John Huston, il ribelle di Hollywood, nasce a Nevada, Missouri il 5 agosto 1906, figlio di Walter Huston, ex ingegnere idroelettrico diventato attore prima nel vaudeville e poi a Hollywood e di Reah Gore, giornalista. Quando i suoi genitori si separano, John trascorre l’infanzia a Los Angeles insieme alla madre e alla nonna. Qui frequenta corsi di pittura, è affascinato dalla musica, dalla letteratura e ama molto i cavalli (diventerà un ottimo cavallerizzo).
Benchè fisicamente cagionevole John, cui è stata diagnosticata una disfunzione cardiaca, dopo una guarigione quasi miracolosa si dedica alla boxe, sport nel quale eccelle. Nel 1928 inizia a scrivere racconti per alcune riviste incentrati sul mondo del pugilato e ippico vivendo tra New York e Londra e nel 1928 approda ad Hollywood dove grazie all’influenza del padre, attore molto stimato, firma numerose sceneggiature per la Warner Bros. Nel 1941 è pronto per esordire come regista in Il mistero del falco, una pellicola tratta da un romanzo di Dashiell Hammett, interpretata da Humphrey Bogart nel ruolo dell’investigatore Sam Spade, all’ epoca divo amatissimo dal pubblico americano.
Dietro la macchina da presa Huston mette in evidenza una personalità artistica di prim’ordine, una duttilità che gli permette di realizzare film diversissimi tra loro. Regista attento ai dettagli, abilissimo nel dirige gli attori sul set senza mai essere invadente, è soprattutto convinto che per realizzare una buona pellicola è necessario soprattutto avere un soggetto e una sceneggiatura di solida fattura.
Dopo Agguato ai tropici, 1942, un thriller spionistico, il regista nel corso della seconda guerra mondiale presta il servizio militare realizzando tre cortometraggi prodotti dall’esercito: Report From the Aleutians (1943), The Battle of San Pietro (1945) e Let There Be Light, quest’ultimo finito nel 1946 e dedicato a un tema molto scottante, i disturbi mentali di molti veterani rientrati dal fronte. Il suo coraggioso documentario è preso di mira dalla censura militare che non vuole fare conoscere all’opinione pubblica le sofferenze patite dai combattenti.
Nel 1948 firma Il tesoro della Sierra madre, tratto da un romanzo di B. Traven, storia di alcuni avventurieri che cercano disperatamente una vena aurifera. La loro avidità alla fine sarà fatale. Nel cast spicca Walter, il padre del regista che si cimenta in una delle sue migliori interpretazioni sullo schermo. Il film regala a Huston figlio l’Oscar per la miglior regia e per la miglior sceneggiatura e a Walter padre quello come attore non protagonista. Nello stesso anno esce nelle sale L’isola di corallo, tratto da un dramma di Maxwell Anderson, protagonista ancora Humphrey Bogart con sua moglie Lauren Bacall.
Benchè spesso in contrasto con i produttori, John Huston si sta affermando come una grande personalità di Hollywood, non solo come regista e sceneggiatore, ma anche come pittore, scultore e uomo dalla vita sentimentale esuberante (si sposerà cinque volte e avrà numerose relazioni sentimentali).
Nel 1950 gira una delle sue pellicole più famose, Giungla d’asfalto, noir potente tratto da un romanzo di W.R. Burnett, incentrato su di un colpo ad una gioielleria che porterà i criminali protagonisti dell’impresa a scontrarsi nella divisione del bottino.
Nel ’51 Huston firma due film importanti, La prova del fuoco, da un romanzo di Stephen Crane ambientato durante la guerra di Secessione e La regina d’Africa con uno straordinario Humphrey Bogart nei panni dell’ubriacone capitano di un battello fluviale in Africa, alle prese con Katharine Hepburn, una zitella rigida e moralista. La strana coppia però saprà portare a termine un’impresa quasi impossibile, l’affondamento di una nave da guerra tedesca in un grande lago africano durante il primo conflitto mondiale. La carriera di Huston continua alternando opere molto diverse tra loro. “Non riesco a vedere nel mio lavoro- racconterà in un’intervista- alcuna continuità tra un film e l’altro: quel che colpisce è quanto siano diversi l’uno dall’altro. E neanche riesco a trovare un filo conduttore nei miei matrimoni. Nessuna delle mie mogli ha avuto una sia pur vaga somiglianza con una qualunque delle altre..”).
