sceneggiatura Jane Andrson dall’omonimo romanzo di Meg Wolitzer cast Jonathan Pryce (Joe Castleman) Glenn Close (Joan Castleman) Christian Slater (Nathaniel Bone) Max Irons (David Castleman) Alix Wilton Regan (Susannah Castleman) Harry Lloyd (Joe giovane) Annie Starke (Joan giovane) Karin Franz Körlof (Linnea) genere drammatico prod Usa, Svezia, Gb, 2017 durata 96 min.
Joseph (detto Joe) Castleman è un anziano scrittore ebreo americano cui l’Accademia svedese attribuisce il Nobel per la letteratura. Siamo alle prime scene del film, nella quiete della casa dove Joe vive con la moglie Joan, visitati ogni tanto dal figlio David, aspirante scrittore, e dalla figlia Susie, in attesa di un erede. Il tranquillo menage viene dunque improvvisamente sconvolto dai riflettori della celebrità. È l’occasione per riflettere su ciò che è stato, ossia sulla carriera letteraria di lui e sull’indispensabile contributo dato da lei al successo del marito. Conosciuto sui banchi dell’università quando Joe era un attraente professore già sposato e Joan una promettente studentessa con un grande talento per la scrittura. Tacitato, sacrificato giorno dopo giorno a vantaggio delle storie di lui, della sua fantasia che lei incanalava, riga dopo riga, in quella personalissima prosa tanto apprezzata dagli accademici svedesi e dal pubblico di mezzo mondo.
Un lavoro nell’ombra senza compenso, senza retribuzione né gloria che non fosse l’amore e la riconoscenza del suo uomo. Un marito peraltro non sempre irreprensibile quanto a fedeltà. Secondo capitolo: la coppia, con figlio e reporter al seguito, si trasferisce nella capitale svedese, l’invernale Stoccolma dalle mille luci, per la cerimonia di investitura. E qui si consuma il dramma. Nel senso che amori e dissapori emergono sotto la dorata patina del premio, tra le pieghe di un elaborato cerimoniale e le stanze del lussuoso albergo che accoglie gli ospiti. Dove non è tutto oro quel che luccica: la frustrazione del figlio, consapevole di non poter mai competere con il genitore, e i ruoli nella coppia dei maturi coniugi che non sempre ritrovano l’intesa, una sfuriata dopo l’altra. Per antichi e nuovi rancori. Le note a piè di pagina sono rappresentate invece dai lunghi flashback che illuminano il passato remoto della coppia. Del successo come delle nevrosi. Con Joan che desidera pervicacemente restare nell’ombra e partecipare, da spettatrice, all’apoteosi del marito. Il quale oscilla ancora tra cedimenti della carne e il sempre più impellente desiderio di rendere alla consorte il merito dovuto. Il tutto condito da non banali considerazioni sul ruolo dello scrittore nel mondo contemporaneo e una significativa pagina bianca che chiude il racconto filmico. Nel cast, Pryce e Close giganteggiano, come è ovvio, mentre la sceneggiatura rende difficile il lavoro ai comprimari, specialmente al giovane figlio d’arte Irons e al legnosetto Slater che conosciamo capace di ben altre prove.
E allora perché vederlo?
Perché, come dice l’adagio, dietro ogni grande uomo c’è sempre una donna. Nell’ombra.