Hearst, magnate dell’editoria, diventa produttore cinematografico per lanciare a Hollywood la sua amata Marion Davies, ma con poco successo. Tra gelosie e tracolli finanziari, ispirerà anche il film Quarto potere
Nell’America degli anni Venti del secolo scorso, con lo sviluppo dell’industria cinematografica, si pone il problema di informare il pubblico sulla scelta dei film, ma soprattutto fondamentale è far conoscere i nuovi divi della celluloide. Nasce così il giornalismo cinematografico, che attraverso riviste e testate specializzate, è in grado di registrare i gusti e le tendenze degli spettatori.
Sorgono anche le riviste per fans, vivacemente colorate e piene di pettegolezzi sul mondo di Hollywood. Questi periodici riescono a misurare il grado di popolarità delle star, mentre la rubrica cinematografica non è più una novità e i suoi redattori sono sempre più apprezzati e popolari. Alla fine degli anni Trenta Bosley Crowther diventa il recensore ufficiale del New York Times fino al 1967. Preciso, descrittivo, oggettivo, spiritoso, ma privo di profondità politico-ideologica come tutti i tuoi colleghi americani, il giornalista ha però un grande merito. È un convinto sostenitore del cinema europeo interessato alle tematiche, alle atmosfere e alle nuove idee produttive della vecchia Europa che influenzeranno la generazione di John Cassavetes, Paddy Chayefsky, Robert Aldrich, Don Siegel e Roger Corman.
Altro nome di prestigio è quello di Cecilia Ager, che si afferma come critico cinematografico di gran classe in un ambiente e in una società molto maschiliste. Collaboratrice prestigiosa della rivista Variety, la Bibbia di Hollywood, negli anni Trenta e Quaranta gli articoli da lei firmati sono connotati da uno stile arguto, elegante, leggero e garbato e da una capacità unica nel individuare gli aspetti marginali, ma importanti di un film come le sciarpe, i veli di chiffon, gli abiti raffinati indossati dalle dive.
È anche la prima a intuire il talento e il carisma di Greta Garbo (famosa è la sua recensione di “Margherita Gauthier” del ’36). La Ager qualche anno più tardi cura la rubrica di critica cinematografica del periodico newyorchese PM. Moglie del compositore Milton Ager, autore di canzoni molte note, ha continuato fino il 3 aprile 1981, data della sua scomparsa, a scrivere brillantemente per diverse testate, Vogue, Harper’s Bazaar e la pagina domenicale degli spettacoli del New York Times, oltre a insegnare nelle università l’arte del giornalismo cinematografico. A differenza di molti critici Cecelia non è mai stata feroce nelle sue recensioni esprimendo sempre una profonda umanità e comprensione.
Tra le sue colleghe solo Pauline Kael (1919- 2001), titolare della rubrica del New Yorker, dalla prosa stravagante e provocatoria, saprà eguagliarla. Piccola e minuta, la Kael è capace di incutere paura e rispetto in più di una generazione di seguaci che spesso si recano davanti alla sua casa nei Berkshires in Massacchusetts sperando di essere incoronati come suoi eredi.
Le pettegole di Hollywood
Negli anni Trenta a Hollywood due croniste capricciose, permalose, vendicative dalla mentalità ristretta e provinciale, Louella Parsons e Hedda Hopper, con i loro spietati pettegolezzi sull’ambiente del cinema, la loro feroce abilità del rovistare nella “spazzatura” dei divi di Hollywood, si sono costruite un potere enorme sull’opinione pubblica arrivando perfino a condizionare la carriera dei divi.
La loro perfidia è leggendaria. Un’attrice famosa messa alla berlina chiese alla Hopper il motivo di tanta aggressività e lei tranquillamente rispose: “Cattiveria, mia cara, semplicemente cattiveria”. La Parsons e la Hopper, antagoniste tra loro e spietate concorrenti, continueranno a punzecchiarsi per anni odiandosi cordialmente.
Louella Rose Oettinger (prenderà il cognome del marito, il giornalista Parsons) nasce il 6 agosto 1881 a Freeport Illinois e si fa le ossa in un giornaletto di provincia prima di trasferirsi a Chicago. Poi è la volta di Los Angeles dove cura rubriche di gossip. Piuttosto ignorante culturalmente (odia profondamente gli intellettuali per tacitare il suo complesso di inferiorità), la Parsons incute terrore a molti, preoccupati di essere danneggiati dalla sua penna feroce. Nonostante la voce sgradevole conduce anche uno spettacolo radiofonico intitolato “Hollywood Hotel”, poi trasformato in un film per la regia di Busby Berkeley. Imprecisa e pasticciona nell’indicare i nomi degli interpreti nei suoi articoli, la cronista mantiene la sua rubrica fino a tarda età, collezionando previsioni errate sull’assegnazione degli Oscar. Usando il loro potere, Louella ed Hedda hanno rovinato la carriera a molti attori e attrici in ascesa rivelandone i vizi (generalmente l’omosessualità tenuta nascosta e l’uso smodato della bottiglia), risparmiando invece di mettere in piazza i fatti intimi e segreti di potenti star come Rock Hudson.
