L’ombra di Orson Welles che spunta minacciosa da un portone nella Vienna notturna e fredda dell’occupazione alleata; il killer Alan Ladd che estrae la pistola dall’ impermeabile bianco; lo smarrito Ray Milland intrappolato nella ragnatela delle spie in una Londra sotto i bombardamenti; Trevor Howard innamorato e confuso dall’ affetto di due donne nell’ Africa sconvolta; Charles Boyer perso anche lui tra le spie della guerra civile spagnola, sono solo alcuni dei personaggi memorabili scaturiti dalla penna di Graham Greene poi portati sullo schermo da registi affascinanti dai romanzi indimenticabili del grande scrittore inglese. Henry Graham Greene nasce il 2 ottobre 1904 a Berkhamstead, un paesino dell’Hertfordshire a circa cinquanta chilometri da Londra. Suo padre, Charles Henry, è professore della scuola pubblica locale, mentre la madre Marion Raymond è imparentata con lo scrittore Robert Louis Stevenson. Graham, quarto figlio dei Greene, scopre fin da bambino l’amore per la lettura con Kipling, Potter, Scott ed altri scrittori che formeranno la sua cultura. Da adolescente affronta un periodo di grandi difficoltà psicologiche, tanto da dover seguire una terapia psicanalitica a Londra. Qui nella capitale britannica sviluppa la passione per il cinema e il teatro. Conseguita la laurea in Storia nel 1925, è assunto come redattore al “Nottingham Journal” e contemporaneamente si fidanza con Vivien Dayrell-Browning che lo spinge a convertirsi al cattolicesimo. Nel 1927 diventa giornalista del “London Times” e si sposa. Due anni dopo viene pubblicato il suo primo romanzo, L’uomo dentro di me, cui faranno seguito Il treno d’Istanbul, 1932, Un campo di battaglia, 1934 e I naufraghi, 1935. La sua nuova attività di scrittore è parallela a quella di giornalista e di critico cinematografico per due riviste, ”Spectator” e “Night and Day”. E’ in quel periodo che comincia a viaggiare per il mondo e a firmare numerose pubblicazioni dedicate ai posti visitati. Negli anni quaranta entra nel mitico MI6, il servizio segreto britannico ed inviato in Sierra Leone e in Portogallo, dove mette a frutto la sua nuova esperienza firmando il romanzo Quinta colonna. Nel 1944, trasferito al Ministero della Propaganda, riprende la sua attività di romanziere con Il nocciolo della questione, 1948 e Fine di una storia, 1951, dedicato alla duratura passione per Catherine Waltston, una donna affascinante, moglie americana di uno degli uomini più ricchi d’Inghilterra.
La sua attività di sceneggiatore cinematografico, che prende avvio nel 1937 con Al pappagallo verde e Fatalità, 1940, prosegue nel 1948 con Idolo infranto, 1948 e Il terzo uomo, 1949, trasportati sullo schermo dal regista Carol Reed, che dieci anni più tardi sarà l’ autore anche di Il nostro agente all’Avana. Negli anni Cinquanta è inviato da diversi quotidiani in Oriente (Malesia, Indovina), in Africa, a Cuba poco prima della vittoria di Castro e poi nell’Haiti soffocata dal regime del feroce dittatore Duvalier. Nascono così Il nostro agente all’Avana, 1958, Un caso bruciato, 1960 e I commedianti, 1966. Stabilitosi nel 1965 ad Antibes sulla Costa Azzurra per motivi fiscali, porta a termine i romanzi della maturità, In viaggio con la zia, 1971, Il console onorario, 1973, Il fattore umano, 1978, Il dottor Fisher a Ginevra, 1980, Monsignor Chisciotte, 1983 e L’uomo dai molti nomi, 1988. Ancora viaggi in giro per il mondo e una clamorosa denuncia contro la corruzione sulla Costa Azzurra, impegnano gli ultimi anni della sua infaticabile esistenza. Muore il 3 aprile 1991 in un ospedale di Vevey in Svizzera, dove si era trasferito per volere della figlia Caroline Bourget, a causa delle sue già precarie condizioni di salute.
