Sono stati presentati durante l’evento conclusivo del Premio Giornalismo per il Sociale di Fondazione Sodalitas i risultati della Ricerca “Il Giornalismo per il Sociale, tra cronaca e responsabilità”.
La ricerca “Il Giornalismo per il Sociale, tra cronaca e responsabilità” è stata realizzata da Astarea attraverso un’analisi semiotica desk dei 342 articoli selezionati dalle Commissioni di valutazione del Premio dal suo avvio fino a oggi, corrispondenti a circa il 10% del totale di tutti gli articoli pervenuti a Fondazione Sodalitas nel corso degli anni. Lo studio ha previsto una fase di pre-analisi su un campione di circa 70 articoli sulla base della quale è stato costruito uno schema di lettura che ha consentito la compilazione di una scheda per ciascuno dei 342 servizi selezionati. Le schede sono state quindi sottoposte a una elaborazione statistica e a una lettura qualitativa.
I RISULTATI DELLA RICERCA
Cresce il web ma la stampa periodica rimane il media del giornalismo sociale
È ancora la stampa, il mezzo che ospita il maggior numero di articoli che riguardano il sociale con particolare riferimento a quella periodica (media degli anni: 42%), seguita da quella quotidiana (media degli anni: 34%) e dal Web (media degli anni: 19%), che peraltro aumenta sistematicamente nel tempo (più del 30% degli articoli dal 2010 a discapito della stampa quotidiana che nello stesso anno si attesta al 23%): una crescita dovuta probabilmente anche alla sua maggiore efficacia in termini di tempestività e praticità della diffusione della notizia.
Immigrazione, lavoro e salute gli argomenti più trattati
Negli ultimi 10 anni il Giornalismo Sociale si è principalmente occupato di tre grandi temi: l’insieme degli argomenti chiamati nella ricerca “Altro da noi” (28%), in cui confluiscono le problematiche riguardanti in ampia misura l’immigrazione, e secondariamente la situazione dei Paesi in via di Sviluppo e le guerre; gli argomenti che riguardano le condizioni economiche (23%) tra i quali il lavoro; la salute (20%), al centro di approfondimenti riguardanti le malattie, il disagio psichiatrico e l’handicap .
Il lavoro, in particolare, guardando al suo andamento negli anni, ha registrato un picco di interesse nelle annate 2007/08 e 2009/10, in corrispondenza di periodi particolarmente critici per il Paese, a dimostrazione di come il Giornalismo Sociale possa efficacemente dare voce in tempo reale alle urgenze della collettività. Un fenomeno che però non avviene sempre e in tutti gli ambiti. Dall’indagine sono infatti emersi come argomenti meno trattati la scuola, la cultura e lo sport (di cui si parla complessivamente nel 6% dei casi), oltre che la famiglia e i diritti civili (10%): una carenza sintomo della scarsa vicinanza della stampa sociale alle agenzie di socializzazione primaria, non esenti da criticità profonde.
Lo stile: l’articolo che informa, il titolo che attrae
Chi scrive di sociale preferisce uno stile piano e descrittivo (61%) finalizzato alla comprensione e all’immediatezza, piuttosto che l’uso di figure retoriche (22%), o di toni enfatici (13%).
I periodici tuttavia, che per ampiezza, tempo di lettura e lontananza dalla sezione cronaca consentono un uso più libero della penna, utilizzano lo stile piano con minore frequenza rispetto ai quotidiani (52% contro 65%) e al web (68%), il cui orientamento stilistico è ovviamente influenzato dalle esigenze di leggibilità e di massima chiarezza.
Quanto più l’articolo tende verso uno stile piano e descrittivo, tanto più il titolo rinuncia a offrire una sintesi chiara e univoca. Alla funzione prettamente informativa subentra infatti un’opposta strategia di ricerca di attenzione, che fa leva piuttosto sulla curiosità e sul coinvolgimento emotivo. Tendenza trasversale ai media considerati, questa diffusa difformità tra stile dell’articolo e stile del titolo evidenzia la presenza di un gap tra lo stile del giornalista e quello con il quale la testata riassume, fa circolare il pezzo all’interno del giornale e lo promuove ai lettori.
Il sociale racconta e invita ad approfondire
Il genere giornalistico di gran lunga preferito da chi si occupa di sociale è il racconto (utilizzato nell’82% dei casi) che risponde efficacemente all’esigenza di rappresentare “oggettivamente” lo svolgimento degli eventi e dei loro protagonisti. In altre parole, nel Giornalismo Sociale prevale l’idea della “presa diretta” e dell’oggettività della rappresentazione, a discapito dei commenti (7%).
Questo approccio è confermato anche dall’intento con cui il Giornalismo Sociale si rivolge ai lettori.
Dominante infatti l’invito a capire e approfondire (67%) anche fenomeni non necessariamente vicini o familiari ma comunque prioritari.
Da non trascurare tuttavia la percentuale degli elaborati che puntano a un coinvolgimento diretto di chi legge nelle cause descritte invitando a prendere posizione (16%). Un orientamento che nella stampa periodica si rintraccia più di frequente rispetto agli altri mezzi (30% contro la media del 25%).
Meno pietismo, più positività
Giornalismo Sociale oggi non significa più pietismo e negatività. Quando i giornalisti decidono di raccontare situazioni che contraddicono le aspettative (30% del totale) lo fanno nella maggior parte dei casi (63%) dando visibilità a esperienze di segno positivo, che falsificano aspettative troppo comodamente pessimistiche. Quello che interessa il Giornalismo Sociale e che lo differenzia dalla cronaca – nonostante le crescenti similitudini sia in termini di stile di scrittura che di contenuti – sono quindi gli eventi positivi piuttosto che quelli negativi.
L’identikit del giornalista sociale: un ricercatore autocosciente
I giornalisti che si occupano di sociale sono chiamati, soprattutto oggi, ad avvicinare “l’altro” al “noi” e a stimolare la riflessione e la presa di coscienza in chi legge. L’identikit di questi professionisti emerso dalla ricerca li descrive soprattutto come “Ricercatori” che osservano fenomeni lontani e distanti da noi (71%). Tuttavia questo atteggiamento che potremmo definire etologico tende a decrescere nel tempo (dal 84% nel 2005/2006 al 56% del 2011/2012), bilanciato da uno speculare aumento della tendenza alla “autocoscienza” (media: 12%), cresciuta dal 4% del 2005/2006 al 21% del 2011/2012: un cambiamento quindi del punto di vista, ora più orientato a osservare gli altri per capire se stessi.
Meno numerosi sono invece i giornalisti “Esploratori” (8%), decisi a cogliere gli eventi raccontati “dal di dentro”, e gli “Indagatori” (9%), che trovano e raccontano la marginalità sfidando gli sguardi disattenti alla più vicina e abituale.
Approfondimenti:
La Ricerca “Il Giornalismo per il Sociale, tra cronaca e responsabilità”