La signora Elena Cotta, attrice di cinema, ma soprattutto di teatro, ha vinto la Coppa Volpi, premio che alla Mostra del Cinema di Venezia viene conferito alla miglior attrice protagonista. Niente di strano, giacché Elena è appunto attrice. Ma il bello è la sua data di nascita: 19 agosto 1931. Non è tanto la rivincita dell’anziano sul giovane, quanto la celebrazione della bellezza dell’imperfezione vera in contrasto con la bruttezza della levigatezza finta. Poi il film va visto, ma intanto resta il piacere di vedere una signora di ottantadue che stringe il suo premio con il sorriso di una ragazzina. Ha giusto poco più di vent’anni per quattro ed è semplicemente stupenda, con i suoi favolosi occhi azzurri e tutte le sue rughe d’espressione. Il botul le fa un baffo, alla bella Elena.
L’immagine di Elena fa venire in mente Reni Pittaki, attrice (anche lei più di teatro che di cinema) tra i protagonisti di Miss Violence, il film greco che ha vinto il Nastro d’Argento. Reni, che nella pellicola interpreta un ruolo difficile di nonna, porta le sue rughe con classe e serenità. Guardando queste donne viene da pensare a Melpomene, musa della tragedia, e a Talia, musa della commedia. Certo le Muse erano giovani, ma lo erano tanti e tanti anni fa. Adesso avranno diritto a essere un po’ attempate anche loro. O no?
A Hollywood le divine devono restare giovani per forza e alla fine anche le migliori, quelle che resistevano alla chirurgia estetica, sono cadute. Ogni volta che si vede una di queste dee che, avendo infine ceduto, appare in pubblico tonica e rassodata mostrando la sua nuova faccia da Joker di Batman, sale la tristezza e il senso di fallimento. Perché – si chiede la donna comune alzando gli occhi all’Olimpo delle rifatte – voi che siete lassù continuate a negare a voi stesse e a noi la gioia di poter sfoggiare il vostro e di conseguenza nostro vero aspetto? Perché ci dobbiamo sentire inadeguate e impresentabili se non abbiamo più la pelle di una ventenne? Perché non potete, voi che siete l’immagine del bello, mostrare come la bellezza possa evolversi con gli anni?
Come fate a non sapere che, per quanto si possa tirare, limare e levigare, prima o poi a ciascuna capita di imbattersi in una ventenne? Non si dice che è una lotta inutile quella contro le ventenni, ma un po’ sì, è meglio dirlo. Non si dice che si debba accettare di sfiorire, ma un po’ sì, bisogna accettarlo. Perché non si devono più usare aggettivi e sostantivi collegati alla vecchiaia (compresa la stessa parola vecchiaia, che ormai è bandita più del fumo negli asili)? Perché bisogna trovare variegate metafore e simbolismi per significare che il tempo passa e non si arresta un’ora? Perché non possiamo riconciliarci con le zampe di gallina e il vocabolario?
A ben riflettere, se vogliamo l’Olimpo non è un monte americano, bensì europeo. È qui, e queste due dive figlie di due antiche civiltà ce l’hanno ricordato al Festival di Venezia numero 70. Anche lui tutto sommato ha la sua bella età. Elena e Reni, nella loro carriera di attrici di teatro, avranno certo vestito un peplo, uno di quei lunghi abiti bianchi delle divinità olimpiche. Immaginiamole così, mentre restituiscono alle donne il diritto di invecchiare in pace e all’aperto, sui palchi dei concorsi cinematografici e ovunque ci si voglia mostrare, senza vergognarsi, senza inguainarsi, senza implasticarsi. Basta con le Muse senza età. Inauguriamo la nuova età delle Muse, quella delle Muse che hanno la loro età.