A Milano la Pinacoteca di Brera presenta ”La cena in Emmaus”, un capolavoro che Caravaggio dipinse in uno dei periodi più drammatici della sua esistenza, nel 1606, quando fuggito da Roma, accusato di aver ucciso Ranuccio Tomassoni in una rissa nei campi di gioco del Muro Torto, si rifugiò presso il principe Colonna a Palestrina, a Paliano e a Zagarolo .
“Dipinse per il suo protettore una Maddalena e una Cena in Emmaus “, scrivono gli storici. La Cena in Emmaus, che da tempo fa parte delle collezioni della Pinacoteca di Brera, ora nel nuovo allestimento (a cura di Nicola Spinosa intitolato “Attorno a Caravaggio“) è ben evidenziata nella luce e nei particolari.
Inoltre è posta a confronto e in dialogo con altri quadri dell’epoca: alcuni sono di identico soggetto e non sono stati mai visti assieme, altri dipinti hanno incerte attribuzioni a Caravaggio, più volte contestate, o sono di altri pittori suoi contemporanei.
Per la prima volta viene esposta a Brera una “Giuditta che decapita Oloferne” proveniente da una collezione privata, ritrovata in una soffitta di una casa a Tolosa, un’opera molto controversa.
Caravaggio aveva già dipinto nel 1601 una “Cena in Emmaus”, in una fase in cui il pittore era pieno di vitalità e di euforia. Quella tela è oggi conservata alla National Gallery di Londra e si può fare il confronto con quella di Brera solo attraverso le foto. La rappresentazione di Cristo che benedice il pane e i pellegrini di Emmaus attorno alla tavola, nella tela di Londra sembrano avere gesti e colori più vitali. Tutta l’opera del 1601 è molto più ricca di colori di quella di Brera, ed è dipinta in una atmosfera più serena. La felice congestione del racconto, la descrizione degli oggetti sulla tavola, mostrano anche una canestra di frutta simile a quella del famoso dipinto dell’Ambrosiana.
Ma “La cena in Emmaus” del 1606 conservata a Brera – che nel nuovo allestimento è più evidenziata nelle sfumature e nei particolari – sembra essere stata dipinta con una rapidità di stesure pittoriche tali da evidenziare, in alcuni tratti, la preparazione sottostante e da far apparire alcuni particolari addirittura non finiti. Come se Caravaggio avesse fretta di finire l’opera. La sua, però, non è solo fretta : “il Cristo, col viso spartito tra luce e ombra, è più maturo e più segnato, le figure sono meno vivide, e la scena intera rivela un’essenzialità estrema rispetto alla densità e alla compiutezza dell’altra Cena in Emmaus del 1601“, noterà Vittorio Sgarbi nel suo piccolo libro dal curioso, allusivo e caravaggiesco titolo “ ll punto di vista del cavallo”, edito da Bompiani. (Il titolo allude al dipinto del Caravaggio “ La caduta di Saulo”, conservato nella chiesa Santa Maria del Popolo a Roma ) .
Confrontando le due cene in Emmaus, Sgarbi a proposito di quella di Brera scrive: ” Sembra un dipinto pensato da un altro pittore, con una visione nuova e più spirituale. Come per una riflessione triste e macabra sulla vita. Come se il banchetto di Cristo, non più così ricco di colori e di portate, fosse passato dalla parte della notte anziché del giorno, dalla parte del buio, anziché della luce. Un quadro straordinario, con cui Caravaggio entra nella sua piena maturità.” Una maturità che fuggito a Malta, il pittore mostrerà anche in una delle sue ultime grandi opere : “ La Decollazione del Battista “ una grande tela offerta all’Ordine dei Cavalieri di Malta e conservata nella Cattedrale di San Giovanni a La Valletta.
La mostra “Attorno a Caravaggio” nella sala 28 della Pinacoteca di Brera è aperta fino al 5 febbraio
Per approfondire: Dialogo attorno a Caravaggio
http://pinacotecabrera.org/dialogo/terzo-dialogo-attorno-a-caravaggio/