Reusner
Delitiae Testudinis vol.2 – Paul Beier: liuto barocco – Stradivarius (77’45)
Reusner, chi era costui? per quanto appassionato di musica barocca e del repertorio liutistico, devo confessare che questo nome mi era completamente sconosciuto (ed anche Wikipedia lo conosce soltanto nella sua edizione inglese …). La scoperta di questo cd è stata, quindi, per me doppiamente entusiasmante, ed ancora una volta mi dà l’occasione di manifestare la mia gratitudine a Stradivarius, una casa discografica che, pur non essendo tra le majors – o, forse, proprio per questo – può permettersi di negligere il repertorio più commerciale ed i grandi nomi per dedicarsi piuttosto alla scoperta ed alla resuscitazione di autori assolutamente dimenticati o appena sopravvissuti nella memoria di una ristrettissima cerchia di iniziati.
Reusner, quindi, Esaias di nome, come il padre, e come lui liutista, fanciullo prodigio e destinato, sin dalla più giovane età, ad una faticosa carriera itinerante al seguito del padre per le corti della Polonia natale e dintorni, sino alla Germania, ove – dopo una breve sosta come professore di liuto e di flauto all’Università di Lipsia ed altri impieghi, come liutista ma anche paggio, cioè servitore di camera – si poserà a Berlino alla corte di Frederick William, elettore del Brandeburgo ove si affermerà come uno dei più grandi virtuosi di liuto a 11 corde del suo tempo.
Le Delitiae Testudinis sono le delizie del liuto (penso così soprannominato per la somiglianza del corpo dello strumento con il guscio di una tartaruga), e raccoglie una serie di Suites per liuto solo, stampate nel 1668 con dedica all’imperatore Leopoldo I d’Asburgo e – fatto eccezionale per l’epoca – più volte ripubblicate. In questo cd sono presentate la Prima, la Seconda, la Decima e la Dodicesima suite, più l’Allemanda dalla sesta.
Paul Beier, americano, ma ormai milanese d’adozione – egli insegna da oltre trent’anni alla Civica Scuola di Musica di Milano, ove ha anche creato l’ensemble Galatea – è il raffinato interprete di queste Suites (di cui aveva già registrato il vol.1); l’ampiezza del fraseggio, la luminosità del timbro, sollevano questa musica intima e profonda in un cielo etereo al di là delle rigorose architetture barocche che la sostengono: come la volta in trompe l’oeil che squarcia in un limpido cielo gli spazi di un salone di musica.
Particolarmente elegante e preziosa la registrazione, oh quanto delicata per uno strumento che mal sopporta l’eccessiva prossimità dei microfoni …
ascoltate la Delitiae Testudinis di Paul Beier
J.J. Froberger
Un étonnant voyageur – Juliette Grellety Bosviel: organo – Hortus (61’)
Straordinario personaggio Johann Jakob Froberger, fuor dal comune anche in un’epoca che certo non mancava di occasioni eccezionali – se non al limite dell’avventuroso equivoco – per gli artisti che volessero evadere dall’ambito, sovente molto ristretto, al quale lo condannavano la nascita e l’inizio della carriera, quand’essa dipendesse dal buon volere e dalla protezione di un principe più o meno illuminato. Erano numerosissimi i musicisti che a quel tempo, dappertutto in Europa, cercavano fortuna, spostandosi da una corte all’altra o viaggiando al seguito del loro protettore, alternando gli inevitabili – e non sempre gloriosi – confronti ed eventuali trionfi a periodi di miseria e di oblio, adattando la loro musa alle esigenze della sopravvivenza.
L’originalità di Froberger figlio (il padre Basilius era maestro di cappella del duca di Wurtenberg a Stoccarda) fu nei suoi triplici talenti di virtuoso al clavicembalo ed all’organo, di versatile e colto compositore – al corrente di quanto si produceva in Germania come delle ultime tendenze dello stilo moderno italiano e delle raffinatezze anglosassoni – ma anche – se non sopratutto, almeno per un certo periodo – di fine diplomatico. Fu a Roma, inviato dalla Corte imperiale di Vienna, ufficialmente per profittare dell’insegnamento di Gerolamo Frescobaldi, organista in San Pietro – una copertura credibile – ma in seguito, e sovente, a Parigi e Londra per motivi meno evidenti, poi nelle Fiandre, in Ungheria ed in numerose altre corti europee, dipendenti o alleate degli Asburgo, o altrove, presso cardinali romani e Principi toscani.
