Film in DVD: “Bohemian Rapsody” di Bryan Singer

Pubblicato il 2 Dicembre 2019 in , , da Egidio Zanzi
Bohemian Rapsody

sceneggiatura Anthony McCarten cast Rami Malek (Farrokh Bulsara-Freddie Mercury) Lucy Boynton (Mary Austin) Gwilym Lee (Brian May) Ben Hardy (Roger Taylor) Joseph Mazzello (John Deacon) Aidan Gillen (John Reid) Tom Hollander (Jim “Miami” Beach) Mike Myers (Ray Foster) Allen Leech (Paul Prenter) Aaron McCusker (Jim Hutton) genere drammatico prod Usa, Gb 2018 durata 134 min.

Nel medioevo si scrivevano le agiografi di santi e martiri: testi in gran parte di fantasia che contenevano il racconto della vita, la morte e, soprattutto, i miracoli compiuti dai più illustri campioni della fede. A edificazione e ammaestramento del volgo. Oggi, che non si scrivono più a penna d’oca le agiografie di beati e canonizzati, si scrivono con la cinepresa le agiografie di rocckettari e popostar. Meglio se dalla vita tormentata e travagliata, magari morti in età ancora verde. Cambiano i soggetti e i mezzi di comunicazione, identico è l’intento celebrativo. Celebrativo e acritico, appunto. Perché i nuovi eroi dell’ugola sono comunque dei predestinati. Il loro scopo nella vita è diventare quello che i fan adoranti si aspettano e il

resto è puramente accessorio. Mai un’esitazione, un pentimento, una resipiscenza. Dritti alla meta: il destino è scritto da sempre e per sempre. Come nei raccontini della Legenda Aurea di Jacopo da Varagine (1228-1298). Per venire al film di Singer (nomen omen), come in tutte le agiografie, anche qui lo schema narrativo segue regole precise. Con tutti i topoi (luoghi comuni, motivi ricorrenti) caratteristici del genere: i falsi e i veri amici, il genio e la sregolatezza, pioggia battente che annaffia la scena madre perché Bohemian Rapsodyanche il cielo pianga quando alle spettatrici in sala si inumidisce il ciglio. Dalle oscure origini nei locali di periferia, all’apoteosi di Live Aid for Africa del 13 luglio 1985 al Wembley Stadium di Londra in parallelo con l’americano Jfk Stadium di Philadelphia. Concerto epocale, in cui l’esibizione dei Queen è stata considerata da molti critici musicali la migliore performance. Che apre e chiude il film come le ante di un dittico e che si porta via una bella fetta di minuti. Con Rami Malek che replica quasi alla lettera l’esibizione di Mercury così come è stata tramandata dalle registrazioni d’epoca. Il che dovrebbe far riflettere anche sull’assegnazione dell’Oscar all’attore di origini egiziane che dà corpo e volto alla rock star. Meritato se consideriamo l’adesione appunto all’immagine che si ha da filmati e video del Mercury arcinoto, ma cosa ha messo Malek di suo nella costruzione del personaggio? Poco o nulla perché così vuole l’agiografia… Pardon: la sceneggiatura. E il punto è proprio questo. Dalle agiografie si viene a sapere tutto e di più di ciò che già si conosce fino alla nausea del personaggio incensato, mentre non sappiamo e non sapremo nulla, in questo caso, su un ragazzo di origine parsi (persiani zoroastriani emigrati in India per sfuggire alle persecuzioni), nato a Zanzibar e con un sogno nel cassetto. Così come ignoriamo la dimensione umana di un popolare cantante morto di aids a 45 anni.

 

E allora perché vederlo?
Per la musica dei Queen, ovviamente.

Bohemian Rapsody