Di Clementina Coppini
Da bambina avevo un sogno. Crescendo sono cambiata, il sogno è rimasto lo stesso. Così ho deciso di seguirlo anche in età adulta, sebbene fossi conscia del fatto che si trattasse di un sogno. Non importa quale sia il sogno, i suoi connotati precisi sono davvero irrilevanti. È il coraggio di seguirlo per tutto il tempo necessario, volendo anche oltre, che costituisce la vera differenza, ma questo lo sanno tutti, in teoria. In pratica questo genere di scelta, quella di seguire i sogni, dopo una certa età viene considerata ridicola o quantomeno inopportuna. Un giovane sognatore è considerato poetico, un vecchio sognatore patetico. Come se le rughe fossero righe da mettere sopra i desideri. Sarà così, ma le rughe non me le sento, quando scrivo. Ogni parola che digito è come un respiro, una voluta d’ossigeno che alimenta la circolazione sanguigna. La stessa impressione che avevo a nove anni, identica, immutata, leggiadra. Questo è per me scrivere. Questa è la passione, quella che ti fa lavorare di notte e sperare per qualcosa che è esterno a te ma è anche dentro di te. È quella per cui non ti aspetti che i tuoi meriti vengano riconosciuti. Questa virtù teologale ha il potere di rendere del tutto accettabili e ininfluenti allo scopo ultimo i fallimenti e le delusioni. Non sempre, ma molte volte sì. Non lo dico perché mi piace raccontarmela, ma perché non mi sono ancora stancata di edificare ardite costruzioni fatte di sogni. Si vede che è un mio limite. Non mi interessa come vengo giudicata, giacché sono contenta così, e non vorrei che fosse altrimenti.
Il tentare, l’avere uno scopo che non sia becero e utilitaristico o interessato, questo appiana le mie rughe. Il riuscire e l’avere successo sono tutt’altra cosa, lo so, ma non è questo il punto. Non lo è mai stato, per me. Anche per questo la mia passione non si è disfatta, perché non le ho chiesto di darmi altro che se stessa, non ho avuto pretese. Non ho messo alla prova lei, quanto piuttosto la mia sincera volontà di tenerla viva per tutti questi anni. La passione necessita di esercizio e dedizione, e ripaga aiutando a mantenere il cervello più funzionante, o almeno mi illudo che sia così. Sarà pure una beata illusione, ma io me ne voglio beare lo stesso, finché mi andrà di farlo. Desidero solo continuare così, anche senza un plateale risultato, tanto per fare, perché fare questo mi piace tanto, ma proprio tanto. Le passioni più grandi sono semplici da spiegare, sono un solco diritto che si è inciso dentro il nostro spirito prima delle rughe, e sul quale bisogna camminare malgrado esse. Ma qual è lo scopo ultimo, quale il fine dello scrivere o del fare altro? Il farlo, tutto qui. Quello che ho imparato da questa esperienza che dura da una vita? Pochissimo: che bisogna restare fedeli al proprio obiettivo nonostante gli innumerevoli insuccessi e che quasi tutti sono convinti che tutto quello che scrivi tu lo potrebbero scrivere anche loro, magari pure meglio. Non ho imparato altro, per ora, ma c’è sempre tempo per sognare ancora un po’.
Bellissima lettera,scritta con il cuore da una donna vera che va alla sostanza delle cose,che parla con semplicità e convinzione di ciò in cui fortemente crede…senza ritorni:il piacere di scrivere! brava in tempi di bieco utilitarismo la tua lettera l’ ho molto apprezzata!