“Erano pressappoco le undici del mattino, mezzo ottobre, sole velato, e una minaccia di pioggia torrenziale sospesa nella limpidezza eccessiva là sulle colline. Portavo un completo blu polvere, con camicia blu scuro, cravatta e fazzolettino assortiti, scarpe nere e calzini di lana neri con un disegno a orologi blu scuro. Ero corretto, lindo, ben sbarbato e sobrio, e me ne sbattevo che lo si vedesse. Dalla testa ai piedi ero il figurino del privato elegante. Avevo un appuntamento con quattro milioni di dollari”. E’ questo l’inizio folgorante del primo romanzo scritto da Raymond Chandler nel 1939 intitolato Il grande sonno – The Big sleep, pubblicato da Alfred A. Knopf negli Stati Uniti e da Hamish Hamilton in Gran Bretagna; esordio ufficiale di Philip Marlowe, un “private eye”, l’occhio privato, come è chiamato in gergo, l’investigatore indipendente ingaggiato spesso da mogli o mariti traditi che vogliono vendicarsi in un’aula di tribunale dei torti subiti. Marlowe è un duro che abita nella California corrotta e spudoratamente ricca degli anni Quaranta nella quale al fianco delle ville mozzafiato dei milionari di Beverly Hills e di Santa Monica, vivono ogni genere di piccoli e grandi criminali, disperati alla ricerca del loro “colpo grosso”.
Egli è un eroe antieroe, che non cerca il successo né i soldi (il suo ufficio in Boulevard Hollywood è modesto, così come la sua abitazione privata piccola e dall’arredamento misero), ma vuole contrastare e combattere i soprusi della vita, consapevole però che il mondo, per lui rappresentato dalla metropoli notturna californiana, cupa e viziata dall’illegalità quasi incontrastata, non lo si può certo cambiare. Con il suo impermeabile chiaro, l’eterna sigaretta tra le labbra, il bicchiere di whisky perennemente a portata di mano, il cappello sempre calato in testa e lo sguardo cinico ed ironico nello stesso tempo, Marlowe non cede mai né alle minacce della criminalità né alle lusinghe del potere. E’ però anche un uomo molto sentimentale spesso attratto da storie passionali, ma con donne sbagliate. Un tipo davvero singolare ed affascinante. Nato a Santa Rosa in California, Philip Marlowe studia all’università dell’Oregon, ma poi attratto dalle sfavillanti luci di Los Angeles si trasferisce in città, dove inizia a lavorare come investigatore, prima in una compagnia d’assicurazioni e poi presso il procuratore della contea. Essendo un uomo tutto d’un pezzo non accetta compromessi ed è costretto a dimettersi per continuare la sua carriera di detective da libero professionista quasi sempre in contrasto con le autorità costituite. Nella “città degli angeli” si aggira a suo agio tra balordi d’ogni genere, prostitute, poliziotti corrotti ed ogni genere di persone costrette a subire le prepotenze dei potenti. Il suo inventore Raymond Chandler nel 1951 è quasi costretto dai suoi lettori dopo aver pubblicato i primi romanzi su Marlowe, a definire nel dettaglio la vita anche privata del suo personaggio destinato ad entrare nella leggenda del genere noir.
Raymond Chandler, uno dei massimi scrittori del noir americano, nasce a Chicago il 23 giugno 1888 e dopo la separazione dei genitori, studia letteratura in Inghilterra, di cui diviene nel 1907 cittadino inglese naturalizzato, lavorando presso l’Ammiragliato per alcuni mesi per poi divenire giornalista. Nel 1912 torna in America e si stabilisce in California per studiare contabilità. Nel 1917 si arruola nei Canadian Gordon Highlanders e l’anno successivo è sul fronte francese negli ultimi mesi della prima guerra mondiale. Di nuovo negli Usa Chandler si impiega insieme alla madre nel settore petrolifero. Nel 1924 sposa Pearl Cecily (Pussy) Pascal, una donna di ben diciotto anni più vecchia di lui e già divorziata due volte, che sarà per tutta la vita il porto sicuro nel quale rifugiarsi per tenere a bada le sue nevrosi e le sue insicurezze, che lo porteranno spesso ad eccedere con l’alcol. Cissy, incontrata frequentando una ristretta cerchia di amici un po’ eccentrici di Los Angeles, è un personaggio abbastanza originale. Suona il pianoforte piuttosto bene ed in passato aveva posato nuda senza particolare imbarazzo per pittori e fotografi. I due diverranno marito e moglie mantenendo intatte le loro abitudini come il thé al pomeriggio ascoltando musica classica e l’incredibile numero di traslochi effettuati da una casa all’altra della California in trent’anni di vita matrimoniale, spinti entrambi da una sorta di delirio compulsivo. Con Cissy accanto il romanziere, il più grande scrittore dell’hard boiler americano, diverrà colui che meglio di qualsiasi altro suo collega saprà descrivere nei suoi libri il mondo e il linguaggio feroce dei gangster, soprattutto quelli che delinquono nei quartieri disastrati, ma anche nei sobborghi luminosi dell’assolata California del sud.
