Anche se siamo in estate il cinema non va in vacanza. Non sul grande schermo, con le migliaia di arene estive, festival e appuntamenti sotto le stelle in ogni parte dello Stivale, ma anche perché le ferie possono servire agli appassionati della “settima arte” per vedere o rivedere qualche film perso in inverno o rispolverare qualche classico. Magari seguendo alcuni filoni dettati dall’attualità. Ecco i nostri suggerimenti.
3 DVD per una giornata di pioggia, riflettendo sui sentimenti umani
Se già il tempo (nel senso atmosferico) non aiuta, meglio non farsi tante paturnie e godersi una commedia senza pretese, ma capace di strappare almeno un sorriso. Beata ignoranza (di Massimiliano Bruno, 2017) si affida alla collaudata (“Se Dio vuole”, 2015) coppia di mattatori Alessandro Gassman e Marco Giallini nei ruoli di due amici-rivali, nella vita e nel lavoro di insegnanti. Con colleghi e alunni a fare da spalla, i due accettano di scambiarsi i ruoli per qualche tempo in modo da consentire a Nina (che potrebbe essere la figlia di ciascuno dei due) di realizzare un documentario sulla dipendenza dalla tecnologia. Chiaro che nello scambio tutta la gamma di sentimenti e relazioni che i due hanno accumulato negli anni viene messa in discussione. Con esiti esilaranti, ma anche sorprendenti. Nessuna volgarità, un certo garbo e una dose industriale di luoghi comuni creano alla fine un mix gradevole (e prevedibile) che comunque diverte.
Quando i sentimenti sono declinati in una città dal fascino intramontabile può scaturire davvero la scintilla poetica. È il caso di Rosso Istanbul (di Ferzan Ozpetek, 2017, drammatico) la cui storia è un pretesto per scendere nelle profondità dell’animo umano, in parallelo con gli angiporti della città. Dai quartieri storici di Pera ai grattacieli di Levent, dalle antiche case di legno affacciate sul Bosforo ai ponti sospesi che lo attraversano. E nella rossa Istanbul di Ozpetek i sentimenti affiorano con forza. Alla ricerca di un amore impossibile e verso un tragico destino già scritto. Un film crepuscolare, inquieto, fatto di emozioni più che di azioni, capace di guardarsi dentro, ma soprattutto di indurre lo spettatore a fare altrettanto.
Per un certo verso i sentimenti da soli non valgono nulla se non si traducono in azioni. E cosa c’è di più vicino al sentimento-azione del mestiere di un medico? Il dottore del corpo deve esserlo anche un po’ dell’anima se vuole davvero guarire i propri pazienti. E costoro devono avere nella persona che si occupa della loro salute anche un amico, un confidente, quasi un confessore. Se poi il teatro delle visite non è l’asettico nosocomio di una metropoli, ma i cascinali di una condotta rurale, il gioco è fatto. Il medico di campagna (di Thomas Lilti, 2016, commedia) è la dimostrazione cartesiana dell’assunto. Che si traduce nell’incontro-scontro tra un medico di lungo corso e la sua giovane sostituta che deve affrontare incredibili peripezie per entrare nelle grazie degli assistiti. Col cuore, prima che con il fonendoscopio.