Per decenni le due croniste, tra giornali e trasmissioni radiofoniche, hanno mantenuto un’audience di 75 milioni di americani. Un vero record!
William Randolph Hearst, il potente magnate della stampa
In questo contesto socio-editoriale emerge il ricchissimo William Randolph Hearst, nato a San Francisco nel 1863, erede di una fortuna economica immensa, costituita da pozzi petroliferi, miniere, terreni sparsi per tutta l’America e bestiame d’allevamento.
Dopo aver tentato di farsi eleggere Presidente degli Stati Uniti nel 1908 (ma viene eletto per due legislature alla Camere dei rappresentanti per il Partito Democratico), Hearst abbandona la politica e diventa un editore di alto livello, proprietario di trenta testate giornalistiche che sono in grado di influenzare l’opinione pubblica americana (il suo modello è il mitico Joseph Pulitzer).
A lui si deve l’invenzione della stampa scandalistica detta Yellow Journalist, amatissima dai lettori statunitensi; notevoli sono le nuove iniziative editoriali come le fotografie e i fumetti che appaiono per la prima volta nei suoi quotidiani e periodici ottenendo un grandissimo successo. Intanto il suo quotidiano Examiner, primo giornale di San Francisco – per la verità ereditato dal padre che lo aveva vinto come pagamento di un debito di gioco – diventa il trampolino di lancio su cui si fonderà il suo impero editoriale, che comprende quotidiani presenti in tutte le più grandi città americane, grazie ai contratti da favola con cui assicura le firme più prestigiose del giornalismo americano.
Un’altra freccia al suo arco è la pubblicità sulla sua carta stampata che gli fa guadagnare cifre stratosferiche. Nel 1928 il suo gruppo ottiene degli utili incredibili non sapendo però che l’anno successivo con la crisi di Wall Street e il controllo della Borsa di New York dell’ottobre 1929, anche per l’immenso impero della carta stampata stanno arrivando tempi molo difficili.
Marion Davies entra nella vita di Hearst
Convinto sostenitore degli Stati Uniti d’America, Paese a suo avviso destinato a dominare e guidare il mondo intero, Hearst entra con forza anche nel mondo del cinema a partire dal 1917 quando, dopo aver assistito a una serie di spettacoli teatrali prodotti a Broadway dal 1907 al 1931, conosce Cecilia Douras, nota come Marion, una stupenda bionda dagli occhi azzurri, una semplice chorus-girl (ragazza del coro, cioè una ballerina di fila) dal fascino malizioso.
Perdutamente innamorato della giovane ballerina, ma consapevole che sua moglie Millicent Veronica Wilson, un’ex attrice sposata nel 1903 e madre dei suoi cinque figli, non gli avrebbe mai concesso il divorzio, Hearst decide di trasformare la sua amante in una grande diva di Hollywood attraverso una costosissima operazione di marketing (7 milioni di dollari) e assumendo alle sue dipendenze la famosa sceneggiatrice Francis Marion incaricata di scrivere copioni su misura per la Davies. Inoltre il magnate della stampa si trasforma anche in produttore cinematografico fondando la Cosmopolitan Productions (battezzata con il nome di una delle sue riviste più popolari). Gli suoi studi cinematografici, in un primo tempo situati originariamente a East Harlem (New York), si trasferiscono in California, nella sede della MGM a Culver City e Marion Davies diventa l’interprete principale di due film di successo, Armi e amori (1922) e Little Old New York (1923).
La gelosia di Hearst
Nel novembre del 1924 sull’Oneida, il lussuoso yacht del tycoon dell’editoria, viene organizzata una gita per festeggiare i 43 anni del regista-produttore Tom H.Ince, a cui viene invitata la crème hollywoodiana. “L’Oneida prese il mare con un carico di celebrità – racconta Kenneth Anger nel mitico libro Hollywood Babilonia (Adelphi) – un’orchestrina jazz, una scorta di champagne d’annata e la ventisettenne Marion col suo ‘protettore’ sessantaduenne in veste di padroni di casa. Capitan Hearst scelse una rotta meridionale passando di Catalina e puntando verso San Diego. Tom Ince, l’ospite d’onore, perse la barca. Doveva assistere alla prima della sua ultima produzione, The Miragem, ed era rimasto d’accordo che avrebbe preso il treno per San Diego, salendo a bordo dell’Oneida quando attraccava. La festa di compleanno, a quanto si dice, fu un enorme divertimento… fino a un certo punto. Oltre quel punto, L’Oneida incappò in un banco di nebbia di storie contrastanti.
