sceneggiatura Wim Wenders, David Rosier cast Ignazio Oliva (San Fracesco d’Assisi) Daniele De Angelis (frate) Carlo Falconetti (Frate) Wim Wenders (voce narrante) genere documentario prod Italia, Francia, Germania, Svizzera, Stato del Vaticano, 2018 durata 96 min.
Un regista laico, ma non insensibile al metafisico (vedi Il cielo sopra Berlino, 1987) e il pontefice più ecologista della storia (vedi l’enciclica Laudato si’) si incontrano su uno schermo cinematografico per richiamare l’attenzione del mondo intero sulle sfide e i rischi per l’umanità nel secolo (e forse nel millennio) appena iniziato. È la pastorale di Bergoglio, ma è anche lo sguardo di un artista su ciò che ci circonda. Va detto subito che questo film su papa Francesco differisce da tutti i precedenti analoghi: dall’ormai remoto E venne un uomo (1965) di Ermanno Olmi su Giovanni XXIII al wojtyliano Da un paese lontano (1981), di Krzysztof Zanussi, su Giovanni Paolo II, al recente Chiamatemi Francesco (2015) di Daniele Luchetti sullo stesso Bergoglio. Non un biopic, come gli ultimi due, che scavavano nella giovinezza dei futuri pontefici, né un primo, incerto bilancio a due anni dalla morte del protagonista nel docufiction di Olmi. A “dare la linea” a Wenders è lo stesso riferimento storico adottato da papa Francesco al momento della scelta del nome, ossia il Poverello di Assisi. Che non solo ripudiava ogni forma di ricchezza, ma parlava agli animali, dunque mostrava una sensibilità ecologica ante litteram, incontrava il sultano d’Egitto anticipando così di sette secoli il dialogo interreligioso e l’ecumenismo. E il focus del film è precisamente questo doppio registro, dell’oggi e dell’ieri, in proiezione sul futuro. Per cui quando rivediamo papa Francesco nelle sue visite pastorali, che siano l’Assemblea dell’Onu, il Campidoglio degli Stati Uniti o il carcere di Rebibbia, dobbiamo sempre raffrontare il suo messaggio a quello dell’”altro” Francesco, che Wenders mette in scena di tanto in tanto, come un film muto in un bellissimo bianco e nero, a partire dalle Storie di Giotto nella Basilica Superiore di Assisi. Stesso discorso per altri vari incontri: con i Palestinesi e con le famiglie del Sinodo, con gli altri capi religiosi e con Putin, Erdogan e Trump ossia con individui dall’immenso potere temporale non certo messo al servizio degli ultimi e dei diseredati. Un Bergoglio a tutto campo, quello rappresentato da Wenders, che farà certamente imbufalire ancora di più i suoi detrattori, a cominciare da quelli che vedono come il fumo negli occhi la sua pervicacia nel sentirsi uguale agli altri credenti di fedi diverse. Così come farà un immenso piacere ai suoi supporter sentirlo parlare a ruota libera davanti alla macchina da presa come un buon prete di borgata che incoraggia, aiuta, esorta e perdona anziché rimproverare, giudicare, minacciare e punire. Da parte sua, Wenders si conferma (qualora ce ne fosse bisogno) un mago dell’immagine filmica. Per tutte, le sequenze iniziali su Assisi nello scorrere dei giorni e gli inserti sulla vita del Poverello. Il resto lo fa Bergoglio che, come si dice, “buca lo schermo” da qualsiasi parte lo si prenda.
E allora perché vederlo?
Per capire se papa Francesco è davvero un uomo di parola e scioglierà lo Ior, venderà il colossale patrimonio immobiliare della Chiesa e tutte le nunziature sparse per il mondo per dare il ricavato ai poveri. A tutti i poveri: cristiani, musulmani, induisti, buddisti, animisti e atei sparsi sulla Terra. In perfetto spirito evangelico e francescano.