Gariwo- la foresta dei Giusti, (acronimo di Gardens of the Righteous Worldwide, giusti di tutto il mondo) l’associazione patrocinata dalla Università degli Studi di Milano e dalla Fondazione del Corriere della Sera ha promosso una serie di incontri al Teatro Franco Parenti con lo scopo di avviare una riflessione collettiva sulle grandi questioni morali e politiche del nostro tempo. Conducono il dibattito intellettuali, studiosi, giornalisti e testimoni di vari Paesi.
Per il fondatore e Presidente di Gariwo, Gabriele Nissim, lo scopo di questi incontri è affrontare i temi che assillano le coscienze di molti di noi, richiamando la partecipazione e una responsabilità personale, culturale ed etica di fronte alle sfide del nuovo millennio. Certo è un compito abbastanza complesso.
Le riflessioni degli intellettuali coinvolti mirano alla elaborazione delle basi per definire una Carta dei Valori condivisa, sull’esempio dei Giusti in tutto il mondo, che non hanno esitato ad assumersi la responsabilità di indicare un percorso, pur di fronte all’indifferenza e all’impotenza di molti.
Tra i temi fondamentali affrontati dai relatori al Teatro Franco Parenti, emerge quello della crisi della Comunità Europea. Un tema scottante che non è facile interpretare. L’unità tra i Paesi europei, e l’avvio del processo di integrazione europea ha lasciato emergere in molti casi evidenti divisioni e difficoltà nel progettare provvedimenti comuni e condivisi dalle singole nazioni europee.
La minaccia del terrorismo, la complessa gestione dei migranti e la rinascita dei movimenti nazionalisti-populisti stanno creando in questi ultimi tempi problematiche non sempre condivise
Assistendo ai dibattiti di Gariwo , di fronte alle interpretazioni dei “Saggi” ho cercato di coglierne l’essenza e di evidenziare gli elementi positivi che aprono la via alla ricerca di soluzioni condivise. Non serve pronosticare il peggio e lasciarsi cogliere dalla paura suscitata dai recenti attentati sia in Europa sia in altre parti del mondo. E’ meglio cercare di approfondire le questioni che ci vengono poste e capire il significato dell’Unione Europea, sia quello del passato, sia quello che può assumere in futuro.
L’analisi della prevenzione dei genocidi e la battaglia culturale contro il terrorismo fondamentalista sono stati i temi affrontati e discussi nei primi due incontri promossi da Gariwo, con una serie di saggi e illustri relatori di varia origine fra cui lo storico Marcello Flores, il politologo Olivier Roy, il filosofo francese di origine armena Gérard Malkassian, la guida del museo del Bardo di Tunisi Hamadi Ben Abdesslem che ha salvato 45 turisti e altri personaggi di cui ho già fatto il resoconto.
I relatori del terzo convegno ( 30 marzo), centrato sull’approfondimento della crisi dell’Europa erano il filosofo Massimo Cacciari, il giornalista Ferruccio de Bortoli e lo scrittore polacco Konstanty Gebert.
Nella sala grande del teatro Parenti c’era un pubblico numeroso e di tutte le età, che ha seguito gli interventi dei relatori con una certa concentrazione perché i temi sono complessi e sono analizzati sia dal punto di vista storico sia filosofico e politico.
Forse che i saggi e i giusti – ci si chiede – hanno la capacità di spiegare e risolvere i problemi europei e dare qualche consiglio anche ai politici ?
Per fare il punto sulla crisi che l’Europa sta vivendo particolarmente in questi ultimi tempi, è meglio partire da una analisi storica e culturale.
Il 25 marzo è stato celebrato in Campidoglio l’anniversario della firma dei “Trattati di Roma” del 1957 quando i ministri degli esteri di Italia, Francia, Germania Ovest, Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo misero le firme sui documenti a fondamento della nascita dell’Unione Europea. La Dichiarazione di Roma, sottoscritta quest’anno, il 25 marzo, in occasione del sessantesimo anniversario della nascita dell’Unione, dai rappresentanti dei ventisette Paesi che costituiscono oggi l’Unione Europea, (abbiamo visto la foto dei 27 Ministri degli esteri tutti in fila in Campidoglio) ribadisce il valore fondamentale dell’unità europea, la necessità dello sviluppo del mercato unico e l’urgenza di affrontare insieme quattro priorità: la sicurezza, la crescita, il “welfare” e la difesa.
Con un certo orgoglio i firmatari hanno sottolineato come l’Unione sia oggi “una grande potenza economica, con livelli di protezione sociale e welfare senza uguali nel mondo”. L’uscita della Gran Bretagna dall’Unione non è stata menzionata, perché da molti non viene più considerata un ostacolo .