Una capacità straordinaria ed inspiegabile agli occhi degli studiosi di letteratura gialla, per chi nella vita non ha mai realmente frequentato gli ambienti torbidi e spietati del malaffare. Chandler, con il suo aspetto da gentiluomo di campagna dalle solide tradizioni familiari, ben vestito, ben curato e con occhiali dalla montatura classica, neanche di persona dà lontanamente l’impressione dello scrittore vissuto e maledetto. Eppure la fantasia che alberga nella sua testa lo porta a sfornare uno dopo l’altro una serie di racconti pubblicati su vari periodici. Nel 1933 diviene collaboratore fisso della rivista gialla Black Mask che aveva lanciato il genere poliziesco d’azione ed è un narratore straordinario capace di descrivere con efficacia lo squallore e la solitudine della vita tra corruzione, prepotenza e sopruso. Le sue storie mantengono a distanza di anni una crudezza e una forza realistica che hanno influenzato per sempre il genere poliziesco. Nel 1938 Chandler scrive The big sleep, con l’io narrante che si chiama Philip Marlowe, professione detective privato in grado di muoversi senza difficoltà nei meandri più oscuri di una Los Angeles notturna, fascinosa, lubrica e clandestina, rappresentata nel libro da Carmen, una ragazza giovane, bella, ricca e amorale, perciò facile preda del ricatto. Carmen è una delle due figlie del generale Sternwood, un vecchio milionario molto malato che vive al caldo nella sua serra in una villa da favola. Egli è però molto preoccupato di tutto il marcio che ogni giorno riaffiora dalla sua famiglia, cui anche lui in passato ha probabilmente contribuito. Nell’ aprile 1939, lo scrittore dopo vari traslochi in diverse località dello Stato, continua a lavorare freneticamente a The Big Sleep – Il grande sonno, che termina definitivamente il 30 aprile 1940. The big sleep, prima versione, esce negli Usa nel 1939 con una prima tiratura di 5000 copie al prezzo di due dollari l’una e nell’edizione britannica di sette scellini e sei pence. La critica è inizialmente piuttosto tiepida, ma lo scrittore è paragonato a Dashiell Hammett, uno dei suoi colleghi nell’hard –boiled school, una letteratura, le cui caratteristiche fondamentali sono la concisione narrativa, la concretezza delle situazioni e dei personaggi. E’ il modo di scrivere di chi proviene dal giornalismo, come Raymond Chandler, James C. Cain, Mickey Spillane. Insomma il libro inizialmente non riscuote quell’interesse che invece sarà destinato ad ottenere ritagliandosi un posto d’onore nella storia della letteratura poliziesca. The big sleep è indicato profeticamente in un articolo del 19 febbraio, sempre sul Los Angeles Time, come il trampolino di lancio di una star come Humphrey Bogart. Nell’agosto 1946 la versione cinematografica di Il grande sonno irrompe nelle sale americane come una vera e propria bomba diventando in breve un successo folgorante anche grazie alla regia dell’ottimo Howard Hawks. La metropoli californiana è rappresentata in maniera così diversa da quella turistica. E’ una città ottobrina, notturna, piovosa. Bogart dalla statura piuttosto bassa rispetto alla media (una celebre foto di scena lo ritrae in piedi su di una sgabello non inquadrato dalla macchina da presa intento a baciare la partner Ingrid Bergman ben più alta di lui nel mitico Casablanca), nonostante il gradimento di pubblico e di critica, è considerato da molti non corrispondente al personaggio immaginato da Chandler. La sua voce originale un po’ da Paperino non facilita le cose, ma il suo glamour presso le platee internazionali sarà assicurato dai bravi doppiatori che lo premieranno dandogli toni e timbri di grande fascino. Non sarà comunque facile interpretare il personaggio di Philip Marlowe come tenteranno di fare George Sanders in La rivincita del Falco, film nel quale il protagonista si presenta con il nome di Falco e non di Marlowe, 1942; Dick Powell in L’ombra del passato, 1944; Robert Montgomery in La donna nel lago, 1946; George Montgomery in La moneta insanguinata, 1947; James Garner in L’investigatore Marlowe, 1969; Elliott Gould in Il