VECCHIAIA E SAGGEZZA
La mia idea della vecchiaia è sempre stata che, procedendo negli anni, si inizia a diventare saggi e a staccarsi progressivamente dalle cose terrene. Invece no. A quanto è dato vedere, più si invecchia più ci si attacca in modo pernicioso alle cose e più si compiono azioni scellerate, concepite allo scopo di ottenere prebende e potere o cose del genere o allo scopo di mantenere e conquistare piccoli privilegi. Tutto ciò è come le carte di credito, ovvero scarsamente trasportabile nell’aldilà.
Adesso ci si mette pure la medicina, a cercare di allungare la vita mortale oltre il secolo. Bella idea, che non mi dispiace affatto. Però mi resta una domanda insoluta: perché diluire l’esistenza? Per continuare a brigare e tramare e arraffare o altresì per fare qualcosa di buono e sensato?
Quanto è auspicabile che i vegliardi che ci circondano abbiano la possibilità di esercitare la loro pressione sull’organigramma della società ancora per decenni? Mi consolo pensando che ci vorrà ancora qualche tempo perché ai vecchi sia concesso invecchiare sempre più. Certo mi piacerebbe che la generazione dei miei figli potesse restare sulla Terra più a lungo, magari senza per questo dover sacrificare milioni di bambini nati in posti meno fortunati, però mi sorge un’altra domanda: e se poi anche i miei virgulti diventano come questi vecchi qui? E se pure io divento così?
Attualmente il miglior vecchietto in circolazione è il Presidente della Repubblica, perché appunto sembra aver preso l’opportuno distacco dalle miserie umane e cerca di dare consigli di buon senso, che è ciò che gli si chiede. Però Giorgio ha più di ottant’anni.
Non capisco gli altri che cosa hanno in testa. Saranno pure solo settantenni, ma cos’è tutta questa affezione agli oggetti e alle cariche? Infine essa stona con l’ambiente e con i ruoli che costoro ricoprono, per i quali sarebbe in teoria richiesta massima dedizione e superiore equilibrio. Come si fa ad avere vissuto decenni e a essere così puerilmente interessati alle cose?
Non va bene, per niente. Loro dovrebbero essere da esempio ai giovani, dovrebbero guidarli. Invece no, si comportano come bambini che si litigano i giocattoli, e sono attivamente interessati a inezie che dovrebbero rivestire per loro scarso interesse. Altrimenti perché per un’intera stagione si è parlato quasi soltanto del tinello monegasco di un noto uomo politico? Mi sembrava di sentire i miei figli quando questionano sulla proprietà e la destinazione di un giochino da due euro, che nel momento in cui diventa oggetto di disputa assume un valore e un significato che non ha. E poi i bambini cercano di screditare l’avversario, perché non hanno un’etica del tutto formata e a volte dimenticano le regole della correttezza e del rispetto. In questi casi suggerisco loro di piantarla di fare i bambini dell’asilo e di ricordarsi ciò che imparano al catechismo (il ricatto religioso funziona sempre). Poi accendo la tele e vedo gente più vecchia dei loro nonni che si accapiglia allo stesso modo. In modo amorale, se non si vuol dire immorale.
Qui ci vorrebbe un drastico recupero del buon senso dei nonni. Ma se la nonna pensa di avere ancora vent’anni, vuole la pelle liscia e vuole diventare mamma, e se il nonno si tira le zampe di gallina, si accompagna a studentesse delle superiori e spende i soldi in costose suppellettili dove lo andiamo a cercare il buon senso perduto?
Invecchiare non significa certo concentrare il pensiero sul trapasso e rinunciare agli spassi, ma nemmeno vuol dire concentrare ogni attenzione su se stessi e sulle proprie esigenze.
Se me ne sarà data l’occasione, vorrei invecchiare seguendo un concetto espresso una volta da Hermann Hesse: “è meglio progettare insieme le città del futuro piuttosto che costruire case isolate.”
Contributo di Clementina Coppini