Licia Maglietta ha messo in scena al Teatro Franco Parenti di Milano “Amati enigmi”, le appassionate confessioni sulla terza età della scrittrice Clotilde Marghieri. Il libro con questo stesso titolo, scritto in forma epistolare, fu pubblicato negli anni Settanta e fece vincere nel 1974 alla scrittrice napoletana, allora ultra-settantenne, il premio Viareggio. Ma è rimasto nell’ombra per diversi anni e solo di recente è stato ripubblicato. La Maglietta, che ha scritto la sceneggiatura, firma anche la regia e la scenografia dello spettacolo e interpreta con passione il testo, accompagnata sullo sfondo dal dolce suono di un mandolino.
Clotilde Marghieri, che in gioventù ha frequentato Benedetto Croce, Corrado Alvaro, Sibilla Aleramo, Curzio Malaparte, è stata una importante personaggio tra gli intellettuali di quegli anni. Giornalista e scrittrice, ha collaborato con il Corriere della Sera, il Mattino, la Nazione, il Gazzettino e la rivista Il Mondo” di Pannunzio, ma ha esordito nella letteratura piuttosto tardi, pubblicando diversi libri autobiografici fra cui “Le educande”, “Vita in Villa”, “Il segno sul braccio” e un lungo carteggio, durato quasi trent’anni con il critico d’arte di fama mondiale Bernard Berenson che l’ha amata. Con lui Clotilde Marghieri, donna colta e piena di curiosità umane e letterarie, si intratteneva in intense riflessioni su alcuni protagonisti della cultura italiana ed europea. Da Katherine Mansfield, a Edith Wharton a Graham Greene, Colette, Palazzeschi, Moravia e tanti altri. L’epistolario con Berenson, pubblicato nel 1981 è intitolato “Lo specchio doppio”.
Negli “Amati enigmi” Clotilde, giunta a una certa età – “a quella età che non è proprio la vecchiaia, ma quel periodo sublime della vita che ti permette una visione assolutamente lucida e dà un senso alla vita” ha puntualizzato Licia Maglietta che la interpreta – la scrittrice napoletana si interroga sugli anni inesorabilmente trascorsi e sul significato della propria vita. E lo fa sfogliando i suoi diari e rivolgendosi a un ipotetico e immaginario interlocutore, il giovane e seducente Jacques. Il riferimento è al fedele e saggio personaggio della commedia di Shakespeare “Come vi pare”. Con lui si interroga come si può fare con un amico fedele che, pur avendo un’altra età, segue con attenzione il tuo racconto e ti comprende.
Jacques è un interlocutore ideale che si fa testimone di quanto le è successo e le succede nella vita. Gli incontri, gli amici, gli affetti, le letture, i piccoli e grandi fatti della vita quotidiana, le emozioni provate anche solo davanti a un paesaggio che ama, quello del suo Vesuvio. E la nostalgia per tutto quello che non le è più dato di godere, il rimpianto per tutti i beni inesplorati, le esperienze non godute, anche se a lungo e ripetutamente sognate, come tanti viaggi. O la confessione che uno specchio l’ha “colpita con una freccia avvelenata“, richiamandola alla sua realtà anagrafica che, senza specchio dimentica totalmente. “Di bello, di tenero, di voluttuoso, nella mia esistenza di oggi non ci sono più che i sogni, confessa Clotilde. Nei sogni, che sconfiggono il tempo, ho sempre vent’anni, o sono fuori da ogni età, perché essi mi restituiscono a quella che fui, che sono ancora, e mai a quella che appaio”. E il confronto con l’interlocutore Jacques avviene alla pari, serenamente, senza nessuna ricerca di un giudizio e di indulgenza.
“E’ proprio della mia natura non poter tollerare un maestro, se non provvisorio. Ho bisogno di dialogare sempre e dove tira aria di dogmatismo, qualunque esso sia, scantono. Degli altri ho bisogno sì, ma come corde dalle quali trarre suoni, non cappi al collo”. Gli amati enigmi sono quasi tutti gli esseri che abbiamo incontrato nella vita, confessa Clotilde. Ma a volte, narrando alcuni episodi della propria vita legati agli incontri, alle amicizie, agli amori trascorsi, e ripensandoli nel presente, se ne disvela almeno in parte il significato. I ricordi non evocano solo nostalgie, ma sono piuttosto elementi di un racconto che evoca il passato e guarda con lucidità dentro di sé, intorno a sé. E alla fine illuminano con l’intelligenza il significato che i tempi passati proiettano sul presente. Ma qual è la mia vera età di oggi – si domanda la scrittrice – se le contiene tutte, tanto che non riesco a seguire il trapasso dall’una all’altra?
Clotilde Marghieri, come Simone de Beauvoir, anche se con una storia e un temperamento molto diversi, a un certo punto della sua vita, in quella che alcuni chiamano terza età o grande età, ha sublimato le proprie avventure e disavventure, compresi i dolori e le sconfitte, ma anche le gioie e le conquiste, rivendicando una assoluta libertà femminile di comprensione e di giudizio. Nella realizzazione di questo racconto epistolare, portato in scena, Licia Maglietta ha precisato che l’interlocutore di Clotilde, Jacques, a cui confidare le storie della vita di Clotilde, è diventato il pubblico. Al pubblico si rivolge con calore, come a una sorta di specchio e di pretesto per un dialogo intimo con se stessa e con le confessioni di Clotilde Marghieri. Certo lei è ancora lontana dalla terza età, ma pensa che il tema sia molto attuale.
“Amati enigmi”, al Teatro Franco Parenti dal 28 febbraio all’11 marzo, Da un libro di Clotilde Marghieri, con Licia Maglietta: interpretazione, regia, drammaturgia e scene, mandolino Tiziano Palladino