La versione ‘ufficiale’ diffusa da casa Hearst non sarebbe potuta essere più semplice: il povero Tom Ince aveva approfittato della sontuosa ospitalità hearstiana, alla Festa di Compleanno dello Scorpione, e si era talmente ingozzato da morire di indigestione. Il primo articolo apparso sui giornali Hearst era un falso da cima a fondo”.
Pare invece che la vicenda misteriosa si sia svolta in tutt’altra maniera. Sullo yacht era presente anche Charlie Chaplin, all’apice della sua carriera cinematografica, oggetto di pettegolezzi circa una sua presunta relazione con Marion Davies. “Hearst era anche incredibilmente geloso delle attenzioni – scrive ancora Anger – che gli altri uomini rivolgevano a Marion e i suoi investigatori privati lo avevano tenuto al corrente degli affettuosi incontri di Marion con Chaplin durante la sua assenza. Il comico era stato invitato perché Hearst voleva vedere come si comportava con Marion”.
Pare che a un certo punto l’editore li abbia colti in flagrante sul ponte di passeggiata e impugnato il suo celebre revolver tempestato di brillanti, abbia fatto fuoco verso Chaplin, colpendo invece il povero Ince. L’inchiesta giudiziaria aperta tempo dopo, verrà chiusa rapidamente. A questa vicenda nel 2001 il regista Peter Bogdanovich ha dedicato il suo film “Hollywood confidential” interpretato da Kristen Dunst.
Una carriera cinematografica incolore
Hearst è sempre più deciso a lanciare la sua amata (che è anche affetta da balbuzie) sul grande schermo con ogni mezzo, ma la carriera dell’attrice purtroppo non decolla nel modo giusto. “Da quanto viene detto nella sua autobiografia The Times We Had (scritta circa all’epoca della morte di Hearst), essa stessa aveva poca fiducia nelle proprie capacità. La maggior parte dei ruoli che le furono assegnati erano inadatti alla sua personalità, e ben due film che potevano vantare un buon impianto drammatico, The Five o’Clock Girl e Rosalie (entrambi del 1929), furono interrotto a metà della lavorazione con gravi perdite di denaro.
I registi di Marion dovevano inoltre rispettare tutta un serie di regole: l’attrice non poteva mai interpretare la parte di una sgualdrina o di una madre, non doveva mai essere baciata sulle labbra dai suoi partner (che includevano Clark Gable, Gary Cooper, Robert Montgomery, Leslie Howard e Dick Powell) né essere trattata in modo tale da suscitare ilarità. “Hearst sarebbe stato lieto se Marion avesse interpretato Maria Antonietta, la rassegnata e bamboleggiante regina di Francia e padrona di Versailles. Forse essendo nella realtà la castellana di San Simeon, il castello di sogno sulla costa californiana che Hearst insisteva nel chiamare ‘ranch’. Quando la parte di Maria Antonietta fu assegnata a Norma Shearer, il boss fece trasferire Marion, il suo camerino e la Cosmopolitan dalla MGM agli studi più accoglienti della Warner Brothers. Per parecchio tempo, in seguito a ciò, il nome di Norma Shearer fu vistosamente assente dai giornali di Hearst”. (William Randolph Hearst e Marion Davies – Il Cinema Grande Storia Illustrata n.20- Istituto Geografico De Agostini Novara).
Marion, attrice brillante che ben si adatta all’avvento del cinema sonoro, davanti alla macchina da presa con quattro film prodotti dalla Warner, Il principe azzurro di S. Franklin (1926); Il fidanzato di cartone (1928); Fascino biondo (1928) e la commedia musicale Maschere di celluloide di King Vidor (1928). Nel 1932 interpreta con bravura la commedia Blondie of the Follies scritta da Frances Marione e dalla straordinaria Anita Loos. Hearst vuole a tutti i costi che Marion si confermi un’attrice divertente e amata dal pubblico cinematografico. I due nel frattempo sono andati a vivere nella già citata lussuosissima dimora a San Simeon in California sul Pacifico, a metà strada con San Francisco dove il padre del magnate aveva edificato il castello Hearst, un enorme complesso edile nel quale si tengono feste e ricevimenti a cui partecipano grandi nomi del bel mondo internazionale come Winston Churchill, la regina Maria di Romania, Calvin Coolidge e tanti altri.
