Canaletto
Venezia e suoi splendori
Treviso Casa dei Carraresi
fino al 5 aprile 2009
Con questa nota vogliamo proporre la mostra “Canaletto. Venezia e suoi splendori”: una preziosa raccolta di vedute, non solo di Canaletto, allestita a Treviso, alla Casa dei Carraresi.
Canaletto fu certamente il più grande tra i vedutisti del Settecento, cioè tra i pittori che sceglievano come soggetto la rappresentazione di una città attraverso particolari scorci prospettici, scene di vita urbana, monumenti e piazze. Questi soggetti riprodotti in modo fedele alla realtà erano immediatamente riconoscibili, come avviene oggi con le immagini fotografiche.
Canaletto fu certamente il più grande tra i vedutisti del Settecento, cioè tra i pittori che sceglievano come soggetto la rappresentazione di una città attraverso particolari scorci prospettici, scene di vita urbana, monumenti e piazze. Questi soggetti riprodotti in modo fedele alla realtà erano immediatamente riconoscibili, come avviene oggi con le immagini fotografiche.
Venezia, da questo punto di vista fu, anche ai tempi di Canaletto, un soggetto particolarmente accattivante e suggestivo, tenendo conto anche del fatto che le vedute avevano un buon mercato tra gli stranieri che visitavano Venezia (erano gli anni del Grand Tour e Venezia era la tappa culminante di questo viaggio di formazione culturale dei giovani aristocratici, per cui era frequente l’acquisto di una veduta come ricordo del viaggio).
Canaletto descrive una Venezia romanticamente suggestiva, segnata da una particolarissima luminosità, vivace e ricca di episodi di vita quotidiana, brulicante di popolani e gondole attraverso un’organizzazione formale di grande stabilità prospettica che concorre a rendere l’immagine del dipinto assolutamente realistica.
E’ risaputo che questo realismo Canaletto lo otteneva con l’ausilio di uno strumento ottico che anticipava di un secolo l’apparecchio fotografico: la camera ottica o camera oscura. Si trattava di una scatola dotata di un piccolo foro in cui i raggi luminosi proiettati dagli oggetti esterni, pene¬trando, si riflettevano su un foglio di carta collocato sul fondo. Il pittore poteva così disegnare con facilità e, soprattutto con rapidità la veduta, seguendo l’immagine pro¬spettica riflessa.
Forse è meno noto al grande pubblico – ed è questo il nostro suggerimento di lettura delle opere esposte – il fatto che per Canaletto la camera ottica non rappresentava un espediente meccanico per determinare tecnicamente la correttezza prospettica dell’immagine, ma un mezzo rapido per costruire annotazioni, semplici trac¬ciati e disegni da utilizzare poi come base per la costruzione delle scene. In questo modo poteva concentrarsi su altri aspetti della pittura, quali l’ambientazione e l’approfondimento creativo dei temi, trascurando le problematiche della costruzione prospet¬tica. Va ricordato che prima di diventare pittore, Canaletto aveva lavorato col padre come scenografo e cono¬sceva assai bene la prospettiva. Non aveva certo bisogno di aiuti meccanici per realizzare scorci tecnicamente perfetti!
Canaletto andava oltre la rappresentazione prospettica convenzionale, aveva infatti ideato un sistema particolare di costruzione dell’impianto scenico, basato sul taglio e sull’assemblaggio di più immagini. Con l’aiuto della camera ottica disegnava le inquadrature in sequenza, facendo ruotare la camera a partire da un punto fisso. La sequenza di disegni così rilevati poteva essere poi ricomposta in un’unica immagine, un panorama della piazza fortemente dilatato, riconducibile a un angolo visuale di quasi 180°, esattamente l’effetto che percepisce abitualmente un osservatore ruotando il capo.
L’abilità di Canaletto consisteva nel lasciare ogni scorcio con il proprio punto di convergenza, legando però gli scorci in unico insieme coerente, di grande effetto scenografico. L’esame geometrico rivela infatti in molti dei dipinti, la presenza di più punti di fuga, indizi del movimento di rotazione impresso alla camera ottica.
Nel Settecento, in tutta Europa, le camere ottiche erano molto diffuse e ne esistevano di varie dimensioni: piccole e maneggevoli, oppure grandi per il cui trasporto era necessario addirittura l’aiuto degli inservienti.
Al Museo Correr, a Venezia, è conservata la camera che, secondo la tradizione, è appartenuta a Canaletto, analoga a quella che si suppone avesse usato Vermeer per i suoi interni, mentre L’Encyclopédie di Diderot e d’Alembert, descrive alle tavole IV e V della sezione dessin-peinture, tipi diversi di camere oscure, vere e proprie cabine in cui il pittore entrava per disegnare. Queste venivano trasportate dagli inservienti nel luogo scelto dall’artista. Dal foro d’ingresso della camera ottica l’immagine esterna si proiettava rovesciata, veniva raccolta e capovolta da uno specchio inclinato orientabile e ingrandita da una lente. L’artista, seduto all’interno, al buio, ricalcava l’immagine sul foglio di carta.
Nel dibattito molto acceso, nel Settecento, sull’utilità della camera ottica ai fini artistici, Canaletto dimostrò che questo strumento non annullava la creatività dell’artista: il suo uso permetteva solo di facilitare il lavoro e di rendere rapide e precise le applicazioni. A riprova, per dimostrare tutta la sua abilità e conoscenza nel campo della pittura prospettica, realizzò alcune opere, chiamate capricci, dove gli scenari sono solo frutto della fantasia dell’autore, quindi non dipendenti dall’uso della camera ottica.
La verità ottica, la fedele descrizione, non sono perciò le sole possibili modalità di lettura delle vedute di Canaletto anche se, osservandole, viene spontaneo pensare: è perfetta, sembra vera!
Ho visto la mostra di Canaletto a Milano,davvero vale la pena andarci! è semplicemente meravigliosa! Un saluto Violetta