Dopo Moby Dick, la balena bianca, dal romanzo di Herman Melville girato nel ’56, è la volta di Gli spostati da un soggetto di Arthur Miller, una pellicola interpretata da Marilyn Monroe che durante la lavorazione farà disperare la troupe per i suoi capricci. Al termine delle riprese realizzate in condizioni difficili per buona parte nel deserto del Nevada, Clark Gable, già malato di cuore, morirà colpito da un infarto, mentre l’altro protagonista Montgomery Clift procurerà altri guai a Huston a causa delle sue condizioni psicologiche fortemente instabili.
Dopo La Bibbia, un superkolossal del 1966 prodotto da Dino De Laurentiis, l’anno dopo Huston dirige Marlon Brando ed Elizabeth Taylor in Riflessi in un occhio d’oro, un film poco amato dal pubblico e ingiustamente poco considerato dalla critica. Nel ’72 è Città amara, una straordinaria pellicola incentrata sul mondo povero della box, un omaggio agli anni della adolescenza sportiva di Huston.
Sarà poi Paul Newman ad essere scelto come interprete principale dei due film successivi, L’uomo dai sette capestri (1972), un bizzarro western malinconico e L’agente speciale Mackintosh (1973), una storia spionistica avvincente. Due anni più tardi tocca a L’uomo che volle farsi re, tratta dal romanzo di Rudyard Kipling, con Sean Connery e Michael Caine nei panni di due sottufficiali dell’esercito inglese in India che per poco tempo diventeranno reggenti di un regno tra le montagne del Kafiristan.
Di grande successo è Fuga per la vittoria (1981) con un Max von Sydow, Michael Caine e Sylvester Stallone. La pellicola si svolge all’interno di un campo di prigionia tedesco durante la seconda guerra mondiale. Per volere del comandante della struttura carceraria si decide di disputare una partita di calcio tra tedeschi e prigionieri alleati. Sarà l’occasione giusta per i detenuti di riconquistare la libertà. Per rendere più credibile la storia Huston fa recitare nel film anche veri giocatori di calcio come Pelè, Bobby Moore, Mike Summerbee, Osvaldo Ardiles.
Nel 1983 Huston affronta una delle sue prove più difficili. Si tratta della trasposizione sullo schermo del romanzo Sotto il vulcano di Malcom Lowry, un libro di culto uscito nel 1960. Per più di venti anni molti registi come Buňuel, Losey, Dassin avevano tentano l’impresa senza successo, mentre attori del calibro di Bogart, Burton, Nicholson avrebbero fatto carte false per poter interpretare il disgraziato protagonista del romanzo di nome Goffrey Firmin, detto il Console.
Grazie a un giovane produttore, Michael Fitzgerald, l’impresa va in porto. La parte principale va a Albert Finney, magistrale nel ruolo dell’alcolizzato console britannico Geoffrey Firmin di un paesino messicano, in preda all’autodistruzione. Il film ottiene un grandissimo successo di pubblico e di critica e Huston, benchè affetto da un enfisema polmonare (è costretto a vivere con un respiratore), non ha nessuna intenzione di farsi da parte. “Continuerò a lavorare finchè non avranno piantato l’ultimo chiodo alla mia bara” afferma senza mezzi termini.
Nel 1985 conquista ancora pubblico e critica con L’onore dei Prizzi, tratta dal romanzo di Condon, una pellicola piena di ironia sul mondo della mafia. Nel cast Kathleen Turner, la figlia Anjelica Huston che si aggiudica l’Oscar come migliore attrice non protagonista e Jack Nicholson, all’epoca compagno dell’attrice. Nel 1987 benchè sempre più sofferente, firma la sua ultima fatica cinematografica, Gente di Dublino dal romanzo di James Joyce, girata in studio anziché in Irlanda. Il regista muore il 28 agosto a Newport vicino al luogo delle riprese all’età di 81 anni. Cantore di un’America popolata da eroi solitari, John Huston è stato uno dei più grandi cineasti di Hollywood, un uomo cinico, generoso, amante dell’avventura. La sua vita leggendaria è stata da lui raccontata nell’autobiografia “Cinque mogli e sessanta film”, uscita nel 1982 in Italia per Editori Riuniti.
