Firenze 19 ottobre 1913. Da un’umile famiglia abitante in un popolare quartiere cittadino nasce Vasco Pratolini. Rimasto orfano da bambino della madre, il giovane pur svolgendo vari mestieri, dall’operaio al venditore ambulante, dal barista al tipografo, si dedica da autodidatta con passione allo studio di Dante, Manzoni, Dickens ed altri classici, rovinandosi così la salute (si ammala seriamente di tubercolosi) per il troppo impegno profuso tra i libri e il lavoro. Nel 1936 guarito completamente inizia a collaborare, grazie ad Elio Vittorini, con varie riviste letterarie tra le quali Letteratura, esordendo nel 1941 con il suo primo romanzo intitolato “Il tappeto verde”, seguito da “Via de’ Magazzini”, che ottiene lusinghieri consensi; “Le amiche” (1943) e “Il quartiere” (1944). Nel 1938 con Alfonso Gatto fonda la rivista Campo di Marte, un polemico foglio letterario soppresso dal fascismo solo dopo un anno di vita. Le sue opere letterarie sono profondamente connotate da una condizione umana dolente di minacce ed ingiustizie. Dopo aver rifiutato l’ideologia fascista, matura una coscienza politica democratica. Nel 1943 è a Milano redattore di Il Settimanale, ma poi torna a Firenze dove entra nella Resistenza con il nome di Rodolfo Casati. Nel 1945 Roberto Rossellini che sta preparando il film Paisà, gli affida la scrittura dei dialoghi dell’episodio fiorentino. Nel dopoguerra dopo un breve periodo ancora a Milano vissuto insieme ad altri intellettuali legati in particolare al cinema, si trasferisce a Napoli, dove rimarrà fino al 1951 insegnando all’Accademia di Belle Arti.
Nel 1947 firma due lavori fondamentali della sua carriera letteraria, Cronaca familiare e Cronache di poveri amanti. Poco dopo pubblica La ragazze di San Frediano, romanzo che mette in luce la solare rappresentazione di una realtà popolare fiorentina con un finale ispirato al Boccaccio. Egli diviene uno degli esponenti più significativi del “nuovo realismo”, una corrente letteraria cui fanno capo anche Alberto Moravia, Elio Vittorini e Cesare Pavese. Il suo mondo è incentrato sulla realtà cittadina; un luogo formato da individui legati tra loro da sentimenti di amicizia e solidarietà. Un mondo che s’ ispira sempre al “realismo socialista” rappresentato da un popolo alla ricerca di una vita collettiva e solidale. Nel 1955 pubblica Metello, il suo romanzo di maggior successo, un omaggio alla Firenze a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento, esattamente dal 1875 al 1902. È inizio della trilogia Una storia italiana, affresco storico che riunisce il mondo operaio (Metello), il mondo borghese (Lo scialo) e gli intellettuali (Allegoria e derisione). I personaggi dei suoi romanzi sono caratterizzati da una presa di coscienza politica di classe e da un’educazione sentimentale unite in un processo di maturazione umana. Pratolini si dedicherà alla professione giornalistica per molto tempo nei quotidiani Milano Sera e Paese Sera, ma negli ultimi venticinque anni della sua vita cesserà la sua attività letteraria destinata però a lasciare un’impronta indelebile nella cultura italiana.
Il rapporto tra Vasco Pratolini e il cinema
Già nel 1954 Vasco Pratolini, mentre stanno per finire la lavorazione di Cronache di poveri amanti per la regia di Carlo Lizzani, (un romanzo che diversi registi da anni hanno tentato di portare a termine) è determinato nel trasferire sul grande schermo i suoi testi letterari, convinto dell’efficacia del binomio cinema- letteratura (“Ciò che la pagina scritta affida alla capacità fantastica ed emotiva del lettore, l’immagine sullo schermo subito si materializza”). Lo scrittore, attivo tra gli intellettuali legati alla rivista Cinema chiusa nel dicembre 1943 (a loro si deve il progetto Ossessione, il capolavoro di Luchino Visconti), dopo la liberazione di Roma nel 1944, risale l’Italia con le truppe alleate che, insieme ai partigiani, stanno sconfiggendo il nazifascismo. Giunto nella Milano liberata, egli s’ aggrega a Gianni e Massimo Mida Puccini, a Giuseppe De Santis e Carlo Lizzani, giovani ed entusiasti uomini di cultura provenienti dalla capitale per dar vita al periodico Film diretto da Mino Doletti. Gli incontri avvengono alla latteria Pirovini vicino alla sede del Corriere della Sera, luogo mitico nel quale si ritrovano anche letterati e pittori. Anche il rapporto con Visconti (il primo dei cineasti che ha tentato di ridurre per il cinema Cronache sognando Marlon Brando come protagonista) è intenso e la sceneggiatura di Rocco e i suoi fratelli si avvale dei consigli preziosi dello scrittore fiorentino. Nel 1950 Pratolini fa amicizia con l’allora sconosciuto cineasta Valerio Zurlini desideroso di esordire alla regia dopo un’intensa attività come documentarista, proprio con Cronache di poveri amanti di cui, però non riesce ad ottenere i diritti consolandosi più tardi nel 1955 con la trasposizione filmica di Le ragazze di San Frediano, il suo primo e tanto desiderato lungometraggio incentrato su un altro lavoro di successo dello scrittore.