lungo addio, 1973; Robert Mitchum in Marlowe, il poliziotto privato, 1975 e Marlowe indaga, 1978 e James Caan in Marlowe, omicidio a Poodle Springs, 1998. Eppure Humphrey Bogart anche grazie alla sua precedente esperienza nei panni di un altro investigatore privato, Sam Spade, scaturito dalla penna di Dashiell Hammett in Il mistero del falco, 1941 diretto da John Huston, non incontra difficoltà nell’ essere scelto per questo nuovo ruolo sotto l’esperta regia di Howard Hawks, convinto dal produttore Jack Warner, il boss della grande casa di produzione, a buttarsi nell’impresa supportato dagli ottimi dialoghi scritti da William Faulkner e da un cast di colleghi d’alto livello, Lauren Bacall, John Ridgely, Dorothy Malone, Martha Vickers.
Il risultato è pregevole, nonostante un plot complicatissimo ed ingarbugliato tra ricatti, morti ammazzati, persone che vanno e che vengono, donne perverse e piccoli criminali. Una mattina, mentre si sta per girare una scena, Hawks e Bogart s’ accorgono che uno dei personaggi, un tale Owen Taylor, è assassinato, ma non si sa da chi. E’ forse suo il cadavere rinchiuso in una Buick precipitata nell’Oceano? Insomma chi ha eliminato questo Taylor? Non riuscendo a trovare una soluzione il regista chiama al telefono i due sceneggiatori, i quali presi alla sprovvista, si dichiarano impreparati a spiegare questo evidente buco della narrazione. Allora Hawks ormai incuriosito telegrafa a Chandler per chiedere lumi sulla faccenda. Lo scrittore candidamente risponde “maledizione non lo so neppure io…e poi chi se ne importa della sorte toccata a Owen Taylor….”. Il film, nonostante questi piccoli incidenti di percorso, resta un classico indimenticabile. Chandler prosegue la sua carriera letteraria con La finestra sul vuoto, che è distribuito in Gran Bretagna e La signora del lago, pubblicato in America da Knopf, un avvincente racconto sugli effetti di una passione fatale, con Philip Marlowe nuovamente in azione, più maturo, più umano e nello stesso tempo più dolente e cinico. La sua nuova avventura lo mette a dura prova. Verrà sbattuto perfino in galera e sarà poi costretto a ricomporre i pezzi di un mosaico intricato tra poliziotti corrotti, mariti infedeli e infermiere compiacenti. Nel 1946 il romanzo diviene un curioso film dal titolo La donna del lago – Lady in the Lake diretto ed interpretato da Robert Montgomery, tutto girato in soggettiva. Due anni prima nel 1944 esce nei cinematografi statunitensi un altro grande successo di pubblico, La fiamma del peccato di Billy Wilder, sceneggiatore e regista approdato nove anni prima in California per sfuggire come altri intellettuali europei all’oppressione nazista. Wilder è colpito dal romanzo di James M. Caine Doppia indennità, uscito a puntate sulla rivista Liberty e decide di adattarlo cinematograficamente insieme a Raymond Chandler, che all’epoca era già un notissimo scrittore di polizieschi. La storia è ispirata alla realtà: l’assassinio del marito di una donna newyorchese con la complicità di un agente delle assicurazioni, al fine di spartirsi il denaro della polizza di vita stipulata dal morto. La pellicola, girata tra il settembre e novembre 1943, darà inizio a una straordinaria “serie nera”. Sono anni nei quali a causa della seconda guerra mondiale l’America ha smarrito il suo ottimismo per un futuro migliore e in questo nuovo clima sociale il film noir mette al centro delle sue storie non più la legge e l’ordinamento giudiziario tradizionale, ma una nuova figura, l’investigatore privato, un uomo spesso cinico, determinato e solo nella battaglia contro il male. L’ opera candidata a sette Oscar rompe un tabù fino ad allora inviolabile: i criminali non sono più solamente i gansters, ma i cittadini borghesi che dietro la loro facciata rispettabile, nascondono un’ingordigia per il denaro, tipica della società americana della fine della seconda guerra mondiale. Dello stesso anno è un altro grande successo, L’ombra del passato di Edward Dmytryk, protagonista Dick Powell, attore conosciuto soprattutto come brillante interprete di spumeggianti commedie.
