La mostra su Giotto, aperta al Palazzo reale di Milano fino al 10 gennaio 2016, propone al pubblico e agli studiosi una nuova, emozionante esperienza visiva: a partire dal 12 dicembre scorso, infatti, il percorso espositivo si è arricchito anche di un’installazione multimediale, nella Sala delle Cariatidi, che propone la visione digitale della cappella Peruzzi in Santa Croce a Firenze, decorata da Giotto entro il primo decennio del Trecento con pittura a secco di grande qualità ma anche di particolare delicatezza materica. Un capolavoro straordinario, che sfortunate vicende hanno gravemente danneggiato nei secoli successivi, rendendone difficilissima l’osservazione e la comprensione e che ora diventano visibili per via digitale
Il Comune di Milano-Palazzo Reale, grazie a Fondazione Cariplo e al sostegno di Fondazione Bracco, può quindi offrire la suggestiva ricostruzione a grandezza naturale della cappella Peruzzi, consentendo così ad un largo pubblico di sperimentare in prima persona scoperte scientifiche ed emozioni visive riservate finora a quei pochissimi esperti che avevano potuto osservare metro dopo metro i dipinti giotteschi salendo sui ponteggi della cappella muniti di lampada di Wood. Tutto nasce da riprese fotografiche digitali effettuate in totale oscurità, mediante irraggiamento con luce ultravioletta (UV), nell’ambito di un progetto di ricerca sviluppato dall’Opificio delle Pietre Dure (Firenze).
Da qui il progetto di sviluppo e la realizzazione dell’innovativa multivisione proposta nella Sala delle Cariatidi di Palazzo Reale in adiacenza alla mostra Giotto, l’Italia, condotto da un gruppo integrato di ricerca dell’Università di Milano-Bicocca e dell’Istituto di Bioimmagini e Fisiologia Molecolare del Consiglio Nazionale delle Ricerche (IBFM-CNR). Attraverso un complesso intervento di ricostruzione e rielaborazione mimetica di più di 500 fotogrammi a luce ultravioletta e di altrettanti corrispondenti fotogrammi a luce naturale, risultato delle indagini diagnostiche effettuate sulle pareti della cappella, i ricercatori hanno saputo riprodurre per il grande pubblico l’esperienza visiva degli affreschi di Giotto “rivelati” in una nuova luce.
L’installazione, progettata da Mario Bellini, riproduce al centro della sala lo spazio interno della cappella, consentendo ai visitatori di apprezzare la differenza fra la visione della pittura di Giotto a luce naturale, purtroppo assai impoverita dalle abrasioni subite dai dipinti nei secoli scorsi, e la rivelazione delle volumetrie, delle espressioni dei volti, delle architetture, che la fluorescenza UV rende imprevedibilmente di nuovo visibili, consentendoci di incontrare qualità pittoriche ormai non più riconoscibili ad occhio nudo. L’elaborazione elettronica e il montaggio delle singole immagini in un’unica superficie continua consente dunque di godere di un’esperienza assolutamente inedita, tanto dell’insieme della cappella, quanto delle singole scene. La collaborazione tra istituti italiani di ricerca e di tutela, operanti in ambiti molto diversi, con le Fondazioni che hanno sostenuto il progetto dai suoi inizi ad oggi, permette così finalmente di offrire ai visitatori il godimento dei valori artistici di un capolavoro devastato, che si riteneva ormai impossibile osservare nella sua qualità originaria.
La cappella Peruzzi fa parte di un più ampio progetto di ricerca e di studi che, partendo dalla compresenza in mostra di un numero notevole di opere di Giotto, si propone di indagare e mettere a disposizione del pubblico e delle comunità di esperti una rassegna integrata di nuove conoscenze della produzione artistica di Giotto, attraverso innovative indagini scientifiche. I risultati del percorso di ricerca che ha preso avvio con Giotto, l’Italia saranno presentati in un convegno a Milano nel 2016, in occasione della Conferenza Generale ICOM.