Graham Greene e il cinema
“Il primo sentimento verso il cinema è la gratitudine. Fare fortuna con i film non era possibile, ma ti permettevano di vivere e sono felice di aver potuto sopravvivere vendendo i diritti dei miei romanzi piuttosto che impiegandomi in un dipartimento del governo o in una compagnia radiofonica… ”. Così si esprimeva nel 1956 Graham Greene in un articolo intitolato Il romanziere e il cinema, descrivendo la sua esperienza a contatto con il mondo cinematografico. Il suo rapporto con la settima arte è stato al centro di numerosi studi, convegni e manifestazioni. Già nel 1934 con Orient Express, diretto da Paul Martin, l’opera di Greene entra nel cinema per la prima volta, grazie al suo stile considerato da molti studiosi vicino a quello della narrazione filmica. Il tradimento, il senso di colpa, lo scontro eterno tra bene e male, il peccato come redenzione e l’espiazione, frutto della sua personale adesione al cattolicesimo, temi classici dei suo romanzi, facilmente si adattano al trasferimento sul grande schermo. Non sempre però i risultati sono stati soddisfacenti. Per il critico Tullio Kezich “….il cinema di Greene è al di sotto dei testi dai quali si sono spulciati spunti e trame senza mai saggiarne l’autentico spessore. L’ambiguità, caratteristica più tipica della sua narrativa, poco e male si adattava a produzioni cinematografiche di trattenimento per il grande pubblico…”. In ogni caso il rapporto tra il cinema e lo scrittore inglese è piuttosto ampio con ben dodici film scritti da Greene stesso, mentre ventuno pellicole sono state tratte dalle sue opere, senza dimenticare anche numerose trasposizioni televisive e teatrali. Già nel 1942 Alberto Cavalcanti (cineasta dal nome italiano, ma nato a Rio de Janeiro ed attivo nell’industria filmica britannica), si segnala come autore di un piccolo gioiello, Went the Day Well? da un racconto originale dello scrittore; storia di gruppo di paracadutisti tedeschi sbarcati nella campagna inglese travestiti da cacciatori per preparare l’invasione delle truppe naziste. Sono molti in seguito i registi, da Fritz Lang a John Ford, da George Cukor a Carol Reed, dal nostro Mario Soldati ad Otto Preminger, che s’ispireranno a Greene e ai suoi personaggi più famosi: il venditore di elettrodomestici in Il nostro agente all’Avana (Alec Guinness), il prete braccato dai militari messicani in La croce di fuoco (Henry Fonda), il maggiordomo sospettato di omicidi in Idolo Infranto (Trevor Howard), la vittima di una macchinazione spionistica in Prigioniero del terrore (Ray Milland) e soprattutto l’ambiguo Harry Lime, trafficante di penicillina nella Vienna postbellica in Il Terzo Uomo (Orson Welles).
Carol Reed e Graham Greene, un sodalizio di successo
Carol Reed è uno dei cineasti europei più amati, in particolare in Francia e in Gran Bretagna, dove nell’immediato dopoguerra verrà nominato baronetto per aver realizzato film di livello internazionale tra i quali Il fuggiasco, 1947, Idolo infranto, 1948 e naturalmente Il terzo uomo, 1949. Questa pellicola che più di tutte le altre rappresenta il mondo avventuroso e misterioso dello scrittore inglese, nasce nella Vienna occupata in quattro settori dai vincitori della seconda guerra mondiale, tra macerie, freddo, fame e un futuro politico molto incerto. È qui che si ritrovano Reed e Greene dalle cui tasche esce una busta logora sulla quale molti anni prima lui stesso aveva scritto: “Avevo dato il mio estremo saluto a Harry una settimana prima, quando la sua bara era stata calata nella terra gelida di febbraio, così non potei credere ai miei occhi quando lo vidi passare senza mostrare di riconoscermi, in mezzo alla folla di sconosciuti dello Strand”. Questa frase diviene lo spunto per realizzare uno dei film più conosciuti della storia del cinema, soggetto scritto da Greene stesso e trasformato in sceneggiatura da Carol Reed. Benché questo racconto condensi tutti i temi cari al grande romanziere inglese, la colpa, la delusione, il tradimento, la corruzione, con grande generosità egli darà tutto il merito della riuscita artistica e commerciale di Il terzo uomo (Grande Prix al Festival di Cannes), al suo grande amico e collega. La collaborazione artistica tra i due inizia nel 1948 con Idolo infranto, 1948, tratto dal racconto The Basement Room per poi continuare con Il terzo uomo, 1949 e Il nostro agente all’Avana, 1959. Reed firma successivamente Accadde a Berlino, 1953, una sorta di brutta copia del Terzo uomo, Domani splenderà il sole, 1955 e due superproduzioni al servizio di vari divi hollywoodiani, Trapezio, 1956, con Gina Lollobrigida, Burt Lancaster e Tony Curtis e Il tormento e l’estasi, 1965, con Charlton Heston. Nel 1968 si aggiudica l’Oscar come migliore regista per il musical Oliver! Muore a Londra nel 1976. Quindici anni dopo se ne andrà anche l’amico Graham Greene, lo scrittore al quale è stato ingiustamente negato il premio Nobel e che più di tutti ha saputo raccontarci la solitudine degli antieroi del Novecento mostrandoci nelle sue opere un’umanità fragile, debole, indifesa, ma nella quale però vivono anche uomini e donne di grande coraggio protagonisti dell’eterna battaglia tra il bene e il male.
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