La storia del film e del romanzo ruotano intorno alla dura lotta sostenuta da Marlowe per dipanare l’ intricata matassa delle sue indagini, cominciate con la visita appunto nel suo ufficio del gigante Moose Malloy, un pregiudicato uscito di prigione dopo otto anni, alla disperata ricerca di Velma, la donna che lui ama appassionatamente e che è da sei anni non gli ha più scritto, scomparendo misteriosamente nel nulla. Nel corso delle indagini il private eye benchè picchiato, drogato e minacciato, ma non intimorito, riuscirà ad arrivare alla verità. Nel 1975 Dick Richards ne gira un remake intitolato nella versione italiana, Marlowe, poliziotto privato interpretato da uno strepitoso Robert Mitchum. Tante saranno poi le pellicole tratte dai romanzi chandleriani: Marlowe, 1969 di Paul Bogart, Il lungo addio, 1973 di Robert Altman; Marlowe, poliziotto privato, 1975 di Dick Richards e Marlowe indaga, 1978 di Michael Winner, ancora con Bob Mitchum. Non meno intensa è stata l’attività di sceneggiatore a Hollywood del romanziere che gli ha anche fruttato molti soldi riuscendo anche a divertirlo. Chandler sosteneva di aver sentito “le migliori battute della mia vita attorno ai tavoli degli sceneggiatori della Paramount”. Per lo scrittore, messo sotto contratto dalla grande major hollywoodiana nel 1943, questo periodo totalmente “cinematografico” è davvero esaltante. Amore per la compagnia e per l’alcool, cinismo, sarcasmo e senso dell’umorismo, erano le caratteristiche di questi intellettuali, per la maggior parte provenienti dall’ambiente letterario e giornalistico newyorchese. Dopo la sceneggiatura di Double Indemnity nel 1943, Chandler nel ’44 sceneggia con Frank Partos, Il grande silenzio – And Now Tomorrow per la Paramount e nel 1945 dopo il saggio uscito sull’Atlantic Monthy, intitolato La semplice arte del delitto –The Simple Art of Murder, considerato basilare per la teoria e la storia della narrativa poliziesca, scrive il soggetto e la sceneggiatura per la Paramount di La dalia azzurra diretto da George Mashall. Stanco di Hollywood, si trasferisce a La Jolla sempre in California. Nel 1948 rallenta notevolmente la sua attività sia per i lauti guadagni che li arrivano dai suoi romanzi sia per la salute della moglie e per l’alcol di cui non può fare a meno. Nel 1953 Il lungo addio arriva nelle librerie inglesi e l’anno successivo anche in quelle statunitensi, romanzo con il quale Chandler avrà la soddisfazione di vedersi assegnato l’Edgar Award della Mystery Writers of America. Una soddisfazione che non potrà godersi perchè letteralmente annientato dalla morte della moglie Cissy avvenuta il 12 dicembre. Uno stato di depressione acuta lo porta a bere nuovamente senza misura. Dopo un goffo tentativo di suicidio messo in atto il 22 febbraio ’55, è ricoverato in varie cliniche per disintossicarsi, ma la sua situazione psicofisica peggiora ogni giorno. Nel 1958 dopo la pubblicazione del romanzo Playback, la cui sceneggiatura scritta per la Universal è stata ignorata, riesce ancora a scrivere i primi quattro capitoli di The Poodle Springs Story, ma è impossibilitato a terminare il suo lavoro. Nel 1959 dopo essere stato eletto presidente della Mystery Writers of America, muore di polmonite a Jolla in California il 26 marzo, lasciando un grande vuoto nella letteratura poliziesca. Scrittore fuori dagli schemi, Raymond Chandler rimane un gigante della narrativa cui anche il cinema deve molto. Le sue storie e i suoi personaggi rimangono impressi nella memoria dei lettori e degli spettatori immersi nel magico buio delle sale cinematografiche.