Nel corso degli anni Venti e Trenta William nel lanciare la carriera artistica della sua Marion, organizza spettacolari ed epocali feste per le star di Hollywood che accorrono a omaggiarlo. Cary Grant, i fratelli Marx, David Niven, Joan Crawford, tra gli altri, sono spesso presenti nella lussuosissima dimora della coppia Hearst-Davies.
Quarto potere, il capolavoro di Welles ispirato a Hearst
Nel 1940 Orson Welles, il giovane attore e già regista della spettacolo radiofonico La guerra dei mondi che aveva messo nel panico mezza America, a soli ventiquattro anni, aiutato dalla bella sceneggiatura di Herman J. Mankiewicz, gira Quarto potere (Citizen Kane) un’opera cinematografica che lascerà il segno nella storia del cinema come uno dei più grandi capolavori.
Il film racconta la vicenda di Charles Foster Kane, (interpretato dallo stesso Orson Welles), un uomo nato povero che diventa però ricco grazie all’eredità della madre, eredità che consistente in una miniera d’oro. Così Kane in pochi anni mette in piedi un impero di giornali e radio, sposando inoltre la nipote di un presidente americano e candidandosi a diventare governatore. Poi le cose cambiano e il magnate muore solo in una specie di castello mai terminato. Il film si ispira chiaramente a Hearst che tenterà con ogni mezzo legali di fermare questa produzione, ritenuta lesiva della sua persona scatenando una campagna stampa denigratoria epocale. Tra i personaggi rappresentati vi è anche quello di Susan Alexander, moglie di Kane, una cantante senza talento che tutti identificano in Marion Davies.
Nel 2020 il regista David Fincher firma l’interessante Mank (uscito sulla piattaforma Netflix) interpretato da Gary Olman nei panni dello sceneggiatore Mankiewicz durante la stesura del film di Welles.
Il tracollo dell’impero Hearst e l’abbandono del cinema di Davies
Dopo il crollo della Borsa nell’ottobre 1929, anche l’impero di Hearst non è risparmiato dal tracollo economico-finanziario americano. Nel 1937 la Hearst Corporation deve ridimensionarsi e la sezione cinematografica viene chiusa. Marion Davies continua come può la sua carriera sul set fino al 1937. Nel 1933 gira Peg del mio cuore; nel ’34 L’agente n.13; nel ’35 Page Miss Glory; nel ’36 Pirate party on Catalina; nel ’37 Ever Since Eve.
Gli storici del cinema sono propensi a ritenere che William Hearst abbia soffocato il talento di Marion e la sua personalità. In ogni caso lei rimarrà al fianco del suo uomo in totale solitudine, dedita dell’alcolismo fino alla morte di lui nel ’51, seguendo le cose ferree vigenti nella casa di San Simeon: non bere mai soli, non cambiarsi mai d’abito per il pranzo, non menzionare mai la morte in presenza dell’ospite. Quattro anni dopo la dipartita di Hearst, Marion potrà finalmente sposarsi, all’età di 54 anni a Los Angeles, con Horace Brown prima di morire per una grave malattia nel 1964.
Così finisce la storia tra William e Marion, del boss e della ballerina, ma nessuno poteva immaginare che ventitré anni dopo la scomparsa dell’editore, i lettori americani saranno incuriositi da una vicenda quasi incredibile. Patricia Campbell Hearst, la nipote di William, il 4 febbraio 1974 a Berkeley in California, viene rapita nel suo appartamento da un gruppo di guerriglieri detto Symbionese Liberation Armi, chiedendo un riscatto di 400 milioni di dollari. Si apre così una trattativa e i genitori di Patricia pagano alla fine 4 milioni. La prigionia della giovane dura 591 giorni ma il bello deve ancora venire. Il 15 aprile 1974 una foto mostra la ragazza in una banca di San Francisco mentre insieme ad altri complici sta effettuato una rapina. Lo scandalo è enorme. Un mese dopo alcuni terroristi symbionesi vengono uccisi nel corso di uno scontro con l’FBI e la polizia. Dopo varie altre rapine Patty è arrestata il 18 settembre 1975.
Nel corso del processo il suo avvocato difensore punterà sul lavaggio del cervello a cui la sua assistita era stata sottoposta. Dopo varie riduzioni di pena, Patty otterrà la grazia da parte prima del Presidente Carter, poi da Reagan e infine da Clinton. Sposatasi con una sua guardia del corpo, erede della potente dinastia degli Hearst, avrà due figlie, Gillian e Lydia Mariea che diventerà modella e attrice. Sulla vicenda di Patricia nel 1988 il regista Paul Schrader girerà il film Patty- la vera storia di Patty Hearst, interpretato da Natasha Richardson.
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