Da molto tempo la drammaturgia contemporanea ci ha abituati a pensare che le parole non servono più a niente. Che l’umanità è immersa in un buio silenzioso e che nessun dialogo è più capace di “dire” veramente qualcosa. Per strano che possa sembrare, il Teatro per lungo tempo si è fatto “portavoce” di quel silenzio e lo ha trasformato in poesia, grazie a grandi commedie classificate dell’ “incomunicabilità”. Questa invece è la commedia della parola e dei discorsi tra un vecchio Freud e, forse, il suo subconscio che si materializza in un miracoloso e misterioso visitatore che lo induce a riflettere sulle sue teorie riguardo Dio e la religione.
Siamo nel 1938 in Berggstrasse 19 a Vienna nello studio-abitazione dove vive, al tempo dell’invasione nazista dell’Austria, il vecchio Sigmund Freud con la figlia. Anna Freud, la figlia, cerca di convincere il padre a firmare una carta che permetterà loro di scappare dal nazismo. La prima parte dell’opera narra il realismo di Anna e l’etica fermezza di Sigmund che non vuole scappare mentre gli altri ebrei meno fortunati devono restare. Ma l’entrata in scena di un crudelmente sciocco caporale della Gestapo volge al tragico la storia: Anna, per difendere il padre, insulta il caporale e viene arrestata. Freud, sconvolto dal dolore, vorrebbe appigliarsi a qualcosa di miracoloso, ma le sue idee sulla religione lo rendono incapace di pregare. Ecco apparire in scena il Visitatore, uno strano personaggio metà saltimbanco, metà filosofo consolatorio che non dichiara mai il suo nome, ma che ambiguamente si presenta come possibile incarnazione di Iddio che tutto vede e tutto conosce.
Ed è proprio il Visitatore, quasi deus ex machina dell’antico teatro, che consiglia lo stratagemma per salvare Anna e spingere Freud a firmare il documento che li farà scappare dai nazisti.
Alessandro Haber è Freud interpretato non solo nelle parole e nella dialettica, ma anche in un vecchio corpo debole e dolorante. Alessio Boni è il Visitatore molto bravo in una recitazione, in contrasto con Freud, molto mobile e dinamica. Nicoletta Robello Bracciforti è Anna, una solida donna che non ha paura di insultre il Caporale Nazista, Alessandro Tedeschi, quando cerca di approfittarsi del debole Freud.
Tutto si svolge in un atto unico di 1h e 40 minuti senza il minimo intervallo o cambio scena. Le musiche sono di Arturo Annecchino, le scene di Carlo De Marino, i costumi di Sandra Cardini. La regia è di Valerio Binasco.
Tanti applausi e tante chiamate a fine spettacolo hanno gratificato una grande prova d’attore di Alessandro Haber e dei suoi compagni in scena.