Ne “La stranezza” Pirandello torna in Sicilia e per caso si imbatte in una compagnia amatoriale di attori. L’incontro gli dà lo spunto creativo per l’abolizione della cosiddetta “quarta parete”
Siamo nel 1920, nel cuore della Trinacria. Uno scrittore siciliano di mezza età, noto a livello nazionale, deve tenere un discorso celebrativo per gli 80 anni di un altro scrittore siciliano, suo maestro e amico. Il primo si chiama Luigi Pirandello (1867-1936), il secondo Giovanni Verga (1840-1922). Nella circostanza Pirandello torna nella natìa Girgenti (Agrigento) giusto nei giorni in cui viene a mancare la sua affezionatissima balia, Maria Stella. Per darle degna sepoltura si affida a due amici, Onofrio e Sebastiano, impresari di pompe funebri nonché appassionati di teatro. Costoro sono in procinto di allestire un dramma con una filodrammatica locale e tanto questi ultimi sono infervorati nelle prove quanto il grande drammaturgo è in crisi creativa.
Ossessionato e perseguitato da fantasmi familiari (la follia della moglie) e artistici ovvero da personaggi che gli si affollano alla mente, ma che non trovano posto in un copione. Per le mene di un funzionario comunale col vizietto della tangente il funerale della balia va per le lunghe sicché il futuro Premio Nobel per la letteratura è costretto a prolungare il soggiorno. Dapprima distaccato, complice il suggeritore suo vecchio amico, Pirandello comincia a seguire le prove della filodrammatica e assiste anche alla prima. Durante la recita il pubblico, composto ovviamente da parenti, amici (e “nemici”) degli attori in scena, interviene e rimbecca mandando all’aria lo spettacolo, ma offrendo a Pirandello lo spunto per uscire dal vicolo cieco artistico. In effetti una delle maggiori e più “scandalose” innovazioni del teatro pirandelliano è l’abolizione della cosiddetta “quarta parete” ossia l’invisibile diaframma che nel teatro classico separa rigidamente il palcoscenico (gli attori) dalla platea (gli spettatori).
Messo in questi termini, ossia dal puro racconto della trama, il film è potenzialmente un capolavoro. Molto pirandelliano per giunta proprio per quell’universale, pessimistico umorismo nero del grande drammaturgo che affonda le sue radici nella più schietta sicilianità di tante situazioni di vita, modi di pensare, atteggiamenti e mentalità tipici dell’isola. Purtroppo tra il dire e il fare sappiamo cosa c’è di mezzo. E non i 3km dello Stretto di Messina, ma una ben più ampia distesa d’acqua salata. Il film vorrebbe essere umoristico, proprio alla Pirandello, ma fa fatica a far sorridere. Servillo, di cui conosciamo, e non da oggi, le eccelse qualità attoriali, vagoleggia qua e là sul set in cerca di una collocazione decente mentre i Franco&Ciccio del XXI secolo, ossia Ficarra&Picone, non riescono nemmeno lontanamente a emulare, nonostante la buona volontà, i loro lontani predecessori. Certo anche perché, al contrario di Franchi&Ingrassia non hanno trovato sulla loro strada i Taviani (Kaos, 1984) o Fellini (Amarcord, 1973), ma i ben più modesti Andò, Chiti e Gaudioso. Da aggiungere, ai demeriti del film, anche la stucchevole colonna sonora di Michele Braga ed Emanuele Bossi.
E allora perché vedere La stranezza?
Perché i “Sei personaggi in cerca d’autore” sono un’opera immortale.
Dettagli del film La stranezza
sceneggiatura Roberto Andò, Ugo Chiti, Massimo Gaudioso cast Toni Servillo (Luigi Pirandello) Valentino Picone (Onofrio Principato) Salvatore Ficarra (Sebastiano Vella) Giulia Andò (Santina Vella) Rosario Lisma (Mimmo Casà) Donatella Finocchiaro (Maria Antonietta) Aurora Quattrocchi (Maria Stella) Renato Carpentieri (Giovanni Verga) Tiziana Lodato (Sidora) genere commedia prod Ita, 2022 durata 103 min.
DVD selezionati da Riccardo E. Zanzi, recensione di Auro Bernardi