La cappella Peruzzi in Santa Croce a Firenze è una delle cinque cappelle – la seconda, per la precisione – che affiancano, a destra, la maggiore. I Peruzzi erano una delle famiglie più importanti di Firenze, ricchissimi banchieri con sedi e rappresentanze in Europa e nel Medio Oriente. Sulle date dell’edificazione non c’è certezza: sappiamo che già nel 1292 un Donato Peruzzi lascia per testamento ai frati 200 lire, da spendere nel corso dei successivi 10 anni per edificare una cappella di famiglia. Il lascito è preveggente e tempestivo, perché il cantiere della costruzione della nuova chiesa – più grande e più bella della precedente – è ancora allo stadio progettuale, tanto che la posa della prima pietra avverrà solo nel 1294. I lavori dovettero andare avanti speditamente; nel 1303 è attestata l’esistenza del sepolcro di un altro membro della famiglia, Filippo, non si sa esattamente dove situato. Le pitture Peruzzi dovettero essere il grande capolavoro di Giotto nella chiesa, dove il pittore decorò – secondo Lorenzo Ghiberti, che scrive attorno al 1450 – ben quattro cappelle. Giorgio Vasari, nel Cinquecento, ricorda specificamente la presenza di storie di san Giovanni Battista e di san Giovanni Evangelista, ben riconoscibili anche oggi, situate rispettivamente sulla parete sinistra e su quella destra della cappella. La fama dei dipinti era straordinaria: lo stesso Michelangelo andava a studiarli e copiarli, in disegni che ci sono stati conservati. Nel corso del Seicento o del primo Settecento le pareti furono scialbate, e i dipinti si ritennero persi. Ma alla metà dell’Ottocento, sull’onda di altri ritrovamenti come quello del ritratto di Dante al Bargello, anche le pareti della cappella Peruzzi vengono esplorate, grattate, e le pitture tornano in vista; danneggiate e scalfite da strumenti di restauro inadeguati, comincia la loro odissea di rifacimenti, de-restauri, che via via producono l’impoverimento radicale della pellicola pittorica e la perdita di gran parte della superficie dipinta. Quando a metà del Novecento il grande restauratore Leonetto Tintori venne incaricato del restauro e sotto la direzione di Ugo Procacci, fondatore dei metodi moderni fiorentini di restauro, prese in mano la situazione, questa si presentava così difficile e complessa che Tintori definì quel lavoro “la più tormentosa esperienza della mia carriera”. La difficoltà stava soprattutto nella tecnica originariamente impiegata da Giotto. Non si tratta infatti del ‘buon fresco’, tecnica molto resistente e durevole, ma di pittura a secco, con un legante di tempera a uovo. Rispetto all’affresco, questa è una tecnica che permette un’esecuzione del dipinto più lenta e più dettagliata, che non deve rispettare i tempi dell’asciugatura dell’intonaco, come accade per l’affresco, e permette infinite variazioni, ritorni, aggiunte, nonché l’uso di pigmenti insoliti nella pittura su muro, che dovevano trasformare la parete in una specie di grandissima e preziosissima pittura su tavola; ma è anche una tecnica che produce opere più fragili, dunque più facili da danneggiare con la scialbatura, nonché con strumenti, solventi, e prodotti chimici inadatti, utilizzati al momento della sua riscoperta.
