Abruzzo La Majella e i suoi tesori

Pubblicato il 4 Giugno 2009 in , da Vitalba Paesano

Raccogliamo volentieri l’invito a tornare in Abruzzo per un turismo ancor più responsabile e consapevole, con questo itinerario che andrà verificato prima di partire, per i necessari aggiornamenti dell’ultima ora.

Gli abruzzesi la chiamano ‘la montagna madre’, a testimonianza del legame profondo tra la Majella e le comunità che, stagione dopo stagione, la abitano e la vivono. La Majella, il cui nome deriva da Maja, un’arcaica divinità della terra, non è in realtà un’unica montagna: è un ampio massiccio montuoso della catena appenninica, con trenta cime che superano i 2.000 m (il Monte Amaro, la più alta, arriva fino a 2.793 m), situato nella parte più meridionale della regione Abruzzo. Il suo valore naturalistico e paesaggistico, ma anche antropologico e storico, è tale che nel 1995 tutto il complesso montuoso e trentanove paesi alle sue pendici sono stati trasformati in Parco Nazionale. Che questo territorio, nonostante il clima rigido soprattutto sul versante occidentale, sia stato da sempre accogliente lo dimostra il fatto che fu abitato sin dal Paleolitico; le sue valli nel Medioevo accolsero numerosi eremiti e nel Rinascimento nei suoi borghi arrivarono i migliori artigiani d’Italia per costruire superbi palazzi.

Ancora oggi la Majella costituisce una delle zone più indicate per un viaggio che unisce natura, antiche tradizioni, relax, sapori e prodotti autentici. L’ampio territorio si visita compiendo un anello automobilistico intorno alla ‘montagna madre’, partendo da Pescara e toccando Caramanico Terme (in provincia di Pescara), quindi l’incantevole Pescocostanzo (in provincia dell’Aquila), passando poi sul lato orientale, verso il Mar Adriatico, per visitare i piccoli centri di Fara San Martino, patria della pasta, e di Guardiagrele (provincia di Chieti). Ma il viaggio, benché piacevole, non potrà essere che una traccia, una raccolta di suggerimenti per tornare e trascorrere, in qualsiasi stagione dell’anno, una lunga vacanza tra le materne pendici della Majella.

 

Caramanico, terme e natura

Lasciata l’autostrada A25 Pescara-Roma all’uscita Alanno-Scafa, si imbocca una strada tortuosa, ma panoramica per raggiungere il piccolo borgo di San Valentino, quindi, dopo alcuni chilometri, Caramanico Terme. Sorvegliato dalla compatta mole della Majella, Caramanico si protende verso la Valle del fiume Orta in uno scenario idilliaco: le stradine del centro storico corrono ripide verso la parte bassa dell’abitato, dividendosi in vicoli e gradinate, aprendosi in piazzette incorniciate da palazzi o da chiese monumentali. Il borgo ha conosciuto tante trasformazioni dalla sua nascita, nell’Alto Medioevo, ma ha saputo mantenersi fedele alle sue più genuine tradizioni: processioni dolenti o festose, cortei in costume e sacre rappresentazioni ne scandiscono ancora le stagioni, mentre la delicata fragranza delle ‘pizzelle’ (cialde dolci, leggere e gustose), i decisi sapori dei salumi oppure del Pecorino stagionato arricchiscono quotidianamente le tavole di Caramanico.

Il paese è uno dei centri più importanti del Parco Nazionale della Majella: da Caramanico partono spettacolari escursioni, semplici e adatte a tutti, come il percorso nella bassa valle dell’Orfento, il sentiero della Valle dei Luchi (naturali torri di roccia), le passeggiate nella valle Giumentina, cosparsa di “tholos”, (antiche dimore in pietra dei pastori), gli accessi agli eremi di San Bartolomeo in Legio e di Santo Spirito a Majella, antichi luoghi di preghiera abbarbicati a imponenti pareti di roccia. La notorietà di Caramanico è legata anche alle sorgenti termali di acque sulfuree (delle fonti ‘La Salute’ e ‘Gisella’) e oligominerali (fonte del ‘Pisciarello’), le cui proprietà hanno fatto di Caramanico un luogo di cura conosciuto sin dal XVI secolo (www.termedicaramanico.it/).

