OLIMPIADI QUOTIDIANE
I vostri nipoti hanno tutti otto e nove in pagella, ma i loro genitori non si mostrano per niente soddisfatti dei risultati, si lamentano dei risultati e continuano a informarsi in modo maniacale su cosa hanno preso i compagni di classe, i piccoli vicini di casa e chiunque sia coevo alla povera creatura. Per il 99 per cento questi genitori di regola a scuola erano dei somari. Garantito. Oppure dei mediocri che non furono mai in grado di scostarsi dal sette, nemmeno per sbaglio. Voi lo sapete bene perché si parla dei vostri figli.
Nonni, mostrate ai nipotini le pagelle di mamma e papà. Li stupirete sciorinando i votacci che prendevano quegli scocciatori che ora li vogliono perfetti, tutti con la media minimo del nove. Per voi andare a ritirare la pagella dei vostri pargoli era un po’ come camminare in ginocchio sui ceci, e i colloqui erano una via crucis tra i professori.
Allora i vostri figli sostenevano che voi non dovevate aspettarvi troppo, che non dovevate chiedere l’impossibile né aspettarvi che venisse loro l’esaurimento nervoso per soddisfare le vostre assurde pretese. Invece, ora che sono loro a essere genitori, è venuto il tempo di esigere il massimo dell’impegno, la totalità dell’abnegazione.
Ho visto genitori arrabbiarsi perché il loro Pancrazio aveva preso solo otto al nove in italiano, quando invece l’amico nemico Palmiro aveva preso dieci meno. Ho sentito con le mie orecchie una madre dire al figlio mortificato che sette in analisi logica non è un voto. E cos’è, allora? Una torta di mirtilli? Una mucca a rotelle? Avrei voluto chiederle cosa aveva lei, in grammatica.
Non so, mi pare che incentivare in questo modo la competitività non spinga a fare meglio, ma porti infine a sentirsi frustrati ogniqualvolta un altro fa un po’ meglio, a deprimersi in modo eccessivo per ogni piccolo sbaglio, a non accettare le sviste.
Così un bambino si fa l’idea che ogni giorno sia la finale della Coppa del Mondo e si sente in dovere di essere sempre prestazionale. A voi piacerebbe se le persone intorno a voi si aspettassero che ogni secondo deste l’anima per quello che fate, indipendentemente da ciò che state facendo e dall’influenza che quella azione è destinata ad avere nella vostra esistenza? Non è un atteggiamento un po’ esagerato? Non tutti i giorni si è a Wimbledon e non in ogni ora della vita c’è in palio una medaglia d’oro.
Ai tempi voi non avete insegnato ai vostri figli che vincere ed eccellere sono il sale della vita, o almeno non vi pareva. Avete parlato di impegno e di serietà, mica di Olimpiadi quotidiane. Poi per carità i loro successi sono sempre stati una gratificazione enorme anche per voi, ma a tempo debito, e comunque non prima dei dieci anni.
Durante le vacanze estive non avete mai imposto ai vostri bambini nulla eccetto l’oratorio feriale, dove li lasciavate in orario di lavoro e dove bivaccavano sereni giocando a palla prigioniera e facendo merenda con panini contenenti durissimi cubi di cioccolato fondente. Alternativamente li lasciavate liberi e selvaggi in cortile. Adesso non fa in tempo a finire l’anno scolastico che i vostri nipotini vengono spediti al campus di basket, di tennis e di inglese, tanto per cominciare. Conosco un bambino che è andato anche al campus di creatività. Ma quando mai un bambino per essere creativo deve frequentare un corso intensivo? Piuttosto così gliela ammazzi, la creatività.
Così irreggimentati anche nei mesi di riposo, vedete i vostri piccolini che si consumano, mentre i loro padri e le loro madri a quella stessa età, malgrado i risultati scolastici non entusiasmanti, si divertivano beati da giugno a ottobre.
Ho sentito una madre, evidentemente in preda alla deriva mentale, sostenere che quando sarà grande il figlio la ringrazierà per averlo costretto a fare tutte queste attività, che invece i suoi genitori non le avevano imposto. Davvero? Ciò significa che voi, cari genitori dei genitori, avete sbagliato a non imporre miriadi di belle attività obbligatorie ai vostri figli quando erano piccoli e a lasciarli invece giocare in giardino per tutta la bella stagione. Che assurdità, vero?
Dovevate mandarli a lavorare, quei mocciosi, così magari adesso si dimostravano più pietosi e comprensivi con la loro figliolanza. Dovevate costringerli a frequentare i famigerati campus e obbligarli a competere, così magari capivano quant’è seccante gareggiare ogni giorno alle Olimpiadi.
(Contributo di Clementina Coppini)