Design, Casa, Ambiente… argomenti interessanti per grey panther che stanno al passo con i tempi e vogliono capire nuovi trend e tendenze. E, allora, ecco una chiacchierata con un architetto d’eccezione: Arturo Dell’Acqua Bellavitis*, che di questi argomenti conosce tutte le possibili accezioni. In questa terza puntata, come sarà la casa del prossimo futuro.
Oggi c’è un modo diverso e consapevole di vivere la casa, utilizzando media e tecnologie capaci di soddisfare bisogni culturali e di wellness. Home Theather, pareti attrezzate come vere palestre, saune, bagni con piscina… cos’altro segnerà questo modo intenso di stare in casa?
“La casa sta diventando sempre più fresca, flessibile, casa rifugio, di buon gusto, specie per chi può permetterselo. Per ‘volersi bene’, però, può bastare una cabina doccia con bagno turco che ormai costa anche meno di un piatto doccia e di una serie di rubinetti di buona marca. Nei prossimi anni non avremo tutti il mito della Spa, ma avremo una serie di prodotti accessibili che ci permetteranno di considerare anche il momento del relax, in bagno, come tempo dedicato a se stessi. E chi non potrà dilatare lo spazio, sceglierà dotazioni giuste anche per un bagno piccolo”.
“Stanno cambiando anche gli spazi luce. Cresce l’attenzione per i corpi illuminanti, per l’effetto luce; la casa diventa palcoscenico del proprio umore; cambierò colore, atmosfera (gioiosa se ci sono amici, rilassante e soffusa, la sera, per essere indotti alla lettura). Non cambierà tanto a livello di struttura, ma sarà profondamente diversa nei diversi spazi della casa, docile alle nostre diverse attività. Spariranno le lampadine tradizionali, dovremo avere nuovi corpi illuminanti a risparmio energetico, che si adattano già in buona parte ai nostri lampadari, con un effetto luminoso diverso”.
“Avremo sempre più impianti domotici in casa, quindi modificheremo il consumo della luce, la moduleremo meglio. Avremo un pulsante che stacca tutti gli elettrodomestici in stand by, per ottenere maggior di risparmio. Negli anni 60 quando si parlava di casa domotica si pensava a realtà quasi spaziali, oggi sappiamo che è una casa apparentemente normale, che ha tutti gli impianti nascosti, regolabili con intelligenza. Ma non è tutto: oggi ci sono realtà geografiche dove ancora si deve usare la stufa: ce ne sono di nuovi tipi a pallet, che, caricata una volta al giorno, regolano il consumo del carburante e assicurano il calore anche attraverso termosifoni. Rivisitato completamente anche il mondo dei camini, oggi riscaldanti, che permettono di spendere 200 euro l’anno a Sud e 800 a Nord per scaldare una casa monofamiliare”.
La tendenza più sentita e comunque emergente, in questi anni, è vivere outdoor, stare fuori casa, frequentare la città come territorio che comunica, che permette esperienze. Spesso, però, occorre fare una valutazione critica degli spazi urbani: servizi pubblici insufficienti, poco verde, aria pessima, poche panchine e aree pedonalizzate…
“Solo la dimensione medio piccola di città come Genova, Parma, Siena facilita un rapporto giusto con l’esterno e quindi con la natura. Milano non è rappresentativa della realtà italiana. A Milano, Torino, Venezia, c’è un grosso ritardo nel rinnovamento infrastrutturale: le autostrade non reggono il peso dei trasporti, quindi occorrerebbe fare inversione di tendenza e portare tutto su rotaia, o davvero accelerare il potenziamento autostradale. A livello urbano, ci sono troppe auto, ma non ci sono reti metropolitane sufficienti e mezzi di trasporto efficienti. Oggi la vita a Milano è molto scomoda; si parcheggia male, ma spesso non ci sono alternative; i costi delle multe sono molto elevati, e le multe spesso vengono date anche con severità eccessiva. E’ una città non pensata e non curata. La metropolitana, ad esempio, non accetta i flussi quando c’è una fiera.
