Genio a sorpresa: Piccole memorie

Pubblicato il 29 Febbraio 2016 in , , da Clementina Coppini

Invecchiando capita che tornino alla mente episodi dell’infanzia. Nonostante il tempo trascorso, per qualche strano mistero sono nitidi come se fossero appena accaduti. Ci si vede proiettati in momenti e situazioni specifiche, quando si era davvero dentro le cose, ingenuamente immersi nella natura. “Il bambino che sono stato non vide il paesaggio come sarebbe tentato di immaginarlo, dalla sua altezza d’uomo, l’adulto che è diventato. Il bambino, nel tempo in cui lo fu, stava semplicemente nel paesaggio, ne faceva parte.”

Si rivivono le prime delusioni. “Camminavo pimpante come se portassi nell’aria, legato a una cordicella, il mondo intero, quando all’improvviso udii qualcuno ridere alle mie spalle. Il palloncino si era sgonfiato, io lo stavo trascinando per terra senza accorgermene. Non piansi neppure. Lasciai andare la cordicella, mi aggrappai al braccio di dia madre come fosse un’ancora di salvezza e continuai a camminare. Quella cosa sudicia, corrugata e informe era davvero il mondo.”

Si hanno flash dell’adolescenza, degli anni in cui ci si sentiva soli e i sentimenti si affastellavano e traevano forza dalla scoperta del mondo e della sua meraviglia. “A questo adolescente, per esempio, nessuno ha domandato com’è che si sentiva di umore e che interessanti vibrazioni gli stava registrando il sismografo dell’anima quando, ancora buio, alle prime ore di un mattino indimenticabile, uscendo dalla stalla dove aveva dormito insieme ai cavalli, fu sfiorato sulla fronte, sul viso, su tutto il corpo e su qualcosa al di là del corpo, dal candore della luna più splendente che occhi umani abbiano mai visto.”

E le ragazzate, quelle di cui un po’ si va fieri e un po’ ci si vergogna? Come tirare i sassi nello stagno per colpire le povere rane. “Le sventurate rane facevano l’ultima capriola della loro vita e restavano lì, a pancia all’aria. Caritatevole come non lo era stato l’autore di quelle morti, il fiume le lavava di quel po’ di sangue che avevano versato, mentre io, trionfante, inconsapevole della mia stupidità, facendo su e giù nell’acqua cercavo nuove vittime.”

Si sente rinnovato il calore degli affetti più teneri, come quello per i nonni, ma solo per quelli meritevoli. A chi non è capitata una nonna assente? “Che dovevo farci? Fingere un amore che non sentivo?” Però c’è sempre una nonna indimenticabile, che nella sua invincibile innocenza ti ha insegnato ad amare la vita. “Tu te ne stavi, nonna, seduta sulla soglia della porta, aperta alla notte stellata e immensa, al cielo di cui non sapevi nulla e in cui non avresti mai viaggiato e dicesti, con la serenità dei tuoi novant’anni e l’ardore di un’adolescenza mai perduta: -Il mondo è così bello e a me dispiace tanto morire.- Proprio così. Io c’ero.”

1E i ricordi di scuola? Quelli sono sempre i più numerosi ed esaltanti, quando non sono fastidiosi. Ci sono i momenti di gloria: “La maestra, sorpresa del talento ortografico di un ragazzino appena arrivato da un’altra scuola, mi mandò a sedere nel posto del primo della classe. Mi vedo, come se stesse accadendo proprio ora, che attraverso l’aula sotto lo sguardo perplesso dei compagni e, con il cuore in subbuglio, mi siedo nel mio nuovo posto.” Sono quelle soddisfazioni che non dimentichi più, che s’imprimono in ogni cellula del tuo corpo. Tu in quel momento non lo sai, ma sono quegli episodi che ti fanno diventare ciò che sei. Com’è ovvio che “nessun momento di gloria presente o futura potrà mai, neanche lontanamente, essere paragonato a quello.”

Agli alti però seguono ineluttabili i bassi, anche questo s’impara tra i banchi. Crescendo capita anche di sbagliare, da questo non si sfugge. “Il secondo anno mi andò male. Non so cosa mi passò per la testa, forse avevo cominciato a sospettare che i miei piedi non erano fatti per quella strada, che forse lo slancio e l’energia che mi ero portata dalla scuola elementare si erano esauriti.”

E le figure da asino sono sempre dietro l’angolo. “L’opera non riuscì come si suol dire alla perfezione.” Anche se ebbe “l’approvazione amministrativa e un sorriso comprensivo del professore.” Per fortuna capita di incontrare sulla propria strada un insegnante vero, nato per aprire la mente ai giovani. “Bisognava pur considerare che la mia specializzazione professionale era il tornio, non la falegnameria…”

Chissà a cosa pensava questo tornitore specializzato quando, nel dicembre del 1998, ritirò il Premio Nobel per la letteratura.

Il suo nome era José Saramago, che ripercorre questi e altri episodi della sua infanzia nel libro “Le piccole memorie”, in cui con grande semplicità e tenerezza spiega come Il bambino che sei stato sia sempre con te, insieme alle bestiole uccise per superficialità, al professore comprensivo, al dispiacere che hai dato al tuo compagno di scuola quel giorno in cui hai avuto la tua prima rivincita sulla vita, alla nonna che hai amato tanto. Le nostre memorie ci seguono per la vita