Domenica 12 e lunedì 13 giugno 2011 i cittadini italiani saranno chiamati al voto per esprimersi su quattro referendum popolari per l’abrogazione di disposizioni di leggi statali, per decidere dunque se una legge o una parte di essa debba essere annullata o mantenuta in vigore.
Le denominazioni sintetiche, formulate dall’Ufficio centrale per il referendum costituito presso la Corte Suprema di Cassazione, in relazione a ciascuno dei quattro quesiti referendari dichiarati ammissibili, sono le seguenti:
a) referendum popolare n. 1 – Modalità di affidamento e gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica. Abrogazione;
b) referendum popolare n. 2 – Determinazione della tariffa del servizio idrico integrato in base all’adeguata remunerazione del capitale investito. Abrogazione parziale di norma;
c) referendum popolare n. 3 – Nuove centrali per la produzione di energia nucleare. Abrogazione parziale di norme;
d) referendum popolare n. 4 – Abrogazione di norme della legge 7 aprile 2010, n. 51, in materia di legittimo impedimento del Presidente del Consiglio dei Ministri e dei Ministri a comparire in udienza penale, quale risultante a seguito della sentenza n. 23 del 2011 della Corte Costituzionale.
I cittadini saranno chiamati ad esprimere il loro giudizio sui 4 quesiti, nonostante il 26 aprile scorso il Consiglio dei Ministri abbia deciso una moratoria di 12 mesi sul nucleare. Infatti, pur essendo stato approvato il Decreto “Omnibus” contenente questa norma, la Cassazione ha deciso che si voti in ogni caso su questo quesito.
I primi due quesiti sono relativi alla stessa materia, semplificata attraverso la dicitura “privatizzazione dell’acqua”. Cosa significa? Si chiede, nel primo dei due quesiti, l’abrogazione dell’articolo 23-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 poi convertito con successive modificazioni, l’ultima delle quali è il cosiddetto Decreto Ronchi del 2009, poi convertito in legge (20 novembre 2009, n. 166, articolo 15) che ha sancito il passaggio, per la gestione del servizio idrico, dagli enti pubblici ai privati (o da società a partecipazione mista pubblica e privata – per almeno il 40%) entro la data del 31 dicembre 2011.
Il secondo quesito propone invece l’abolizione parziale di una norma del cosiddetto Codice dell’ambiente relativa alla tariffa del servizio idrico integrato (decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, articolo 154, comma 1). Questo è quanto recita il comma 1: “La tariffa costituisce il corrispettivo del servizio idrico integrato ed è determinata tenendo conto della qualità della risorsa idrica e del servizio fornito, delle opere e degli adeguamenti necessari, dell’entità dei costi di gestione delle opere, dell’adeguatezza della remunerazione del capitale investito e dei costi di gestione delle aree di salvaguardia, nonché di una quota parte dei costi di funzionamento dell’Autorità d’ambito, in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio secondo il principio del recupero dei costi e secondo il principio «chi inquina paga». Tutte le quote della tariffa del servizio idrico integrato hanno natura di corrispettivo.”
Il secondo quesito del referendum chiede l’abrogazione limitatamente alla frase “dell’adeguatezza della remunerazione del capitale investito”, cioè quella che consente al gestore di ottenere profitti garantiti sulla tariffa senza alcun collegamento a qualsiasi logica di reinvestimento per il miglioramento qualitativo del servizio.
Il terzo quesito chiede l’abrogazione parziale di alcuni testi normativi che fanno riferimento alle politiche energetiche sull’atomo, alla possibilità di individuare su suolo nazionale siti adatti alla costruzione di nuove centrali nucleari, allo stoccaggio del combustibile irraggiato e dei rifiuti radioattivi (art. 7, comma 1 lettera d della legge 133/2008; art. 25, 26, 29 – limitatamente ad alcuni commi – della legge 99/2009; parte di articoli del decreto legge 15 febbraio 2010, n.31).
Il quarto quesito chiede infine l’abrogazione dell’articolo 1 (commi 1, 2, 3, 5 e 6) e dell’articolo 2 della legge 7 aprile 2010, n. 51, in materia di legittimo impedimento del Presidente del Consiglio dei Ministri e dei Ministri a comparire in udienza penale, quale risultante a seguito della sentenza n. 23 del 2011 della Corte costituzionale.
Si chiede quindi l’abolizione degli articoli di legge che permettono al Presidente del Consiglio e ai Ministri di invocare il legittimo impedimento a comparire in un’udienza penale, qualora imputati, in caso di concomitante esercizio di una o più delle attribuzioni previste per leggi o dai regolamenti, nonché di ogni attività, comunque, coessenziale alle funzioni di Governo (art. 1, comma 1). Il rinvio dell’udienza per legittimo impedimento non influisce sul corso della prescrizione del reato, che rimane sospeso per l’intera durata del rinvio. La prescrizione riprende il suo corso dal giorno in cui è cessata la causa della sospensione (art.1 comma 5). Le norme si applicano anche a tutti i processi penali in corso, in ogni fase, stato o grado essi si trovino (art. 1 comma 6).
Poiché i referendum chiedono l’abrogazione di determinati articoli o commi di leggi, voteremo SI se intendiamo annullare quegli articoli o commi (se siamo, quindi, contro la privatizzazione dell’acqua, contro il nucleare e contro il legittimo impedimento); voteremo invece NO se riteniamo che essi non vadano annullati (se siamo, quindi, favorevoli alla privatizzazione dell’acqua, alla costruzione e all’utilizzo di centrali nucleari e all’applicazione del legittimo impedimento). Ricordiamo infine che il voto non deve necessariamente essere il medesimo per tutti i quesiti e che il referendum abrogativo deve raggiungere il quorum del 50% + 1 perché possa ritenersi valido.