 

Pescocostanzo, cultura e artigianato

Da Caramanico si riparte in direzione del Passo di San Leonardo; la strada, sempre tortuosa, scende poi verso l’abitato di Campo di Giove, località di turismo estivo e invernale. Da qui, il percorso presenta due varianti: si può scendere a Cansano, a Pacentro, quindi a Sulmona, dove imboccare la statale 17 per Roccaraso, percorrendo così lo spettacolare altipiano delle Cinque Miglia (la strada lo percorre rettilinea per nove chilometri, segnata da due file di alberi, un tempo utili per segnare il cammino durante le bufere di neve) e poi salire a Pescocostanzo; oppure si può scegliere di restare in quota e da Campo di Giove percorrere la strada che conduce direttamente a Pescocostanzo attraversando il bellissimo bosco di Sant’Antonio, un’antica faggeta ritenuta sacra sin dalla notte dei tempi.

La meta è, comunque, il borgo di Pescocostanzo, un piccolo miracolo in quota: il paese, infatti, a 1400 metri d’altitudine, presenta un centro storico, ricco di palazzi rinascimentali, chiese preziose, piazzette e dimore di grande bellezza architettonica. È forse un unicum nel panorama italiano, ed è la storia a spiegare questa ricchezza: dopo un terremoto avvenuto nel 1456, i governanti illuminati e le colte famiglie del luogo chiamarono alla ricostruzione del paese intere corporazioni di artigiani, architetti e artisti dalla Lombardia, che insegnarono alle manovalanze locali le arti più raffinate per costruire e decorare. Pescocostanzo non è un museo a cielo aperto, ma un borgo accogliente e vivo, che lascia nei visitatori un sentimento di meraviglia e di forte calore e accoglienza. Pescocostanzo si visita passeggiando per le vie storiche e ammirando i bei palazzi con insegne e cancellate in ferro battuto; si esplorano le tante botteghe artigianali, si gustano i piatti genuini e sapidi, dopo una sosta obbligatoria nella bellissima Chiesa Madre, che custodisce un’opera di Tanzio da Varallo, artista caravaggesco, e la cancellata seicentesca di Santo di Rocco, maestro insuperato del ferro battuto (si narra che possedesse una polvere magica per poter ‘disegnare’ con il ferro come con un pennello).

 

Fara e Guardiagrele, la gastronomia in prima fila

Ripartiti da Pescocostanzo, dopo aver oltrepassato il Valico della Forchetta, si percorre il versante del Parco appartenente alla provincia di Chieti. Il mare Adriatico, non lontano, mitiga il clima e la vegetazione, ma da questo lato il massiccio della Majella presenta aspri e spettacolari valloni rocciosi, con grotte e passaggi arditi, pareti a picco verso le dolci colline che scendono al mare. Proprio ai piedi di uno di questi valloni si trova il borgo di Fara San Martino, celebre per essere la patria elettiva della pasta; è qui, infatti, che ha sede la De Cecco, uno dei marchi celebri del Made in Italy. Il pastificio venne insediato in questo luogo alla fine dell’Ottocento per sfruttare le acque pure e fresche del torrente Verde, che sgorga direttamente dalle rocce della Majella; e ancora oggi la tradizione continua, insieme a due altri pastifici (Del Verde e Fraltelli Cocco) di dimensioni e produzione decisamente più contenute.

È in nome della gastronomia anche l’ultima sosta del viaggio: nell’abitato di Guardiagrele, infatti, si trova uno dei ristoratori più rappresentativi della regione, Peppino Tinari, sempre al lavoro nel suo regno, il ristorante (e hotel) Villa Majella. La sosta è illuminante, non solo per la rassegna di sapori tradizionali che illustrano l’intera tradizione gastronomica della zona, ma anche per l’affabilità e l’accoglienza che la famiglia Tinari manifesta verso ciascun ospite. Funghi, zafferano, castagne, agnello, ma anche vino e olio: dopo essersi addentrati tra i migliori prodotti abruzzesi, non resta che rientrare verso Chieti, quindi scendere a Pescara a rivedere le spiagge dell’Adriatico. La Majella è lassù – nelle giornate limpide si vede anche dal mare – che da millenni sorveglia e protegge questo territorio e la sua gente.