Come avevo annunciato il mese scorso, inizio qui a mettere a fuoco alcuni approfondimenti sorti nel corso delle mie presentazioni al libro.
Mi è stato chiesto sempre da dove nasce questo libro. E’ stato un procedere per tappe, prima una serie di letture e riflessioni per orientarmi in questo territorio mai abitato e pensato come inabitabile, poi la decisione di scrivere un libro (L’età in più) sulla mia esperienza, partendo dall’ipotesi delle diversità delle possibili vecchiaie, riconoscendo l’impossibilità di un modello standard. Io, quindi, parlavo della mia.
Durante le varie presentazioni, ho cominciato a capire che poteva essere interessante e utile mettere a fuoco sia le diversità sia il filo che lega le diverse esperienze. Mettere in gioco la relazione, perché attraverso le testimonianze di altre donne c’è la possibilità di interrogare anche se stesse, dando vita a un processo trasformativo.
Da qui la decisione di proporre degli incontri a donne di questa età a Milano (incontri che sono stati anche raccontati nel libretto Incontrare la vecchiaia) sia a Lugano.
A questi incontri hanno partecipato circa 60 donne. Questo libro è nato dall’intreccio dei fili della mia esperienza e di quella di altre donne. Nei corsi ho incontrato persone che sono sia “ordinarie” nella misura in cui le loro esperienze incarnano le esperienze di moltissime altre donne, sia fuori del comune: intelligenti, appassionate, introspettive, in grado di raccontare efficacemente la loro storia.
Nel libro ci sono pochi accenni statistici e poche riflessioni strettamente sociologiche. C’è un rovesciamento dello sguardo, un osservare la vecchiaia delle donne dall’interno, sulla base delle loro esperienze e dell’interpretazione che loro stesse ne danno. Ho cercato di farne un racconto collettivo, un “noi”, un patchwork di tanti voci, di costruire la cornice di un contesto accogliente in cui le differenze non si elidessero a vicenda, non si contrapponessero, ma al contrario accettassero di lasciare aperte le contraddizioni. L’obiettivo era quello di costruire una comunità di persone –anche temporanea che si incontrano e apprendono le une dalle altre. Che, senza troppe reticenze, mettono i comune le loro paure, i loro progetti, i loro guadagni. Che si fidan le une delle altre. Che vogliono imparare e quindi praticano l’attenzione all’ascolto con modalità com-passionevole, che significa condividere la passione dell’altra, ed è lontana dalla pietà, ma anche dai pregiudizi e dai giudizi. E’ stata un’esperienza densa, importante, coinvolgente. Dunque, partire dalla propria esperienza per costruire un’esperienza collettiva.