Questo sino al 1657, sino alla morte dell’Imperatore Ferdinando III. Per ragioni ancora oscura la sua carica di organista di corte, e le altre meno evidenti, non vennero rinnovate da Leopoldo I; cominciò quindi per Froberger una nuova fase itinerante, che si concluse nel castello d’Héricourt, in una corte prossima a quella che aveva accolto la sua infanzia, clavicembalista della duchessa di Montbéliard, Sybille de Wurtenberg.
L’opera di Froberger, inevitabilmente, non è una ponderosa raccolta di composizioni di lungo respiro, ma il frutto dei momenti, numerosi ma sparsi, che le sue molteplici obbligazioni gli lasciavano liberi per dedicarsi alla musica, seguendo le ispirazioni suscitate dalle sue numerose itineranze, fedele agli stili ed agli idiomi d’origine. Così le Toccate, la Canzoni, i Capricci registrati in questo interessante cd risentono, evidentemente, del soggiorno italiano e dell’incontro con Frescobaldi. L’appassionata e intensa interprete di queste composizioni caleidoscopiche, l’organista Juliette Grellety Bosviel, riesce a cogliere magistralmente il misterioso filo conduttore che intesse la musica di un compositore dissimulato all’ombra delle mutevoli apparenze, per rivelarsi ogni tanto con una pagina più intima, personale, come la Partita lamentation sur ce que j’ay été volé (su quel che mi è stato rubato), che conclude il cd, evocatrice di un episodio di umiliazione e di dolore.
ascoltate la musica di Froberger
Robert Schumann
Musique de chambre avec vents – Pierre Berrod: clarinetto, André Cazalet: corno, David Gaillard: viola, Alexandre Gattet: oboe, Marc Trénel: fagotto, Hélène Tysman: pianoforte – Indesens (62’49)
Quasi tutte concentrate in un breve periodo attorno all’anno 1849 – un periodo, per diverse ragioni, particolarmente critico per Robert Schumann (la morte di un amico come Mendelssohn o di un ammirato collega come Chopin, e le frustrazioni professionali avevano aggravato i suo problemi psichici) – queste opere sono tra le più interessanti ed originali della sua produzione cameristica. Per la prima volta egli impiega gli strumenti a fiato in questo repertorio, in composizioni che sono piccoli capolavori nei quali le caratteristiche, i timbri, i colori e le articolazioni dell’oboe, del corno e, sopratutto, del clarinetto sono protagonisti, in una luce austeramente romantica, dei brevi racconti senza parole che la fantasia perturbata di Schumann gli dettava a sollievo delle sue angosce (i quattro pezzi del Trio op.132 per clarinetto, viola e pianoforte sono, appunto, intitolati Mârchenerzählungen, qualcosa come una raccolta di storie, di quelle che, trasmesse oralmente, si raccontano la sera attorno al fuoco).
Soltanto i Fünf Stücke im Volkston (Cinque pezzi in tono popolare), originariamente scritti per violoncello (o violino), sono stati trascritti per il fagotto, sempre con l’accompagnamento di pianoforte, e devo dire che questa licenza non turba per nulla le intenzioni del compositore, ed il soffio del solista non ha nulla da invidiare ai colpi d’archetto del violoncellista nella ripetizione, quasi ossessiva, del tema.
I cinque solisti, quasi tutti prime parti nelle grandi orchestre francesi, sono gli interpreti ideali di queste musiche che esigono devozione e penetrazione dei significati e delle intenzioni più che un esibizione virtuosistica. Ed accanto a loro, sorella ed angelo custode, la bravissima Hélène Tysman. Non sempre il pianoforte ha un ruolo solistico o preponderante in queste composizioni: più sovente esso è l’orecchio che ascolta, lo schermo su cui si proietta il racconto nel suo svilupparsi, il sostegno della domanda che rilancia la narrazione, ed Hélène Tysman è perfetta nel suo ruolo. L’abbiamo ascoltata in uno stupendo Chopin, in cui tutte le sue virtù di luminosa e illuminata solista risplendono; qui Hélène non è più sul davanti della scena, ma la sua presenza dà sostegno e profondità ai capolavori di Schumann.
ascoltate gli estratti di questa edizione integrale della musica da camera con fiati di Robert Schumann