Nel 1920 una ragazza belga, Gabrielle Van Der Mal, entra in convento per prendere i voti di un ordine religioso che prevede la povertà, l’umiltà e l’assoluta obbedienza alle regole. Diventa infermiera in Congo in un ospedale missionario, ma ben presto si accorge di non potere domare il suo carattere di donna indipendente e ribelle incapace di accettare la sottomissione assoluta dell’Ordine. Diciassette anni dopo torna allo stato laico abbandonando definitivamente la sua tonaca. Storia di una monaca, girato nel 1960 da Fred Zinnemann e interpretato da una superba Audrey Hepburn, è uno dei più bei ritratti cinematografici realizzati su di una religiosa tanto che la stessa vera Gabrielle dopo aver visto tre volte il film racconterà di essersi sentita così turbata da meditare il ritorno in convento. Figura presente numerose volte sul grande schermo, la donna con la tonaca ha attraversato l’immaginario cinematografico in ogni modo possibile: angelica, altruista, coraggiosa, ma anche spesso come figura che ispira desideri non proprio casti. Nel 1943 Jennifer Jones diretta da Henry King in Bernadette è scelta per interpretare la contadinella di Lourdes in Francia che non sarà creduta dalle autorità per aver visto la Signora Celeste, mentre in Francia nel 1942 Robert Bresson firma la sua seconda regia La conversa di Belfort, storia di una ragazza benestante che ha scelto la strada del noviziato nel convento domenicano dell’ordine di Bethanie e nel ’47 in Inghilterra è la giovane Deborah Kerr a impersonare una delle cinque suore fondatrici di una scuola e di un ospedale in una località ai piedi dell’Himalaya in Narciso nero per la regia dei britannici Michael Powell e Emeric Pressburger. Nel 1949 Hollywood risponde con Le due suore diretto da Henry Koster che racconta la vicenda di due energiche religiose francesi, Loretta Young e Elsa Lanchester, impegnate nel realizzare un orfanotrofio nella Nuova Inghilterra.
Nel ’51 il grande Douglas Sirk è l’autore del melodramma giallo La campana del convento con Claudette Colbert nei panni di Suor Maria, una coraggiosa monaca detective che salva una ragazza dal patibolo condannata per la morte del fratello. Il vero responsabile dell’omicidio nascosto all’interno del convento tenterà di ucciderla buttandola giù dal campanile, ma la sorella riuscirà a salvarsi aggrappandosi alla fune campanaria. Un certo coraggio, ma di tutt’ altro tipo, dimostra John Huston nel 1957 dirigendo L’ anima e la carne con Robert Mitchum, un caporale dei marine nel Pacifico durante la seconda guerra mondiale naufragato su di un’isola deserta insieme a suor Angela, la bella Deborah Kerr. La coppia inseguita dai giapponesi e costretta a convivere forzatamente insieme scoprirà di avere affinità inaspettate, ma con l’arrivo degli aiuti il loro sogno sentimentale è destinato a svanire. Nel 1970 anche Shirley Mac Laine si concede il lusso di indossare l’abito in Gli avvoltoi hanno fame, film diretto dall’esperto Don Siegel e interpretato da Clint Eastwood nel ruolo del pistolero texano Hogan che aiuta i messicani ribelli oppressi dalla presenza dell’esercito di Napoleone III. In realtà sorella Sara, che lui ha salvato dalla violenza di un gruppo di banditi, è in realtà un’ex prostituta. Ancora il personaggio della suora ottiene un grande successo in Sister Act – Una svitata in abito da suora, 1 e 2, girati rispettivamente nel 1992 e nel 1994, grande anche alla protagonista la simpatica sorella Maria Claretta interpretata da Whoopi Goldberg. Nel 1996 tocca a Susan Sarandon recitare nei panni di suor Helen, la religiosa che assiste spiritualmente nei giorni precedenti alla sua esecuzione capitale un bulletto di periferia accusato dell’assassinio di due fidanzati in Dead Man Walking – Condannato a Morte diretto da Tim Robbins. Nella sua vasta ed insuperabile galleria di personaggi la mitica Meryl Streep non poteva mancare anche la severa e rigida sorella Aloysius, preside di una scuola cattolica del Bronx nel 1964 in Il dubbio, 2008, diretto da John Patrick Shanley. Nel 1942 Vittorio De Sica nel suo quarto film come regista è tra i primi ad ambientare un film nel mondo delle suore con Un garibaldino al convento, storia di un giovane soldato di Garibaldi durante la spedizione dei Mille rifugiatosi in un monastero di monache per sfuggire alle truppe borboniche. La sua presenza porterà lo scompiglio tra le religiose. Nel ’48 Alessandro Blasetti dirige Un giorno nella vita, la non facile convivenza tra un gruppo di partigiani e le sorelle di un convento durante la Resistenza, mentre Mario Sequi l’anno dopo con Monastero di Santa Chiara – Napoli ha fatto un sogno mette al centro della storia una cantante ebrea di cui è innamorato follemente un capitano delle SS e anche un giovane cantante italiano (Nino Manfredi in uno dei suoi primi ruoli cinematografici) durante la seconda guerra mondiale.
