Care responsabili della rubrica,
sono una donna di quarantotto anni e sto con un uomo di cinquant’anni, che mi ama. Siamo sempre stati felici assieme…almeno fino al giorno in cui abbiamo scoperto di non potere avere dei figli. Il problema, a quanto pare, sono io: ho l’endometriosi e non riesco a rimanere incinta. Ci abbiamo provato per anni a diventare genitori, ed è stato difficile, per la nostra coppia, accettare il fatto che non possiamo. Non siamo più stati gli stessi da quando l’abbiamo saputo, e sono stata soprattutto io a sentirmi in colpa. Sembrava che la mia felicità fosse legata all’arrivo in casa di una culla, o alla comparsa di un biberon. Sono insegnante d’asilo, e questo non mi ha certo aiutato. Ero circondata tutto il giorno dai figli degli altri, di cui mi dovevo occupare. Certi giorni mi sembrava di impazzire. Guardavo le donne in stato interessante come si guarda un nemico. Il mio compagno è sempre stato al mio fianco in questa crisi, senza farmela mai pesare, ma, comprensibilmente, pur restandomi fedele, è diventato triste. Più il tempo passava, più diventava silenzioso e spoglio, come un albero d’inverno. Poi, un giorno, è arrivato a casa con un mazzo di fiori gigantesco e mi ha chiesto di adottare un bambino. “Ci ho pensato e vorrei intraprendere con te quest’avventura. Faremo del bene a noi stessi e al fortunato. Chiunque esso sia e da dove provenga, sarà il benvenuto in casa nostra”.
Ho cominciato a piangere e l’ho abbracciato. Senza pensarci due volte gli ho detto di sì, che lo volevo. Ci abbiamo messo quattro anni a raggiungere il traguardo, ma ce l’abbiamo fatta. Oggi è arrivata la lettera che tanto aspettavamo: avremo un figlio! Il prescelto ha nove anni ed è egiziano. Quando l’ho saputo mi sono sentita travolgere da una felicità incontenibile. Ho chiamato il mio compagno e gliel’ho detto. Lui, che è un uomo piuttosto misurato, si è messo quasi ad urlare di gioia. “Stasera festeggiamo, ti porto fuori a cena”.
E adesso sono qui davanti al computer, in attesa che arrivi sera, paralizzata dalle mie paure. …E se non ce la facessimo? Se non fossimo capaci di accogliere una terza persona nella nostra coppia? Questo mi chiedo, nel giorno più importante della mia vita. E questo chiedo a voi, desiderosa di aiuto.
D.
Cara D.
Confesso che la tua lettera mi ha commossa: è proprio davanti alle difficoltà che si mette alla prova l’amore tra due persone. È facile andare d’accordo quando va tutto bene, ma è “quando il gioco si fa duro che i duri cominciamo a giocare” come si suol dire. Perciò, innanzitutto, complimenti per il traguardo raggiunto. Qualcosa mi dice che tu stia vivendo il classico “calo di tensione” prima del raggiungimento dell’obiettivo, come quello degli sportivi, quando il picco di adrenalina si esaurisce e loro sentono all’improvviso tutta la stanchezza accumulato. Ti capisco: è come se avessi scalato una montagna altissima e adesso che sei sulla cima, davanti al panorama stupefacente che ti si sta parando davanti, con gli occhi sferzati dal vento e dalla luce del sole riflessa sulla neve… ti fai le ultime domande. Domande lecite, peraltro. Accogliere un’altra persona nella vostra coppia, una persona che proviene da esperienze difficili, non sarà una passeggiata. Qualcosa, tuttavia, mi dice che ce la farete: hai accanto un uomo che è riuscito a starti a fianco in anni difficili, senza mai perdere la speranza né l’amore nei tuoi riguardi. Il mondo appartiene agli ottimisti, D., e credo proprio che tu e il tuo compagno apparteniate a questa categoria di persone. Cosa vi ha guidato, se non un grande ottimismo, nella difficile scalata appena compiuta? Sei a un passo dal traguardo, che poi non è solo un punto d’arrivo, ma l’inizio di un’altra intensa e avvincente scalata, perciò il mio consiglio è questo: goditi la cena, questa sera, e questo momento privato con il tuo compagno e poi, via! Con energia si ricomincia a salire! In bocca al lupo per tutto.
Rebecca
Cara D. finalmente mamma! , congratulazioni e auguri vivissimi! Congratulazioni perché il percorso è stato lungo e difficile, irto di ostacoli, ma lei e il suo compagno siete stati solidali e uniti fino alla fine di questa prima battaglia, la cui vittoria vi state preparando ora giustamente a festeggiare. Un compagno comprensivo e attento, il suo, che ha saputo sopportare la delusione iniziale, ma che non si è arreso, anzi, è stato capace di proporre una genitorialità diversa. Una compagna, lei stessa, che pur affrontando il dolore e i sensi di colpa peraltro non colpevoli, ha saputo reagire, accettando un percorso alternativo. E dopo le congratulazioni, gli auguri. Perché il vostro bambino in arrivo porterà novità e piaceri, pensieri e nuovi eventi, fatiche, dolori e grandi gioie. Proprio come è la vita vera, che si vive intensamente, senza sconti. Ma le premesse ci sono tutte per avviarvi, tutte tre a traguardi felici. Abbia fiducia, non si lasci impressionare dalle paure che la paralizzano questa sera. Lei, in questo momento, sembra stia vivendo la depressione “post partum”, quando ci si sente svuotate perché nove mesi di attesa sono finiti. Più mamma di così! Auguri!