in Messico per fotografare la campagna presidenziale e le elezioni, quindi attraversa l’Atlantico con un convoglio di trasporto di aerei americani in Inghilterra, fotografando le operazioni belliche degli alleati in Gran Bretagna. Lo troviamo poi in Nord Africa, dove nella primavera del 1943 rischia di calpestare una mina antiuomo – episodio raccontato con irresistibile ironia nell’autobiografia «Leggermente fuori fuoco». Capa si trova quindi in Sicilia per documentare i successi militari degli Alleati e nel 1944 partecipa allo sbarco ad Anzio. Il 6 giugno 1944, «D day», Capa fu l’unico fotoreporter di guerra presente sulle coste della Normandia per seguire i militari (in verità ce n’era anche un altro, che però non scese dalla nave). Le foto scattate sui vari fronti durante la seconda guerra mondiale sono testimonianze vive e ancora oggi toccanti, senza dire che all’epoca erano tra le rare testimonianze dirette degli eventi. I fatti sanguinosi accaduti il 6 giugno 1944 a Omaha Beach, piccola spiaggia della Normandia dove persero la vita più di 4.000 soldati, non ebbero altri testimoni – oltre ai combattenti – all’infuori di Capa, che riuscì a sopravvivere a quell’inferno e a documentarlo. Capa fotografa anche la liberazione di Parigi, ricordata – con le sue stesse parole – come «il giorno più bello e indimenticabile del mondo» ed è pure presente, tra l’altro, all’invasione degli Alleati a Lipsia, Norimberga e Berlino.
Della preziosa collezione budapestina fanno parte anche 154 scatti che riprendono la nascita dello Stato d’Israele e la guerra dell’Indocina: il 14 maggio 1948, infatti, Robert Capa fotografa la cerimonia di dichiarazione dello Stato d’Israele, riprende il discorso del Primo Ministro, la prima sessione di gabinetto d’Israele, la folla vivace accalcata lungo le strade, ma anche l’inizio della guerra fra Israele e alcuni Stati arabi limitrofi.
Capa sta per organizzare un viaggio in Giappone, quando il fotografo di «Life» sul fronte coreano rientra improvvisamente in patria. Vengono offerti al grande fotoreporter 2.000 dollari per trenta giorni di soggiorno in Indocina, ha bisogno di soldi: accetta. È il 25 maggio 1954, quando si avvia a bordo di una jeep, con alcuni soldati e colleghi, per seguire le operazioni militari del Viet Minh. Il veicolo si ferma per una sosta. Capa scende, si allontana per un breve tratto con la sua Contax e la sua Nikon, e stavolta calpesta una mina antiuomo. Il suo amico Ernest Hemingway, ricordandone la tragica e improvvisa morte, disse: «È stato un buon amico e un grande e coraggiosissimo fotografo… Era talmente vivo che uno deve mettercela tutta per pensarlo morto».
La mostra di Budapest
Per la prima volta, a fini promozionali, 220 foto della collezione sono state esposte dal 6 al 16 marzo nel Museo Nazionale (Magyar Nemzeti Mùzeum) di Budapest, mentre dal 2 luglio al 16 ottobre la mostra sarà allestita al Museo Ludwig, nel Palazzo delle Arti. A novembre, poi, l’esposizione farà tappa in diverse città ungheresi – tra cui Szombathely, Gy?r, Pécs, Székesfehérvár e Szeged – per far infine ritorno a Budapest. Info: www.ludwigmuseum.hu – info@lumu.hu
Per una lettura di approfondimento: Robert Capa, «Leggermente fuori fuoco», testo e fotografie di Robert Capa, tr. it. P. Berengo Gardin, Contrasto 2008 (titolo originale: «Slightly out of focus», pubblicato nel 1947).
Robert Capa a Milano
Fino al 21 giugno 2009, FORMA – Centro Internazionale di Fotografia espone a Milano 300 foto di Robert Capa e dedica in contemporanea una mostra a Gerda Taro: finora poco conosciuta e apprezzata come fotografa, nota soprattutto per essere stata la compagna di Capa.
Sede della mostra: Piazza Tito Lucrezio Caro 1, Milano.
bellissimo..peccato che non l’ho vista
Adoro Robert Capa. Forse è il mio preferito.