La mostra dedicata al mitico fotografo francese del Novecento, Jacques Henry Lartigue (1894 – 1986) aperta a marzo per pochi giorni e chiusa per l’emergenza Coronavirus, riapre sabato 11 luglio e si terrà fino al 10 gennaio 2021. E’ la più ampia retrospettiva su Lartigue mai organizzata in Italia e mette in luce l’opera di un fotografo del Novecento che è emerso anche per la sua cultura della “felicità“. Lartigue ha avuto una grande passione per la fotografia fin da quando era ragazzo, ma il valore delle sue immagini è stato riconosciuto solo molto tardi. Nelle tantissime fotografie che ha fatto, alcune migliaia, non c’è una immagine di guerra o di cronaca di disagi e di avversità, ma sempre una programmata gioia di vivere.
La mostra si svolge a Venezia, nella Casa dei Tre Oci, il bel palazzo neogotico che si affaccia sul canale della Giudecca, al centro del bacino di San Marco, di fronte a Palazzo Ducale. L’edificio, ideato nei primi anni del Novecento dal pittore Astolfo De Maria con una insolita e affascinante struttura, ha anche una certa notorietà perché negli anni ha ospitato seminari di architettura e di teatro di artisti e di personaggi di fama internazionale. Da Dario Fo, che lo usò come laboratorio per il suo “Arlecchino” a Renzo Piano che vi alloggiò quando progettò per Luigi Nono lo spazio musicale del “Prometeo” nella chiesa di San Lorenzo di Venezia. Fino ai pittori Hundertwasser e Sciltian che lo abitarono e vi lavorarono a lungo. E negli ultimi anni è diventato sede museale della fotografia, diretta dallo storico Denis Curti che cura anche seminari sul tema.
Jacques Henri Lartigue viene ora celebrato nella mostra di Casa dei Tre Oci con 120 immagini, di cui 55 inedite, tutte provenienti dagli album fotografici personali di Lartigue, numerosi materiali d’archivio, testi e libri autobiografici come quello pubblicato a Parigi nel 1973 con il titolo “Instants de ma vie”, documenti storici, immagini di scenari parigini e anche un recente video sulla vita dell’artista. Nonostante le tante immagini fotografiche che ha scattato nella sua lunga vita, Lartigue è rimasto un personaggio e un fotografo per molti anni poco conosciuto, specie in Italia. Solo negli anni Sessanta, a quasi settant’anni, ha raggiunto una certa notorietà soprattutto in Francia e in America. Oggi è considerato dalla critica internazionale uno dei padri della fotografia moderna.
La mostra di Venezia mette in luce molti aspetti del personaggio e del suo operato fin dagli anni giovanili, nella cosiddetta Belle Epoque. Un periodo di benessere e di pace della storia europea, che va dagli ultimi anni dell’Ottocento all’inizio della prima guerra mondiale. Anni in cui emerse uno straordinario sviluppo culturale, civile ed economico in molti paesi. Molte capitali europee, si rivelarono culturalmente brillanti in molti settori e si avvertirono anche i primi progressi della tecnica e della scienza, e il conseguente benessere.
Jacques Henry Lartigue nato in una famiglia ricca, è vissuto senza problemi economici, e ha potuto coltivare una serie di passioni. Fra le prime: la passione per la pittura. E ha dipinto per anni, pur sapendo di non essere un pittore professionista. Ma contemporaneamente ha vissuto la passione ostinata per la fotografia, senza mai porsi il problema di dover scegliere il mestiere del fotografo per un compenso di denaro. Lartigue ha vissuto soprattutto a Parigi, nell’ambiente della ricca borghesia francese a cui apparteneva, spesso in situazioni privilegiate. E molto presto, appena ragazzo, fin dall’inizio del primo ventennio del Novecento ha cominciato a fissare le immagini di quei personaggi e di quegli ambienti che frequentava, e più lo sorprendevano. Come le gare sportive, i circuiti automobilistici, alcuni personaggi della famiglia, le belle donne. E inquadrava i suoi soggetti con una grossa macchina fotografica, che gli era stata regalata dal facoltoso padre. Era uno strumento del tutto nuovo non solo per lui. In realtà, “un apparecchio pesante, in legno lucido, con un grande soffietto in tela verde, bordato di rosso e dotato di lastre fotografiche di vetro”, come ha raccontato meticolosamente in un suo diario. E poi, con grande interesse ha sviluppato e raccolto le foto che ne ha ricavato in un album. E ha continuato a farlo negli anni, con diverse macchine fotografiche, ordinando poi le tante foto in una serie di numerosi album, che alla fine sono diventati più di un centinaio. E ha datato e catalogato sempre, negli anni che passavano, le tante foto che faceva con commenti e didascalie. Alla fine erano diverse migliaia.
Nella mostra di Venezia alla Casa dei Tre Oci, curata dai responsabili della “Donation Jacques Henri Lartigue” Marion Perceval , Charles -Antoine Revol, e dallo studioso della fotografia Denis Curti, (che è anche direttore dei Tre Oci) sono esposti, accanto alle immagini provenienti dagli album fotografici di Lartigue, anche una serie di documenti che riguardano da vicino la storia e i tempi in cui è vissuto il personaggio. Lartigue ha sempre cercato di realizzare le sue fotografie in ambienti gioiosi e sereni, anche nel passare degli anni. Nei suoi rapporti con il mondo, fin da giovane ha sempre manifestato una sorta di filosofia, che ha poi caratterizzato tutta la sua vita e la sua opera: il culto della felicità e dei momenti felici. La ricerca di un idillio con il mondo e con le cose, era il suo abituale stato d’animo, che non poteva essere turbato da nulla.