A soli tre anni suo padre Walter Huston lo fa esordire sul palcoscenico in uno spettacolo di vaudeville. Oltre a scrivere copioni per il cinema, John recita davanti alla macchina da presa in diverse produzioni. Nel corso della sua carriera artistica sarà presente come attore diretto da altri colleghi registi in molti film, tra i quali Il cardinale (1962) di Otto Preminger, Uomo bianco, vai col tuo Dio! (1971), Chinatown (1974) di Roman Polanski, Il vento e il leone (1975) di John Milius, Rebus per un assassino (1979) di Herbert Ross. Sceglie di recitare anche in alcune sue pellicole: I cinque volti dell’assassino (1963), La Bibbia (1966), James Bond 007- Casino Royale (1967), L’uomo dai 7 capestri (1972) e La saggezza del sangue (1979). Walter Huston, nato a Toronto, Canada nel 1884 da una famiglia irlandese, il padre di John, dopo aver abbandonato gli studi in ingegneria, inizia a recitare in teatro ottenendo grande popolarità. Nel 1928 è a Hollywood e nel ’29 si mette in evidenza nei panni di un maturo reporter nel film Signori della stampa di Millard Webb. Seguono Il Virginiano di Victor Fleming e Il cavaliere della libertà (1930) di D.W. Griffith nel quale interpreta il presidente degli Stati Uniti.
Ben presto Walter si afferma come uno degli attori più significativi nella Hollywood degli anni Trenta e Quaranta in Pioggia (1932) di Lewis Milestone, Infedeltà (1936) di William Wyler, L’oro del demonio (1941) di William Dieterle, Il mio corpo ti scalderà (1943) di Howard Hughes (uno degli western più originali del cinema americano), Duello al sole (1947) di King Vidor.
Nel 1948 è in Il tesoro della Sierra Madre (1948) diretto da suo figlio John nel ruolo di un cercatore d’oro (questa interpretazione gli varrà l’Oscar come miglior attore non protagonista) e due anni dopo in Furie di Anthony Mann è memorabile nel personaggio di un crudele proprietario terriero. Muore a Hollywood il 7 aprile 1950.
Anjelica Huston nasce a Santa Monica California l’8 luglio 1951, figlia di John Huston e della ballerina italiana Enrica Sorna che la lascerà orfana a soli 17 anni in seguito a un incidente d’auto. Cresciuta nella grande tenuta del padre a St. Clerans in Irlanda, si trasferisce per 10 anni a Londra e poi a New York. Nel 1969 debutta davanti alla macchina da presa diretta dal padre in James Bond 007- Casino Royale, poi in La forza può attendere e Di pari passo con l’amore e con la morte. Nel ‘76 è Elia Kazan a volerla nel cast di Gli ultimi fuochi e nel ’81 recita agli ordini di Bob Rafelson in Il postino suona sempre due volte, insieme a Jack Nicholson che sarà per diciotto anni il suo compagno nella vita. Nel 1986 vince l’Oscar quale migliore attrice non professionista per L’onore dei Prizzi diretta da suo padre e ancora al fianco di Nicholson. Seguono altre interpretazioni di rilievo come Giardini di pietra di Francis Ford Coppola, Dead- I morti, firmato da John Huston e Crimini e misfatti di Woody Allen.
Attrice ormai matura nel decennio 1990-2000 mette in mostra tutto il suo talento e la sua capacità di esprimere una grande ironia in Rischiose abitudini di Stephen Frears (1990), I Tenenbaum di Wes Anderson (2001), La famiglia Adams 1 e 2 (1991-1993), Misterioso omicidio a Manhattan (1993) sempre di Allen, mentre nel 1996 esordisce alla regia con il cortometraggio Bastard out of Carolina e del 1999 è il suo primo lungometraggio La storia di Agnes Brown, di cui è anche interprete principale nel ruolo di una povera vedova con sette figli di un quartiere popolare di Dublino.
Anjelica Huston ha ereditato dal padre anche il gusto della cinica ironia. In un’intervista ad Antonio Monda non esita a dichiarare: “In famiglia ridiamo quando ci chiamano ‘aristocrazia hollywoodiana’. Al massimo ci consideriamo zingari fortunati”.
Danny Huston nato a Roma il 14 maggio 1962 vive in Italia fino a 15 anni. Poi si trasferisce ad Hollywood dove passa molto tempo insieme a suo padre John. Da lui assorbe il mestiere del cinema che pratica soprattutto come attore presente in produzioni non solo statunitensi. In un’intervista rilasciata a Francesco Bartolini e Claudio Masenza nel programma di Raiuno Cinema! andato in onda nel luglio 1988, confessa senza remore i vantaggi di appartenere alla “dinastia” Huston: “Il fatto di chiamarmi Huston mi ha dato solo vantaggi. Mi ha aperto un sacco di porte… Non vedo perché dovrei vergognarmene. Anzi sono felice e orgoglioso di contribuire alla sopravvivenza di questa ‘dinastia’… In un certo senso si potrebbe dire che abbiamo creato una sorta di piccola mafia. Mia sorella Anjelica è attrice, mio fratello Tony è uno sceneggiatore. Ci aiutiamo l’un con l’altro e per questo motivo abbiamo un certo potere all’interno del cinema americano…”