tit. orig. id sceneggiatura Billy Ray da un articolo di Marie Brenner cast Paul Walter Hauser (Richard Jewell) Sam Rockwell (Watson Bryant) Kathy Bates (Barbara Bobi Jewell) John Ham (Tom Shaw) Olivia Wilde (Kathy Scruggs) Nina Arianda (Nadya) Ian Gomez (Dan Bennet) genere drammatico lingua orig inglese prod Usa 2019 durata 125 min.
Anche se Eastwood regista ha fatto cose migliori di questo suo (per ora) penultimo film, bisogna subito aggiungere che il brodo di coltura nel quale il 92enne autore con simpatie repubblicane è sempre l’America profonda e chiusa, arruffata e un po’ sporca che guarda principalmente al cortile di casa propria e vota a destra. L’America sbirro del mondo in politica estera e l’America degli sbirri per quanto riguarda la politica interna. E infatti è proprio “sbirro dentro” il protagonista della storia. Personaggio realmente vissuto e personaggio principale, suo malgrado, di una storia molto incredibile e dunque molto americana. Richard Jewell, ragazzone sovrappeso e non certo una cima dal punto di vista intellettuale, è agente di una compagnia di sicurezza privata durante le Olimpiadi di Atlanta, nel 1996. Con il classico intuito dello sbirro, individua un ordigno e riesce in parte a sventare un attentato terroristico che, alla fine, costerà solo due vittime proprio per il tempestivo intervento della polizia allertata dal vigilante. Che diventa subito eroe nazionale, osannato e vezzeggiato da stampa e tv.
Nonché orgoglio di mamma Bobi che non aveva mai avuto dubbi sulle capacità del suo rampollo extralarge. Nel giro di un mattino, però, Jewell passa da eroe a indagato dell’Fbi che sospetta proprio di lui come autore dell’ordigno, alla stregua di quei mitomani che provocano sciagure al solo scopo di mettersi in mostra tra i soccorritori. Il resto è il racconto, abbastanza pallosetto, delle vicende giudiziarie che porteranno al proscioglimento, ma dove il tasto pigiato più spesso da Eastwood è proprio l’immacolata onestà del perseguitato. Martire laico di un’altrettanto laica inquisizione che non si ferma davanti a nulla, men che meno alle evidenze probatorie, pur di perseguire il proprio schema ideologico. Emblematica, per tutte, la lunga scena della perquisizione in casa Jewell da parte dei g-men introdotta dalla comica esibizione dell’arsenale bellico sciorinato dal “bravo ragazzo” sulla branda della sua cameretta. Comica per noi, ma del tutto naturale e, purtroppo, seria per l’America amata e messa in scena da Eastwood. Segnalazione d’obbligo per il cast e per la capacità di Hollywood di trovare sempre l’attore giusto per il ruolo giusto. Se per un film servisse un nano cinese zoppo e con un occhio solo, nei database delle compagnie di casting si troverebbe sicuramente qualcuno con tali caratteristiche fisiche. Tutto ciò per dire che se di Kathy Bates non scopriamo certo oggi qualità e talento, anche in una parte di rincalzo, rimaniamo muti e ammirati dalla performance di Paul Walter Hauser. Non solo autentico clone del vero Richard Jewell, ma addirittura più vero del vero. Con quella sua aria da Gus Goose, detto da noi Ciccio ossia l’aiutante di fattoria di Nonna Papera, che con una sola espressione dall’inizio alla fine del film, con cappello, senza cappello, elmetto, visiera o distintivo, riesce ad esprimere una pressoché infinita gamma di sentimenti. E qui la lezione di Eastwood attore emerge prepotente dalla notte dei tempi. I tempi del western spaghetti. Piccolissima nota a margine extracinematografica: come avverte una didascalia nei titoli di coda, il Richard Jewell della storia è morto di infarto nel 2007 a 44 anni. Forse con una dieta più appropriata e meno satura di grassi, magari sarebbe ancora tra noi, a 60 anni, a godersi sullo schermo lo spettacolo della sua vita.
E allora perché vederlo?
Per capire sempre meglio che cos’è l’America. E smettere di imitarla.