tit. orig. Minamata sceneggiatura David Kessler, Andrew Levitas, Jason Forman, Stephen Deuters dall’omonimo libro di Aileen Mioko e William Eugene Smith cast Johnny Depp (William Eugene “Gene” Smith) Minami (Aileen Mioko) Bill Nighy (Robert Hayes) Hiroyuki Sanada (Mitsuo Yamazaki) Jun Kunimura (Junichi Nojima) Ryo Kase (Kiyoshi) Tadanobu Asano (Tatsuo Matsumura) Akiko Iwase (Masako Matsumura) genere drammatico lingua orig inglese e giapponese prod Usa, Gb, Emirati Arabi, 2020 durata 110 min.
Sembra l’ex Ilva di Taranto oggi, e invece è la Chisso di Minamata, nel lontano Giappone degli anni ‘70. Ma il problema è lo stesso: lavoro o salute? Per 35 anni l’azienda chimica nipponica rilasciò enormi quantità di mercurio nelle acque della baia su cui si affacciavano i suoi stabilimenti causando micidiali intossicazioni ai pesci e, di conseguenza, alla popolazione locale che se ne nutriva. Con effetti devastanti come deformità, menomazioni fisiche e psichiche, morti premature e indicibili sofferenze collettive. Il tutto nell’indifferenza totale delle autorità e dell’opinione pubblica che o negava il nesso causale o lo minimizzava a fronte del “benessere” economico portato dall’industria inquinante. Esattamente come a Taranto. Per fortuna, dall’altra parte dell’Oceano Pacifico, negli Usa, Robert Hayes, boss della rivista “Life”, ha una predilezione per l’incasinato, alcolizzato, inaffidabile e recalcitrante fotoreporter Gene Smith.
Il quale, pressato a sua volta dall’intraprendente giapponesina Aileen, decide di fare le valige e andare in Sol Levante, nello sperduto borgo di cui nessuno sa niente, e documentare quanto tutti laggiù vivono ogni giorno sulla propria pelle, ossia i devastanti effetti del disastro ambientale. Il risultato è che il soggiorno di Smith si protrae per alcuni anni e che le sue foto rappresentano un caso da manuale di giornalismo militante. Dalla pace ecumenica del grandangolo all’impennata erotica del teleobiettivo. Biopic con tutti i crismi del genere, a cominciare dalla singolarità del personaggio glorificato, il film di Levitas scorre lieve e sicuro sui binari di una buona messa in scena, con ingredienti dosati al punto e al momento giusto. Tra cine-verità e finzione, dramma e ironia, didascalicità e un pizzico di retorica. Insomma, una pietanza ben condita e di sicuro effetto con almeno due eccellenze nel piatto: la musica di Sakamoto e una interpretazione a dir poco superlativa di Johnny Depp dietro la Minolta e sotto il basco di Gene Smith. Finalmente un ottimo attore che torna a fare il suo mestiere come meglio sa, dismessi alla buonora il rimmel e la bandana del pirata dei Caraibi. Piccolissima nota a margine da vecchio fotografo con lunghi trascorsi in camera oscura: sinceramente ci lascia qualche perplessità vedere Smith immergere le mani nude nelle bacinelle degli acidi di contrasto e addirittura teorizzare sulla “tattilità” dell’immagine che si viene a formare sotto i polpastrelli. Come farsi i gargarismi con un flacone di candeggina. Non proprio un’abitudine salutare. Altra nota: il film dimostra assai bene quanto poco “spontanee” siano le foto più iconiche che entrano nell’immaginario collettivo. Studiate ed elaborate a tavolino dopo ore, giorni se non mesi di preparazione. Che sia l’Alzabandiera dei marines a Iwo Jima o, in questo caso, Il bagno di Tomoko. Da qualcuno paragonata alla prima Pietà di Michelangelo. In ogni caso un capolavoro.
E allora perché vederlo?
Perché la questione ambientale è la questione del secolo. Di questo e di tutti quelli a venire, se vogliamo che la specie umana abbia un avvenire.
DVD selezionati da Riccardo E. Zanzi, recensione di Auro Bernardi