Possiamo aggiungere di nostra iniziativa – l’abbiamo sentito nelle cronache televisive- che non è mancato lo stimolo e l’aiuto di Papa Francesco che, ricevendo i capi di Stato e di Governo in occasione delle celebrazioni per i sessant’anni dell’ Unione Europea, ha ribadito l’affetto e l’attenzione della Santa Sede verso l’Europa e i singoli Paesi, mettendo in evidenza che l’unione si realizza con la scoperta delle ragioni morali e spirituali che sono a fondamento dell’Europa unita. Il Papa ha insistito sul fatto che l’unione dei Paesi europei non può ridursi a un insieme di regole procedure e protocolli da osservare, e che il futuro dell’Europa si fonda sulla memoria delle sue radici, a condizione che questa si traduca in rinnovata passione morale, in sogno e impegno condivisi… Speriamo che questo sogno coinvolga tanti cittadini europei… “L’ Europa ritrova speranza -ha detto Papa Francesco- quando l’uomo è il centro e il cuore delle sue istituzioni”.
Nell’ incontro al Teatro Franco Parenti del 30 marzo sulla crisi della Comunità Europea il giornalista Ferruccio De Bortoli citando l’anniversario degli storici Trattati di Roma del 1957 ha ricordato le ragioni che hanno portato alla nascita di questo progetto politico ed economico. I sei Paesi protagonisti di quello storico trattato erano usciti da poco dalla guerra ed erano ancora circondati dalle macerie quando firmarono il trattato. Ed avevano come obiettivo la pace.
“Un ammonimento per ricordarci che la pace non è uno stato naturale della storia, ma che va conquistata e che la democrazia è apprezzata solo quando manca ” ha sottolineato De Bortoli .
In questi sessant’anni di relativa pace, abbiamo accettato come dato di fatto che esista la democrazia e che questa possa essere sempre fruibile. La storia però può sempre ripetersi.
Il secolo scorso è stato pieno di lutti e continuo dolore, ed è nostro dovere morale raccontare la storia e mettere in guardia le nuove generazioni. De Bortoli suggerisce di chiederci perché i fantasmi del passato purtroppo aleggiano oggi sull’Europa dell’Est in Paesi protagonisti di un revival nazionalista e anti-europeo. Il cosiddetto “allargamento ad est” fu una scelta dell’Unione Europea per evitare che questi Paesi potessero ricadere nell’incubo totalitario. L’Europa oggi si identifica come una “unione di minoranze”. Abbiamo avuto fino ad oggi il più lungo periodo di pace della storia europea di sempre.
Questo è un anno di elezioni in Francia, in Germania e i risultati sono imprevedibili. Potrebbe essere anche l’anno della rinascita europea, con una leadership congiunta franco-tedesca sostenuta da un voto popolare -sostiene De Bortoli e aggiunge che gli europeisti convinti (lui lo è ) non possono continuare a pensare a quella vecchia Europa che si sarebbe evoluta col tempo in una unione politica e territoriale sempre più ampia. Quella idea di Europa non esiste più e assistiamo a manifestazioni popolari che dichiarano di essere scontente di questa Europa. La globalizzazione ha portato all’esclusione della classe media. E’ la prima volta nella storia dell’Europa che i padri pensano che ai loro figli e alle nuove generazioni spetterà un futuro peggiore di quello che si auguravano.
Gran parte della costruzione comunitaria fatta finora è stata fatta imponendo un disegno, seppur nobile dall’alto. L’elite europea non è stata in grado di dimostrare alla gente la bontà del progetto imposto dall’alto. Bisogna abbandonare la visione romantica dell’Europa e guardare i problemi. Se vogliamo costruire l’Europa e difendere i suoi valori, senza pensare di abbandonare tutti gli sforzi compiuti fin ora, dobbiamo ripensare l’Unione e ricostruirla parlando di valori e non solo di interessi, e ritornare così ad emozionare la gente. E’ la conclusione e l’auspicio di De Bortoli.
Il filosofo Massimo Cacciari è stato categorico nel suo intervento e ha sottolineato la necessità di essere pragmatici e realisti, anche se si corre il rischio di fare analisi spietate. Lui l’ ha fatto con autorevolezza. Il titolo del suo intervento, riportato dalla redazione di Gariwo è :
L’Europa è necessaria, ma non è detto che sia possibile. Una sintesi di un pensiero che pone a tutti tanti interrogativi e tanti dubbi.
Cacciari ha premesso che la costruzione unitaria europea riguarda una operazione di grande politica. Tutti i grandi popoli si sono narrati risalendo alle proprie radici e in seguito, sulle basi di questo passato, hanno costruito un futuro.
