tit. orig. Madeo/Mother sceneggiatura Bong Joon-ho, Park Eun-kyo cast Kim Hye-Ja (la madre) Won Bin (Do-joon) Jin Goo (Jin Tae) Moon Hee-ra (ragazza uccisa) Yoon Je-Moon (Jae-Mun) Jeon Mi-Sun (Mi-Seon) Chun Woo-Hee (Mi-Na) Jo Kyung-Sook (madre di Mi-Na) Lim Hyung-Guk (reporter) Song Sae-Byeok (detective) genere drammatico lingua orig coreano prod Corea del Sud 2009 durata 128 min.
Prima di “Parasite”, meglio di “Parasite”. Il regista coreano Bong Joon-ho è assurto a fama internazionale due anni fa con l’abbinata Palma d’Oro a Cannes e Oscar per il film in lingua non inglese assegnate a quell’ingarbugliata pochade grandguignolesca, decisamente sopravvalutata, che risponde appunto al nome di “Parasite”. Eppure la stoffa dell’autore c’è e lo dimostra questo film girato dieci anni prima e ripescato solo adesso proprio in virtù del successo conseguito. Vediamo in breve il plot, semplice e lineare. La donna (senza nome) del titolo ha un figlio, Do-joon. Non proprio con un ritardo cognitivo, ma certo non una cima. Che però è la sua unica gioia e consolazione e per il quale, come tutte le mamme, darebbe la vita pur di proteggerlo dalle avversità della vita. Il giovanotto però ha una pervicace tendenza a ficcarsi nei guai sicché, dopo essere finito in commissariato per danni a carico di ricchi uomini d’affari, viene addirittura incriminato dell’omicidio di una ragazza. Raccontato per quattro quinti in flashback, comincia il calvario della donna nel tentativo di scagionare il figlio.
Spendendo tutti i magri risparmi, tirando in mezzo amici e conoscenti del ragazzo, assoldando costosi principi del foro e mettendosi infine per conto proprio a condurre una sorta di indagine parallela rispetto a quella della polizia, la donna riesce a venire a capo della questione. In un inatteso e sconvolgente finale. Il pregio di questo film, assente invece in “Parasite”, è proprio l’imitazione ‘critica’ dei modelli occidentali (in “Parasite” c’è l’imitazione, non la critica) che diventano perciò un puro pretesto drammaturgico per sviluppare un tema, certo universale, ma anche molto orientale, quale quello della responsabilità individuale nei confronti del resto della società. Una questione non da poco nelle culture dell’Estremo Oriente che, al contrario di quelle europee (e americana), hanno sempre dato poca importanza all’individuo e alle sue peculiarità rispetto al “soggetto collettivo” rappresentato, in ordine crescente, da famiglia, clan, casta, etnia e popolo di appartenenza. E il poco furbo Do-joon (un fenomenale quanto sconosciuto Won Bin che non è azzardato paragonare al Dustin Hoffman di “Rain Man”) alla fine si rivela più sagace della zelante genitrice.
E allora perché vederlo?
Perché tutti abbiamo, o abbiamo avuto, una mamma che si sarebbe gettata nel fuoco per noi.