Una torre costruita con quattro ordini sovrapposti di impalcature metalliche, alta undici metri, quasi a toccare il soffitto, campeggia nel centro. Al suo interno – grazie a otto proiettori ad alta definizione e a due grandi superfici in pvc da retroproiezione – siamo (in senso metaforico) a Firenze, nella cappella Peruzzi di Santa Croce, dipinta da Giotto nel periodo della sua maturità. Ecco, in dimensione reale e con intatta bellezza, le vite dei due san Giovanni, il Battista e l’Evangelista, rappresentate su tre registri per lato. E i dettagli della loro esistenza. Un’esperienza immersiva, da teletrasporto, in un capolavoro della storia dell’arte. Con immagini fotografate che restituiscono con fedeltà l’originale. E l’emozione senza tempo come quella che si apprezza – in modo diverso – appena usciti dalla cappella virtuale: su un grande schermo, la luce di Wood (a ultravioletti) indaga la tecnica pittorica del Maestro. Ne svela elementi di originale ricchezza materica e di costruzione volumetrica dei corpi non più visibili oggi ad occhio nudo. Il progetto di ricerca Il progetto di ripresa con luce ultravioletta, realizzato dall’Opificio delle Pietre Dure di Firenze con la direzione di Cecilia Frosinini e il supporto di The Getty Foundation di Los Angeles, prima, e poi di Villa I Tatti-The Harvard Center for Renaissance Studies di Firenze, e grazie alla disponibilità dell’Opera di Santa Croce, rientra in un’indagine mirata ad effettuare sui dipinti murali della cappella una campagna diagnostica, usando soprattutto tecniche non invasive. Fra queste, quella dell’illuminazione a raggi ultravioletti ha dato risultati al di là delle aspettative. I raggi UV hanno la capacità di visualizzare ritocchi e interventi sulla superficie pittorica e di evidenziare la presenza di specifici composti, organici e inorganici, utilizzati in passato, che oggi possono essere non più visibili ad occhio nudo. Sui dipinti Peruzzi, e per ragioni ancora non del tutto chiare, la fluorescenza determinata dai raggi UV è stata straordinariamente forte: è probabile che ciò dipenda dall’interazione fra il legante utilizzato da Giotto (uovo, e anche olio) e pigmenti specifici. Di fatto però gli ultravioletti hanno reso di nuovo visibili aspetti non più percepibili a occhio nudo, in particolare quelli pertinenti alla volumetria e tridimensionalità delle immagini. Dettagli ormai perduti (le decorazioni architettoniche, le foglie metalliche fissate con mordenti a olio) tornano visibili, sia pure tramite l’effimero passaggio dei raggi UV sulla superficie. Rispetto all’impoverita immagine percepibile a occhio nudo e a luce visibile, lo spettatore può vedere molto di più della pittura di Giotto e rendersi conto del perché della grandissima fama avuta dal ciclo anche presso artisti ormai lontani dai principi formali medioevali, come appunto Michelangelo. Risulta ora molto più chiaro il nesso di questi dipinti murali con quelli che Giotto realizzò a Padova, per Enrico Scrovegni, tra 1303 e 1305; nella Peruzzi, il plasticismo volumetrico delle figure e la complessa e dinamica costruzione dello spazio appaiono molto legati alle premesse padovane, e inducono a proporre per il ciclo fiorentino una data anche più precoce di quanto altre volte si pensasse, probabilmente ancora contenuta entro il primo decennio del Trecento.
L’accesso all’installazione multimediale è incluso nel biglietto della mostra Giotto, l’Italia sede Milano Palazzo Reale Sala delle Cariatidi Piazza Duomo 12 date al pubblico dal 12 dicembre 2015 al 9 gennaio 2016
LA MOSTRA orari lunedì 14.30-19.30 martedì, mercoledì, venerdì e domenica 9.30-19.30 giovedì e sabato 9.30-22.30 il servizio di biglietteria chiude un’ora prima della chiusura orari speciali 7 e 8 dicembre 2015 9.30-19.30 24 e 31 dicembre 2015 9.30-14.30 25 dicembre 2015 14.30-18.30 26 dicembre 2015 9.30-22.30 1 gennaio 2016 14.30-19.30 6 gennaio 2016 9.30-19.30 ultimo ingresso un’ora prima della chiusura ingresso intero 12 euro (comprensivo di audio guida) ridotto 10 euro (comprensivo di audio guida): visitatori fino a 26 anni, visitatori oltre i 65 anni, portatori di handicap, possessori di card annuale Musei di Milano, soci Touring Club con tessera, soci FAI con tessera, possessori di biglietti aderenti all’iniziativa “Lunedì Musei” (Poldi Pezzoli / Museo Teatrale alla Scala), militari, forze dell’ordine non in servizio, insegnanti, altre categorie convenzionate ridotto speciale 6 euro (comprensivo di audio guida): gruppi di studenti delle scolaresche di ogni ordine e grado, gruppi organizzati direttamente dal Touring Club o dal FAI (ai quali non si deve applicare il diritto fisso di prevendita), dipendenti Comune di Milano (previa esibizione del badge – un eventuale ospite al seguito paga 10 euro), volontari del Servizio Civile operanti presso il Comune di Milano (previa esibizione del tesserino di identificazione), altre categorie convenzionate.