Il regista nel 1962 dirige anche Cronaca familiare, film che vince il Leone d’Oro a Venezia e al quale Pratolini ha collaborato con entusiasmo. Ancora Zurlini è ossessionato da un altro suo grande romanzo, Lo scialo di cui nel 1971 è pronta una monumentale sceneggiatura di oltre seicento pagine e una riduzione televisiva di sei puntate che non sarà mai portata a termine. Anche una seconda versione messa a punto insieme ad Ugo Liberatore non andrà in porto e Lo scialo troverà finalmente la luce solo nel 1987 in uno sceneggiato televisivo diretto da Franco Rossi. Pratolini in quegli anni si impegna attivamente anche nel ruolo di sceneggiatore come autore dei copioni La viaccia, pellicola diretta da Mauro Bolognini nel 1961, da un romanzo di Mario Pratesi e di Le quattro giornate di Napoli (1962) con la regia di Nanni Loy, film dedicato alla rivolta del popolo napoletano contro l’occupazione tedesca avvenuta il 28 settembre 1943. Sempre fedele al suo realismo militante e alla sua caratteristica di narratore classico, Vasco Pratolini attraverserà costantemente il cinema italiano dagli anni Quaranta agli anni Settanta con la sua illuminata presenza. Tra i film più celebri tratti dalle sue opere indimenticabile è Cronache di poveri amanti per la regia di Carlo Lizzani con Antonella Lualdi, Marcello Mastroianni, Anna Maria Ferrero, Cosetta Greco, Giuliano Montaldo, ambientato nella Firenze del 1925. Nel popolare quartiere dietro Palazzo Vecchio in Via del Corno, abitato da operai e artigiani, uomini e donne comuni, si incrociano gli amori e le speranze, la solidarietà e il tradimento, sullo sfondo di un’Italia ormai soggiogata dal regime di Mussolini. Mario, un giovane tipografo innamorato della moglie di Alfredo, un pizzicagnolo picchiato da una squadraccia in camicia nera, “Maciste”, il forte maniscalco, e Ugo, il fruttivendolo donnaiolo, si oppongono con ogni forza al dilagare della violenza fascista. Il film, premiato al Festival di Cannes, è però osteggiato in patria dalla censura e ostacolato nella distribuzione commerciale. Nel 1954 è la volta del citato Le ragazze di San Frediano, 1954, diretto da Valerio Zurlini con Corinne Calvet, Antonio Cifariello, Rossana Podestà, Giovanna Ralli, Giulia Rubini, storia di un giovane meccanico fiorentino, bello e sbruffone, chiamato Bob (soprannome ispirato al divo Robert Taylor e che negli anni Cinquanta era dato in Toscana a tutti i tipetti un po’ tracotanti e “americanizzati”), rubacuori del quartiere di San Frediano,
capace di tenere sulla corda contemporaneamente cinque ragazze tutte innamoratissime di lui. “Il giovane dalle belle ciglia”, lasciato dalla ballerina Mafalda, intreccia una relazione con la matura e ricca modista Bice, mentre si fidanza con la tenera Gina, illudendo anche la bella Tosca e portando via al fidanzato l’ingenua Silvana. Questo girotondo amoroso si concluderà poi per Bob con un’amara resa dei conti. Molto apprezzato dalla critica e dal pubblico è anche Cronaca familiare, 1962 di Valerio Zurlini con Marcello Mastroianni, Jacques Perrin, Salvo Randone, Sylvie, Valeria Ciangottini. Enrico, giovane giornalista di un quotidiano romano è sconvolto dalla notizia della morte del fratello minore Dino. Distrutto dal dolore egli ripercorre con la memoria il passato rivivendo la sua triste “cronaca familiare”. Dopo la morte della madre per complicazioni post parto, Dino è adottato dal maggiordomo di un nobile inglese che cerca con ogni mezzo di aiutare il ragazzo a dimenticare le sue modeste origini cambiandogli anche il nome in Lorenzo. Dopo alcuni anni i due fratelli, legati da un affetto profondo, riprendono a frequentarsi ed Enrico, trasferitosi a Roma, dove fa il giornalista, cerca di far riemergere i ricordi della loro vita in comune. I drammatici avvenimenti della guerra li separano ancora fino al 1944. Lorenzo, che nel frattempo si è sposato ed ha avuto una figlia, si ammala gravemente ed Enrico, dopo averlo portato con lui a Roma per curarlo senza successo, decide allora di riportarlo per l’ultima volta a Firenze. Del 1970 è Metello di Mauro Bolognini, un altro grande successo di pubblico interpretato da Massimo Ranieri, Ottavia Piccolo, Tina Aumont, Renzo Montagnani. Protagonista è Metello Salani, un giovane muratore fiorentino figlio dell’anarchico Poldo che partecipa alle lotte sindacali organizzate dal nascente partito socialista e allo sciopero del 1902 nei cantieri edili contro la repressione umbertina indetto per strappare ai lavoratori migliori condizioni di vita. Metello s’ innamora della dolce Ersilia che sposa, ma poi cede anche al fascino di Viola, una vicina di casa d’estrazione piccolo borghese. Sceneggiato da Suso Cecchi D’ Amico, Luigi Buzzoni e Ugo Pirro, il film privilegia più l’aspetto sentimentale del romanzo di Pratolini che il versante storico- politico, anche se non mancano sequenze d’ antologia sulle battaglie sociali dell’epoca, come la carica delle forze dell’ordine contro i socialisti e gli anarchici riuniti con le loro bandiere rosse e nere per il funerale del padre di Elisa. Il 12 gennaio 1991 Vasco Pratolini muore a Roma e per molti anni il suo genio letterario è stato dimenticato, ma fortunatamente è sempre il cinema a ricordarci il suo realismo poetico e la sua umanità, caratteristiche straordinarie di un grande romanziere italiano.