Spesso si ritrovava a frequentare, anche con gli amici e i familiari, i luoghi mondani della Parigi della Belle Epoque. Sia le gare delle corse ippiche, sia i grandi premi automobilistici. O quelle passeggiate al Bois de Boulogne, dove si potevano incontrare all’imbrunire eleganti dame della ricca borghesia, come l’Odette citata dallo scrittore Marcel Proust nei suoi libri intitolati “A la recherce du temps perdu” pubblicati tra il 1913 e il 1927. Ed erano spesso queste donne eleganti il soggetto delle sue fotografie.
Oppure a volte gli capitava di ritrovarsi in particolari serate mondane, tra curiosi personaggi del mondo artistico-intellettuale. Un mondo al quale lui e la sua famiglia appartenevano, e che ha frequentato fin da quando era molto giovane.
Anche le sue fotografie legate all’ambiente famigliare erano il più delle volte tese a cogliere i momenti felici, spesso legati a piccoli e grandi avvenimenti della giornata. Mentre le foto ufficiali dei fotografi dell’epoca rappresentavano le famiglie della borghesia, con i genitori e i figli, in una cornice di intimità, le fotografie giovanili di Jacques Lartigue erano focalizzate spesso su personaggi e avvenimenti ambientati in luoghi più insoliti e aperti, come le corse automobilistiche, le gare di pattinaggio, le sorprendenti partenze dei primi aereoplani.
E molto spesso Lartigue ha fotografato anche episodi della sua vita, avvenimenti quotidiani che lo riguardavano, cosa che nessun atro fotografo professionale ha mai fatto, prima e dopo di lui. Come se avesse sempre saputo che anche le piccole cose racchiudono i veri segreti dell’esistenza. Nei diari, che Lartigue ha tenuto per tutta la vita, oltre al racconto di quello che faceva ogni giorno, annotava quasi sempre anche le condizioni meteorologiche, il tempo che faceva, come se volesse precisare la luminosità dell’ambiente. Il cielo era spesso bello, altre volte molto bello e spesso perfino molto molto bello. Certamente era un ottimista, ed anche un fotografo fortunato.
Anche nella vita sentimentale non ha avuto traumi. Si è sposato giovanissimo e ha avuto tre mogli. Tutte belle donne che più volte ha rappresentato nelle sue fotografie. La prima, Madeleine Messager, soprannominata Bibi, figlia del compositore André Messager, che ha fotografato persino nell’intimità di un bagno, la seconda Marcelle Paolucci che lo ha lasciato dopo due anni senza rancori, e la terza, la bellissima e giovanissima Florette Ormea, appena ventenne, che ha sposato quando aveva più di cinquant’anni (nel 1945). Una donna generosa che gli resterà accanto tutta la vita.
E anche quando l’Europa verrà attraversata dagli orrori di due guerre mondiali, Lartigue continuerà a preservare il suo microcosmo familiare e fotografico, come se vivesse in un altro mondo, continuando a fissare sulla pellicola solo ciò che voleva ricordare e conservare. Un modo di fermare il tempo con la fotografia, e documentare e rivivere solo i momenti che riteneva felici. Negli anni Cinquanta Lartigue, ha avuto dei rapporti con alcuni personaggi dell’ambiente del cinema, e ha avuto l’occasione di collaborare alla realizzazione di alcune scenografie, e di fare delle fotografie di scena, che ha poi pubblicato su riviste di moda e di costume. In quegli anni ha esposto per la prima volta le sue foto a Parigi alla Galerie d’Orsay, accanto ai lavori del noto fotografo francese Doisneau e del pittore Man Ray. Poi, negli ambienti culturali parigini legati alle arti, negli anni cinquanta ha avuto anche l’occasione di incontrare e ritrarre personaggi famosi come Pablo Picasso e Jean Cocteau, foto che sono state pubblicate più volte.
Il suo nome ha cominciato allora a circolare, ma il riconoscimento come autore fotografico è arrivato solo nel 1963, quando Jacques Henri Lartigue aveva quasi settant’anni, e il Museum of Modern Art di New York gli ha dedicato la prima e importante mostra personale di fotografie. La rivista Life allora ha pubblicato un lungo articolo di dieci pagine con la sua storia e le sue foto, una vera consacrazione tra i grandi della fotografia. E persino il celebre fotografo Richard Avedon ha cercato di contattarlo e ha poi curato e presentato nel 1970 un libro sulla fotografia di Lartigue intitolato “Instants de ma vie” che ha rivelato per la prima volta le fotografie di Lartigue realizzate dopo il 1930 .
Tra gli anni sessanta e settanta Lartigue ha scritto le sue memorie, ricomponendo i suoi album nei quali aveva raccolto tutti i suoi scatti. Nel 1974, raggiunta la notorietà ufficiale, Lartigue è incaricato di scattare la fotografia ufficiale del presidente della Repubblica francese Giscard d’Estaing. Parigi lo celebra nel 1975 con una grande mostra al Musée des Arts Décoratifs .
Nel 1979 Jacques Henri Lartigue firma l’atto di Donazione del proprio archivio (più di cento album e alcune decine di migliaia di fotografie) allo stato francese. Oggi esiste la Donation Jacques Henri Lartigue, che con il Ministero della Cultura Francese, ha dato il patrocinio alla mostra di Venezia alla Casa dei Tre Oci e ci mostra inediti aspetti del personaggio e del fotografo.
La mostra ai Tre Oci è accompagnata da un catalogo di Marsilio Editori con i saggi di Denis Curti e Marcon Perseval e un’inedita testimonianza di Ferdinando Scianna che ha conosciuto il fotografo.