Se si fa una analisi storica del nostro passato – ha spiegato – era inevitabile che gli Stati europei, la Francia, la Germania, l’Italia, usciti massacrati dalla Seconda guerra mondiale, non avessero più intenzione di continuare a farsi la guerra.
E d’altra parte dalla guerra erano usciti due titani, e i piccoli stati se volevano un’autonomia rispetto ai due titani avrebbero dovuto costruire prima un’area economica, comunque in una prospettiva di unità politica. Altrimenti sarebbero stati schiacciati tra l’incudine dei grandi imperi (e ancora non c’era la Cina) e la rinascita dei nazionalismi. Ed è questa rinascita di nazionalismi che sta avvenendo in piccola parte da noi in Europa, dove la crisi dell’unità politica europea provoca le reazioni populistiche e nazionalistiche di diversi paesi .
La grande idea politica di un’Europa unita non si poteva realizzare in termini soltanto economici, in un mix tra il mito del benessere e della sua continua crescita. La promessa di un benessere economico e generale non poteva essere mantenuta perché basata sullo squilibrio nella distribuzione delle ricchezze a livello mondiale, a favore dei Paesi occidentali e dell’Europa, e soprattutto su un monopolio del mercato delle materie prime, più che su un vero patto legato ai valori.
Il valore economico ha funzionato per un certo tempo, fino a quando poteva funzionare, ma quando è venuto meno tutto ha cominciato a disgregarsi. Secondo Massimo Cacciari i grandi statisti avevano in mente un modello della costruzione europea sul modello dello Stato nazionale, la costruzione di uno Stato Europa. Ma questo era l’elemento vecchio del loro ragionamento, un modello statalista, centralista, burocratico.
Oggi occorre ripartire da un’idea diversa di Europa, da una vera confederazione che riconosca all’interno di uno spazio comune l’interscambio, l’accoglienza, il riconoscimento. Massimo Cacciari cita anche una parola tedesca, un termine specifico e filosofico ,” Anerkennung “ che ha adoperato Hegel e che significa ancora riconoscimento dell’altro.
Il valore economico resta, cercheremo di mantenere il nostro benessere. Vent’anni fa erano tutti europei perché erano certi che con L’ Europa si sarebbe stati meglio e avremmo continuato a stare meglio. Questo è un discorso di verità, pragmatico.
Cacciari suggerisce anche di muoverci nel senso della vera confederazione, a partire dal significato di nazioni, di città, dalle diverse identità ma che sono identità europee, e cioè accoglienti.
L’Europa dovrebbe anche considerare con giustizia la propria storia. L’ Europa è la terra della grande tecnica, della scienza che ha cambiato il mondo, di quel grande prodotto dello spirito europeo che è lo Stato moderno, di diritto.
Se questa situazione di crisi che stiamo attraversando può servire a discutere di tutto con forza critica, si potrà riavviare un vero processo europeo. Non abbiamo alternative . Non potremo mai competere come singoli Stati per affrontare i problemi che abbiamo di fronte. L’ Europa è quindi necessaria, ma non è detto che sia possibile. “La mia generazione ha fallito”, confessa Massimo Cacciari . Spetta ai più giovani che la ritengono necessaria il compito di rendere l’Europa anche possibile.
Konstanty Gebert, giornalista e scrittore polacco, nel suo intervento ha anche lui ricordato che l’Europa è nata sessan’anni fa come risposta alle dilanianti guerre europee. Quando l’Unione Europea ha ricevuto il Nobel per la pace, l’ha ricevuto perché aveva dimostrato di essere la manifestazione empirica dell’aver posto realmente fine alle guerre, in un continente che ne aveva generate tante.
Ma davvero non ci sono più guerre in Europa ? Le guerre stanno tornando, ha sottolineato Konstanty Gebert .”Basterebbe semplicemente guardare cosa avviene ogni giorno ai confini tra Polonia e Bielorussia, dove giovani soldati rispondono l’un l’altro a colpii di armi da fuoco”.
Ed è questo che si deve ribadire oggi ai nuovi partigiani del nazionalismo, bisogna chiedere loro se sono disponibili davvero a pagare il prezzo di nuove guerre in Europa . E’ una possibilità alla quale dobbiamo pensare.
L’argomento da presentare ai nuovi nazionalisti, il possibile ritorno alla guerra sottolineato con forza e con diversi argomenti, legati anche al suo vissuto dal giornalista polacco è fortemente valido. Anche per un pubblico italiano.
18 maggio, quarto ed ultimo incontro al Teatro Franco Parenti : La crisi dell’Europa con Gabriele Nissim presidente di Gariwo, il filosofo Salvatore Natoli, la scrittrice Gabriella Caramore e Milena Santerini