La città va compartimentata, pensata non solo in funzione del centro, ma di tutta la sua estensione, anche nelle aeree collaterali di sosta, che vanno opportunamente individuate, pensando che ormai è antistorico credere che le persone rinuncino alle automobili. Si potrebbe pensare, però, a licenze di taxi e costi agevolati così da facilitarne l’uso. Va ribaltato il modo di pensare all’auto. A NY c’è gente che non ha l’auto, e la usa solo per uscire dalla città durante il fine settimana, con la formula car sharing. L’auto non è più proprietà, ma servizio. A Milano, per esempio, funziona bene l’autobus prenotabile per la sera. Occorre pensare a una politica di design dei servizi, Una politica sinceramente friendly.
Questa è proprio una delle frontiere cui guardiamo noi architetti: il design dei servizi e il design del suono”.
“Tra le Mostre prodotte dalla Fondazione Museo del Design ce n’è una che fa riflettere sul rumore degli oggetti: quando si apre Windows sul computer, lo si sente e lo si riconosce anche dalla stanza accanto; quando si chiude la portiera dell’auto il suo secco rumore fa pensare di aver speso bene i propri soldi. Al Politecnico lavoriamo con grandi aziende su vari tipi di scenari futuri, per esempio per progettare lavatrici più ergonomiche per anziani; studiamo anche il rumore della ruota dei programmi: un rumore che oggi si potrebbe anche evitare. Andiamo verso un mondo di modulazione del rumore. C’è una progettazione consapevole di messaggio sonoro, che è uno strumento di comunicazione. Così per il messaggio olfattivo. Entrambi arrivano prima del messaggio visivo. Se penso alla lavatrice per gli anziani, non richiederà che mi inforco gli occhiali per selezionare il programma, ma sarà la lavatrice intelligente a capire, dalla tipologia del tessuto inserito in lavaggio, quale programma selezionare. Rispetto ai nuovi trend sono più sensibili i produttori di elettrodomestici, per esempio, rispetto a quelli degli imbottiti, che producono ancora divani sicuramente non adatti a un pubblico di anziani”.
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*Arturo Dell’Acqua Bellavitis
Un curriculum difficile da sintetizzare e una mobilità operativa, in Italia e all’estero, senza limiti. È appena tornato dal Brasile, parte per l’Australia, quando rientrerà sarà la volta dell’India (e dappertutto sono convegni, lezioni, seminari, accordi per promuovere le attività istituzionali di cui si occupa) e, poi, di nuovo a Milano, tra lezioni, discussioni di laurea, rapporti con studenti e design stranieri arrivati nel nostro Paese, alla conquista di quel gusto (quello dei bravi artigiani italiani) che ha conquistato il mondo… Arturo Dell’Acqua Bellavitis, Presidente del corso di laurea in Fashion Design e professore ordinario di Disegno Industriale, nonché Direttore del Dipartimento INDACO del Politecnico di Milano, è anche Vicepresidente della Fondazione Triennale di Milano ed estensore del progetto del Museo del Design (della cui Fondazione è oggi Presidente). Inevitabile chiedergli in quale di questi ruoli si destreggia con maggior passione“Essere Presidente nella Fondazione Museo del Design significa confrontarmi sulla progettazione, ma soprattutto assumere una carica onorifica. In Triennale ci sono un Direttore scientifico del Museo, un Direttore della Fondazione, ci sono autorevoli curatori scientifici… a me spetta anche la delicatezza di valorizzare e salvaguardare i ruoli di tutte queste persone e quindi spesso di fare anche qualche passo indietro”“Al Politecnico, essere Direttore di Indaco è soprattutto una qualifica di operatività, una carica per cui sono stato eletto da tanta gente. Se il consenso può essere considerato un parametro del mio impegno, quella universitaria è certamente un’operatività oggi più pressante, che richiede scelte culturali e di strategia, in cui credo molto.Nel Dipartimento, sono indotto a prendere posizione, a volte anche in modo impopolare. Personalmente, però, sono un interventista, e questo è un aspetto del mio carattere che mi piace. Non risolvo i problemi del mondo, ma quando me ne andrò dall’Università, so che lascerò un Dipartimento più strutturato, più legato all’Ateneo, più produttivo in termini di ricerca e di valorizzazione delle risorse umane”.