Tra i nostri registi, però, il più interessato al personaggio della suora è Alberto Lattuada autore di ben tre film sull’argomento: Anna, 1951 con Silvana Mangano nei panni di una giovane infermiera col velo che riconosce in un ferito un suo antico amore di gioventù; Lettere di una novizia, 1960, dal romanzo di Guido Piovene, con Jean-Paul Belmondo, Pascale Petit e Massimo Girotti; la vicenda di una ragazza in procinto di prendere i voti fermata da un prete venuto a conoscenza della sua non volontà di diventare suora e ancora nel ’72 Bianco, rosso e… interpretato da Sophia Loren, infermiera con il velo di un ospedale di Lodi intenta a curare Adriano Celentano, giovane comunista contestatore ferito in una manifestazione sindacale. Tra i due dopo un primo momento di scontri nasce un sentimento. Nel ’55 il maestro del melodramma Raffaello Matarazzo, molto popolare in quel periodo, ripropone la collaudata coppia Amedeo Nazzari e Yvonne Sanson in L’ angelo bianco, 1955, protagonisti Bruno, un conte e Luisa, una donna da cui ha avuto un figlio diventata suor Addolorata. Nel ‘56 Mario Camerini dirige Silvana Mangano nuovamente nei panni di una religiosa in Suor Letizia – Il più grande amore. La monaca affezionata a un bambino, figlio di una ragazza madre di Napoli, sarà costretta però a rinunciare al suo sentimento materno. Nel ’74 Damiamo Damiani firma Il sorriso del grande tentatore, curioso apologo sul potere della Chiesa interpretato da Glenda Jackson nel ruolo della suora Geraldine direttrice di un istituto religioso dove sono tenute confinate dal Vaticano alcune personalità di alto livello. Nel ’99 Giuseppe Piccioni ripropone il tema del desiderio di maternità presente in una religiosa con Fuori dal mondo, storia di una novizia, Margherita Buy, alla vigilia dei voti perpetui che raccoglie un neonato abbandonato in un parco pubblico milanese. La conversione di una donna che decide di indossare la tonaca è un tema molto sentito dai cineasti. In I dialoghi delle Carmelitane, 1960, di Philippe Agostini, una nobile di famiglia si fa suora per temperare il suo carattere, mentre in La settima stanza, 1995 dell’ungherese Marta Mézsâros, l’ebrea Edith diventata prima cattolica e poi suora carmelitana morirà in una camera gas nazista nel 1942. Il grande Luis Buňuel in Viridiana, ci mostra invece l’ossessione amorosa di uno zio per la nipote che sta per prendere i voti. Non mancano ovviamente opere che hanno suscitato scandalo come Madre Giovanna degli angeli, 1961, di Jerzy Kawalerowicz, una cruda vicenda demoniaca ambientata in un convento polacco. Il film ispirerà poi il celebre I diavoli, 1970, di Ken Russell, che ruota sul processo al sacerdote Urbain Grandier accusato di aver indemoniato madre Jeanne des Anges e le sue orsoline. E ancora il polacco Walerian Borowczyk, l’autore di Interno di un convento, 1977, ci racconta la morbosa passione tra una giovane monaca e il suo amante. Nel 2002 Peter Mulan porta a conoscenza dell’opinione pubblica con Magdalene una dolorosa pagina scritta dalla Chiesa irlandese negli anni Sessanta. Il tragico destino fatto di violenza e soprusi di tante giovani orfane, ragazze madre e fanciulle considerate perdute, rinchiuse nel convento gestito dalle sorelle della Misericordia. Il nostro viaggio nel mondo religioso al femminile non può che concludersi con un bellissimo e recente film, Ida, 2013, diretto dal polacco Powell Pawlikowski e girato in un vibrante bianco e nero. Una ragazza cresciuta in un convento in Polonia nel 1962, in procinto di prendere i voti, si reca a conoscere la zia Wanda sorella di sua madre. Scoprirà così le sue origini ebree e la vera, dolorosa fine della sua famiglia sterminata dai nazisti nel corso della seconda guerra mondiale. Una rivelazione che la metterà di fronte alla scelta se vivere la sua vita da monaca o invece affrontare da laica il mondo con tutte le sue brutture.